Movimento. Fra astrazione e figurazione, l'artista utilizza materiali e tecniche tradizionali, tra cui il disegno e la pittura, per sperimentare l'anamorfosi.
Thaumaturgus opticus
*Anamorfosi, o magia artificiale degli effetti meravigliosi, è parola che appare nel Seicento e designa una sorta di ‘deprivazione ottica’ fondata sui giochi della riflessione e della prospettiva. Si tratta di immagini distorte, mostruose e indecifrabili, che se viste da un certo punto dello spazio o riflesse con accorgimenti vari si ricompongono, si rettificano, svelando infine figure a prima vista non percepibili.
La conoscenza di questi procedimenti fu a lungo trasmessa come dottrina magica e segreta, finché a partire dal Cinquecento le immagini anamorfiche cominciarono ad avere diffusione più ampia (è anamorfico, per esempio, uno dei più celebri e splendidi dipinti di quegli anni, Gli Ambasciatori di Hans Holbein il Giovane). Nel Seicento, l’anamorfosi invase i trattati di prospettiva, la pratica architettonica e le feconde speculazioni ottiche dell’epoca (tra cui spiccano le ricerche che Jean François Niceron convogliò nel suo Thaumaturgus opticus, rimasto incompiuto), diventando poi una sorta di lucido e onniavvolgente delirio nell’opera di due grandi gesuiti, Athanasius Kircher e Gaspard Schott.
“Anche io ho iniziato questa seducente ricerca, ed ho prodotto questi bizzarri disegni in questo periodo. Fondamentalmente non so il perché, non è stata una scelta razionale. Forse l’obliquità, la distorsione, la contorsione, la trasfigurazione, il difforme, l’apparenza che eclissa la realtà, l’illusione ottica, la filosofia della realtà artificiosa e tutte queste fantasmagorie, sono venute a cercarmi. A Lugano, nel 2010” (Fosco Valentini).
Fosco Valentini
Fosco Valentini, romano in Ticino dal 1989, presenta per la prima volta al pubblico i suoi lavori recentissimi negli spazi del Laboratorio KUNSTHALLE Lugano. In perfetta sintonia con l’impostazione del Laboratorio, l’incontro fra lo spettatore e queste opere inedite si profila per la forte connotazione sperimentale, legata sia all’immagine e al suo farsi, sia all’interazione necessaria e imprevedibile fra questa e l’osservatore.
Cresciuto nell’ambiente romano degli anni ’70 – caratterizzato da una politicizzazione della ricerca che si declina in esiti molto variegati –, legato da uno stretto rapporto con Alighiero Boetti, Fosco si muove da sempre su un terreno raffinatamente concettuale, interrogandosi e rimettendosi in gioco in modo critico e controcorrente su questioni fondamentali, eterne: il ruolo dell’artista, il concetto di avanguardia, l’idea di nuovo come valore assoluto, le problematiche percettive, il tema del tempo. Proprio a un tempo che scorre in linea retta, con un prima, un durante e un dopo, Fosco contrappone un tempo che si avvita su se stesso, che procede per ritorni e spirali, in cui “essere all’avanguardia”, “trasgredire”, non significa necessariamente essere un passo avanti, può invece voler dire, anche, stare un passo indietro: ciò che conta è non coincidere, mai, con quanto è oggetto di consenso generale in un preciso momento storico e diventare, così, presenza forte e inevitabile.
Spingendo a un limite stupefacente il suo percorso a cavallo fra pop e concettuale, fra astrazione e figurazione, nel suo fare “avanguardia d’arte come antitesi del tempo”, Fosco utilizza materiali e tecniche tradizionali (disegno, pittura), per giungere qui a recuperare e a sperimentare l’anamorfosi*: questo procedimento antico, i cui primi riferimenti risalgono al XV secolo, lo porta a lavori che, pur subordinati al suo controllo, godono in parte di libero arbitrio. Le macchie di colore, guidate dall’intento dell’artista, decidono poi in maniera autonoma come configurarsi in modo definitivo sul supporto: solo dopo passano al vaglio del suo giudizio e presentano la propria sfida percettiva allo spettatore. L’artista diviene allora non solo colui che progetta e realizza, bensì anche, a sua volta, vero e proprio medium attraverso cui l’arte – intesa come istanza superiore – si fa opera e manifesta se stessa. Come dice Fosco: “Ad un certo punto la vita dell’artista si ferma. Ma l’opera no, se quell’opera è baciata dall’arte diventa immortale”.
Performance musicale
Gregorio di Trapani: Cassa, rullante, waterphone
Luca Bruno: Cassa, rullante, bicchieri sonori
Ispirato alle immagini scaturite dal Thaumaturgus opticus, il “Duo Talea”,
attraverso l'uso di soli strumenti a percussione, darà vita, davanti allo spazio artistico Laboratorio KUNSTHALLE Lugano, a un affascinante intreccio ritmico estratto dall’opera per due percussioni SNAP/SHOT di Ali N. Askin, evocando una “tempesta” sonora di vibrante intensità che coinvolgerà tutti i passanti.
Dopo la „tempesta“, all'interno dello spazio culturale si potrà percepire il ritorno al ”romorio... di lavoro usato...” che verrà prodotto da strumenti non convenzionali come bicchieri sonori e il waterphone. Ritornano il grido giornaliero dei bambini, il brusio popolare, la vita quotidiana, la quiete.
Thaumaturgus opticus: Fosco Valentini, Accademia di Belle Arti di Roma
Musica d’arte: Gregorio di Trapani, Conservatorio di Musica di Trapani
Luca Bruno, Conservatorio di Musica di Trapani
Presentazione: Paola Tedeschi-Pellanda
Laboratorio Kunsthalle Lugano
Salita Chiattone 18 - Lugano
Visite: venerdì 25 e sabato 26 giugno, ore 14.00-18.00