Lieti colli e spaziosi campi. La mostra e' suddivisa in tre parti: la Stanza delle Isole Volanti, la Stanza delle Dame e degli Invasori e la Stanza dei Paesaggi evocativi. Quasi 60 opere, tutte tele olio e acrilico, in cui il pittore sembra mettere a confronto attraverso il paesaggio marchigiano, la consumazione delle cose e la loro poesia.
Striature di mare, filamenti di nuvole. Prospettive metaforiche che parlano d’altrove e chiamano in causa il qui e ora. Scomposizioni. Isole in fuga alla ricerca di altri lidi sostenibili. Invasori architettonici. Visioni e moniti. Sarà aperta al pubblico da domenica 20 giugno, la mostra "Lieti colli e spaziosi campi", personale del pittore urbinate Mario Logli allestita a Palazzo del Duca di Senigallia fino all’1 agosto. Inaugurazione alle 21.30.
Un affascinante intenso percorso di colori e segni attraverso le visioni di Logli, che permetterà al pubblico di ammirare quasi 60 opere (tutte tele olio e acrilico) appartenenti a diversi periodi e diverse serie, privilegiando in particolare il paesaggio marchigiano e città come Urbino, Recanati, Senigallia, Loreto. Suddivisa in tre parti, la mostra di Senigallia si articola nella Stanza delle Isole Volanti (due stanze attigue), la Stanza delle Dame e degli Invasori e la Stanza dei Paesaggi evocativi (2 stanze attigue). Viene proposta dunque una suggestiva selezione del lavoro e della poetica di Mario Logli, per la cui pittura, la critica ricorre sempre a concetti semantici quali figura, visione, poesia, lodando la precisione tecnica e la cura del dettaglio visivo al servizio della riflessione sulla contemporaneità. La mostra è organizzata da Arearte e Marcheshire Art con il patrocino di Comune di Senigallia, Provincia di Ancona, Regione Marche e la collaborazione di Mediateca delle Marche e Musinf. I testi in catalogo sono del critico Maurizio Cesarini, del direttore del Musinf di Senigallia Carlo E. Bugatti e dell’Assessore alla Cultura del Comune di Senigallia, Stefano Schiavoni, e Federica Mariani responsabile della Galleria Arearte-Marcheshire Art.
Mario Logli è urbinate con tutte le libertà e le fantasie del caso e la sua pittura si rileva nella sintesi tra la pazienza del contadino e le potenzialità aristocratica di chi frequenta la corte, in una mescolanza di semplicità, attenzione ai dettagli e raffinatezza. Già nel 1992, Valerio Volpini ebbe a dire, in occasione di una mostra fanese di Logli, che "il pittore lucidissimo visionario, non lascia al caso neanche una pennellata". Nella composizione di ogni suo quadro non c’è una distrazione e impressiona la giustezza che si concede di giocare ironicamente con il proprio virtuosismo.
In questa mostra che si inaugura il 20 giugno a Palazzo del Duca di Senigallia, Logli più di altre volte sembra privilegiare il territorio e il paesaggio marchigiano che da sempre rientra tra le tematiche a lui più care. Concentrato sulla natura e sul degrado che la minaccia, sulle architetture, sull’inquinamento delle città, sui castelli da salvare, le suggestioni sono quelle dei "Lieti colli e spaziosi campi" di leopardiana memoria. In quella esaltazione delle colline, dei calanchi, delle vallate, del mare, in una successione di visioni che si rincorrono, si intrecciano e penetrano negli occhi e nel profondo dell’animo, traspare il legame che univa Logli all’amico Mario Giacomelli, sia come uomo che come artista. Le rughe profonde dei solchi di Giacomelli si smaterializzano ed entrano in quei segni di Logli, incisi sulla sabbia, nelle striature del mare, nei filamenti delle nuvole.
La mostra monografica di Mario Logli a Senigallia costituisce per l’Assessore Schiavoni, "un evento culturale di rilievo per chi ama la pittura e ne conosce approfonditamente la missione e i linguaggi". Rappresenta inoltre una occasione di conoscenza e approfondimento degli itinerari creativi dell’arte del Novecento grazie a una figura tra le principali nel panorama artistico contemporaneo. Nella pittura di Logli "che suscita attenzione e meraviglia - prosegue Schiavoni - è infatti sintetizzata una vita di artista, spesa nell’esercizio della volontà di comunicare, con rigore e immediatezza l’interpretazione di un’epoca, la nostra, in cui l’evoluzione ha toccato i confini della sostenibilità del rapporto tra sviluppo e risorse disponibili".
