Spazio Brandstorming
Milano
via Corsico, 3
02 92875650
WEB
Picture frame
dal 20/6/2010 al 3/7/2010
lun-ven 10.30-13 e 15-20
02 36595541

Segnalato da

Lidia Abate




 
calendario eventi  :: 




20/6/2010

Picture frame

Spazio Brandstorming, Milano

La mostra collettiva opera un attraversamento nella pittura per riconsiderare i confini di appartenenza. ''Occorre indagare le cause che hanno portato alla marginalita' di un campo, qual e' quello pittorico, che era considerato l'espressione stessa del topos artistico''. A cura di Bustos Domecq.


comunicato stampa

a cura di Bustos Domecq

Makiko Asada, Renata Boero, Raffaele Cioffi, Francesco Correggia, Barbara Crimella Domenico David, Nicola Di Caprio, Pietro Finelli, Simona Seveso

Parlare di cornice (picture frame) a proposito di una mostra che include lavori pittorici, significa rilevare quell’appartenenza di un sapere come forma di marginalità rispetto alla tradizione da cui si è sviluppato. Questo tipo di sapere ci interessa altresì come tracciato di un confine ma anche come suo attraversamento.

Parafrasando il discorso antropologico, la società umana organizza un sapere (com’è la pittura) per tracciare un confine, una forma d’identità distinta da altre. La distinzione e l’appartenenza sono aspetti opposti ma complementari, di quel continuo processo di costruzione di confini, che accompagna l’intera storia umana.

Alla base delle distinzioni più generali che le società nel loro complesso sono capaci di instaurare, vi è una continua opera di “costruzione di confini”. Questi ambiti sono sempre ottenuti mediante l’enunciazione di discorsi che hanno lo scopo di produrre delle specificità, ambiti di distinzione cui ricondurre la propria identità definita in contrapposizione ad altre.

E’ importante capire se questi confini sono un’elaborazione di coloro di cui si parla, o sono piuttosto delle modalità oggettive di descrivere ciò che avviene nella realtà? Tutto questo è importante se ci si vuole interrogare sullo statuto delle rappresentazioni del confine (il “confine” della pittura, il “confine” dell’immagine filmica, il “confine” dei corpi, ecc.), e sull’attraversamento del confine che separa universi di significati spesso incommensurabili ma non per questo intraducibili.

picture frame, cornice, ma anche forca, cappio al collo, nel linguaggio che le diedero i guappi di New York (Jorge Luis Borges, Storia dell’eternità). Perciò si tratta, nel nostro tempo attuale, di sapere attraversare questi confini, per non sostare nella trappola nostalgica di un proprio e unico confine. Ma questo “necessario” attraversamento ci deve rendere più “sospettosi” delle linee di demarcazione tracciate da tanta critica odierna, interessata a riproporre sempre nuovi confini autoescludentesi, in nome di una supposta contemporaneità che invece, altro non è che nostalgico vuoto e bisognoso senso di ap-partenenza al circolo esclusivo di un’avanguardia (più sognata che reale).

Fuor di metafora, occorre indagare le cause che hanno portato alla marginalità di un campo, qual è quello pittorico, che era considerato l’espressione stessa del topos artistico. Per cui si delimita per marginalizzare, alfine di proporre altri presunti topoi che avrebbero più corrispondenza con il “tempo attuale”. La questione è complessa e fondamentale e gli aiuti che ci possono venire da certa teoria dell’immagine sono limitativi, a parte qualche eccezione (Gottfried Boehm), se non addirittura reazionario come in alcuni passaggi di qualche studioso (W.J.T.Mitchell).

Pensiamo che una soluzione per uscire da quest’impasse ci possa essere offerta da uno “sguardo minuzioso” delle opere storiche. Per esempio, la potente macchina narrativa rappresentata dalla Deposizione di Raffaello, fuori dalle letture classiche, non ci sembra che sia stata osservata come una potente macchina filmica ante-litteram. Possiamo vedere dispiegata in essa, attraverso i disegni preparatori, la storia della sua realizzazione, ed infine davanti e nel diretto contatto con l’opera, il momento unico di una “rappresentazione” che è avvenuta attraverso l’artista e dispiegata nell'opera, che vediamo come punto d’arrivo di un film, dove, invece di seguire il procedimento classico di montaggio delle immagini per sequenze temporali, sia per il regista sia per chi guarda, nel caso della Deposizione assistiamo allo smontaggio della macchina temporale, vediamo la fine – l’opera – e immaginiamo o “smontiamo” le diverse stratificazioni. Con l’impareggiabile unicità che il tutto è rappreso e contenuto in quella cosa visibile davanti a noi che è la pittura della Deposizione!

Nei limiti del discorso qui tracciato, ma consapevoli di questa ap-partenenza ai diversi confini che a mano a mano andiamo a indicare, queste domande investono la natura delle rappresentazioni che noi produciamo, e sollevano la questione della distanza che sempre esiste, tra la percezione che un soggetto ha di se stesso e la percezione che altri hanno di lui. Con l’inevitabile conseguenza che ciò che può essere scontato per un soggetto, può non esserlo per un altro. Non si tratta di schierarsi tra un confine e un altro, quanto piuttosto la legittimità, da parte di qualcuno, di prendere la parola al posto di un “Altro”.

Le questioni connesse con l’utilizzazione della nozione di confine, ci dovrebbero far capire la nozione più generale e quindi più problematica del modo in cui usiamo i nostri concetti. Bisogna stare attenti a un uso disinvolto dei concetti, un uso che non tenga conto della capacità di produrre da parte di chi costituisce l’oggetto dei nostri studi.

Questa mostra delimita un confine e opera un attraversamento di quanto la pittura (come condensatore d’immagini), può indicare a noi e agli altri, se non siamo così ciechi da ritenere il proprio l’unico confine di ap-partenenza. Bustos Domecq

Vernissage 21 giugno 2010 h. 18.00

Spazio Brandstorming
via Corsico, 3 - Milano
Orari di apertura: lunedì – venerdì dalle 10.30 alle 13.00 dalle 15.00 alle 20.00
Il 27 giugno (fiera dell’antiquariato) orario continuo dalle 10.00 alle 20.00
Ingresso libero

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