Mario Logli, Isole in fuga. Olio e acrilico su telaNon c’è però nostalgia o posizione contemplativa in Logli, secondo il critico Maurizio Cesarini. Egli semmai "incide fortemente sull’ambiente, con una lingua che si esprime attraverso la forma ed il colore, permettendogli oltre che uno sguardo trasognato ed evocativo, anche una carica emozionale che non risparmia l’invettiva". Basti pensare alla serie "Gli Invasori", nei quali è dichiarata la preoccupazione per una possibile implosione dell’ambiente a causa dell’eccesso produttivo e dei suoi inquietanti resti sul territorio o a "Isole volanti". In una ricerca come quella di Mario Logli, secondo il critico Cesarini, "il senso del tempo, le singole soluzioni figurali, divengono materiali di una lingua viva e sempre attuale, poiché la sua declinazione della pittura conosce sempre nuove stagioni formali e il suo pensiero si dà come costante divenire di una riflessione che da anni lucidamente l’accompagna". Inoltre, la ratio pensante non è mai disgiunta da quella narrante e la pittura, il linguaggio pittorico da Logli adottato, si rende complice visivamente, configurando l’immagine e il senso che questa veicola. La mostra a Palazzo del Duca rende ancora più esplicita l’abilità di Logli nell’accogliere e mutare registri visuali, mettendo sempre in discussione le formule visive, "pur nella sottotraccia di uno stile assolutamente inconfondibile", osserva Cesarini, che continua sottolineando come nelle opere del pittore si ritrovino "moduli compositivi che suggeriscono una aperta visione strutturale di tipo rinascimentale, mediante l’assunzione di forme architettoniche che se da un lato evocano la finestra di albertiana memoria, dall’altro si pongono come paradigmi della visione". La messa in discussione figurale è evidente nelle varie versioni delle "Isole volanti", possibilità visive che giocano sulla diarchia tra reale e fantastico. Qui Logli ha voluto accostare la sua Urbino ad altre città compresa Senigallia, borghi, castelli, rocche delle Marche, facendoli volare via, dando un significato di fuga e speranza; in questo volar via l’ambiguità della resa-fuga oppure difesa-rinascita. Caratterizzate "da una determinazione architettonica nota, la soluzione adottata da Logli – fa notare Cesarini – non è inscrivibile in una semplice presentazione dell’evento, seppur già fantastico in sé, di questa elevazione e sospensione, ma nella adozione di un diverso registro pittorico che conferisce all’immagine un nitore non viziato da una atmosfera avvolgente". Quello di Logli diviene dunque sempre "racconto del racconto trascorso, ma al tempo si configura anche come descrizione della possibilità e della forma del raccontare" prosegue Cesarini.
Una vocazione al racconto che rileva anche il direttore del Museo comunale d’Arte moderna di Senigallia, Carlo Emanuele Bugatti per il quale è anche evidente il profondo legame di Logli con Paolo Volponi. Come Volponi, Logli fu infatti chiamato a collaborare con grandi editori, fu in grado di confrontare ricordi urbinati e realtà di una Milano sempre meno città e sempre più megalopoli e seppe confrontare passato e presente, traendo da questo confronto "i sapori amari e le minacce del futuro", individuando le contraddizioni. E come Volponi, Logli ha la vocazione del racconto e ha raccontato i suoi timori e le progressive prese di coscienza nei cicli di dipinti oggi esposti anche a Senigallia. Perché questa coscienza dei limiti dello sviluppo è secondo Bugatti il vero tema di Mario Logli. "Formalmente le opere sembrano non proporre quesiti. Sembrano anzi invitare ad una serena contemplazione di paesaggi, personaggi, azioni. Solo poi ci chiediamo perché le città volino, gli invasori invadano, i detriti si trovino sul posto e, insieme, tanto fuori posto. Quando il tarlo delle domande si insinua in noi, solo allora cominciamo progressivamente a capire come il vero tema di Mario Logli sia quello profondo della coscienza, della presa di coscienza dei limiti dello sviluppo". Da Urbino, Logli ha attinto "mestiere e spirito critico, fermezze da incisore, entusiasmo per la grande pittura", ricorda Bugatti e le opere in mostra a Senigallia sono "capolavori che si impongono per chiarezza di linguaggio, armonia di composizioni e cromatiche". Logli è "entrato nella storia dell’arte italiana un po’ da cantore e un po’ da profeta. Ci resterà perché le sue opere figureranno bene in qualsiasi museo d’arte moderna, a rappresentare angosce e splendori di fine millennio. Sempre che i musei non fuggano via nello spazio, con le loro città".
La mostra è organizzata da Arearte e Marcheshire Art con il patrocino di Comune di Senigallia, Provincia di Ancona, Regione Marche e la collaborazione di Mediateca delle Marche e Musinf. INFO: 334.3621624 - 071.63225.
Ufficio stampa:
Alessandro Piccinini Comunicazione 339.6829791 – 071.7922244 info@alessandropiccinini.it
Inaugurazione domenica 20 giugno ore 21.30
Palazzo del Duca
via Mastai, 14 Senigallia (AN)
La mostra sarà aperta tutti i giorni dalle 18 alle 24. Ingresso libero.