Ex Chiesa Anglicana ECAA
Alassio (SV)
via Adelasia, 10 (dietro la Stazione Ferroviaria)
0182 648078
WEB
Alberto Burri
dal 26/6/2010 al 31/7/2010
giovedi' - domenica 17,30-19,30 e 21-23

Segnalato da

Comune di Alassio




 
calendario eventi  :: 




26/6/2010

Alberto Burri

Ex Chiesa Anglicana ECAA, Alassio (SV)

La mostra presenta due serie complete di importanti lavori, i Multiplex del 1981 e i Cellotex del 1992 piu' Rosso Alfa del 1982, realizzati con l'intervento manuale dell'artista su ciascuna opera. Apprezzato per la sua capacita' di trattare la materia piu' povera (dai sacchi di juta, alla plastica al cellotex, ecc.) Burri ha sperimentato assiduamente tecniche e soluzioni grafiche che hanno avuto proficue ricadute sulla sua opera pittorica. A cura di Nicola Davide Angerame.


comunicato stampa

A cura di Nicola Davide Angerame

S’inaugura domenica 27 giugno 2010, alle ore 21,15 presso la Ex Chiesa Anglicana di Alassio, la mostra personale di Alberto Burri, alla presenza di Antonio Sapone (storico gallerista, amico fraterno di Burri nonché consigliere della Fondazione Burri di Città di Castello). Seguirà un concerto a lui dedicato da parte dell’Ensemble Prospettive Contemporanee. Organizzata dall’Ex Chiesa Anglicana per conto dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo di Alassio, questa mostra è curata da Nicola Davide Angerame e presenta due serie complete di importanti lavori, i Multiplex del 1981 e i Cellotex del 1992 più Rosso Alfa del 1982, realizzati con l’intervento manuale dell’artista su ciascuna opera.

Il lavoro grafico di Alberto Burri è importante quanto quello pittorico poiché Burri è uno dei pochi artisti a sperimentare assiduamente tecniche e soluzioni che poi hanno proficue ricadute sull’opera pittorica. Le tecniche grafiche vengono sovvertite, reinventate e ripensate per essere un banco di prova per nuove pratiche artistiche. Molte mostre sono state dedicate in Italia e all’estero alle sue serie e ad Alassio sono esposti quei Cellotex che fanno parte del corpus di una importante donazione fatta nel 1994 dall’artista agli Uffizi di Firenze, in occasione di una sua personale nel museo può importante del mondo un anno prima della sua scomparsa avvenuta il 13 febbraio 1995.

“La mostra di Alberto Burri – spiega Monica Zioni, Assessore alla Cultura e al Turismo di Alassio – si pone come un evento culturale di punta nella programmazione di mostre in Liguria e porta ad Alassio un maestro assoluto dell’arte italiana del Novecento, un artista acclamato nel mondo per avere aperto nuove strade espressive nel mondo dell’arte e per avere interpretato la più alta tradizione dell’arte italiana secondo i dettami moderni dell’avanguardia, giungendo a risultati di altissimo profilo estetico. Apprezzato per la capacità di trattare la materia più povera (dai sacchi di juta, alla plastica al cellotex, ecc.) con un gusto compositivo ed una raffinatezza senza eguali, Alberto Burri viene oggi considerato nel mondo come uno dei più importanti artisti del secondo dopoguerra, esposto nei musei più prestigiosi: dal Guggenheim di New York alla XXX Biennale di Venezia, che nel 1960, gli deica una mostra personale, Burri ha vissuto mezzo secolo di intensa produzione sfociata in una Fondazione che ne conserva le opere, la memoria e l’archivio”.

“Se si esclude la personale alla Galleria Polena di Genova nel 1989 – spiega il critico Nicola Davide Angerame – la Liguria non ha mai ospitato una mostra personale di Alberto Burri, il che rende ancora più prezioso questo evento, che racconta il lavoro degli anni ottanta segnato dalla scoperta del Cellotex materiale edile fatto di colla e segatura e utilizzato per la coibentazione. Per Burri è come scoprire un nuovo paesaggio da cui attingere per creare serie di lavori che spaziano dalla grafica all’opera unica senza soluzione di continuità. La prima mostra Burri la realizza a Roma nel 1947 alla Galleria La Margherita, dopo essere rimpatriato dal campo di prigionia texano, dove il giovane laureato in medicina scopre nei materiali di scarto del campo la possibilità inedita di fare arte a partire da sacchi rotti, plastiche abbandonate, polvere e vento. Ma già nel 1957 realizza la prima opera grafica, una Muffa realizzata usando la tecnica dell’acquaforte e della litografia. La sperimentazione diventa il suo punto cardinale. Combustioni, Variazioni, e perfino i celebri Cretti, finiscono in serie grafiche di altissimo pregio, fattura e originalità. Burri le lavora una ad una, personalmente. “I lavori multipli di Burri - scrive il cirtico Hapkemeyer a proposito dei Multiplex – non sono riproduzioni di una singola opera, bensì originali che, fin dal principio e per la loro stessa natura, sono volti alla riproduzione”.

I Multiplex rappresentano uno dei più alti livelli raggiunti in questo ambito da Burri e rappresentano una vera sfida al mezzo, con opere tutte lavorate dall'artista, di propria mano, e tutte attentamente studiate. La grafica di Burri ha la particolarità di essere un banco di prova e un momento creativo di enorme importanza, fino ad essere addirittura la scaturigine di tutta la sua opera. L'obiettivo di questa mostra è quello di mettere in luce questo aspetto per molti versi ancora poco noto all'interno di un corpus di opere ormai divenute icone della nostra arte, al pari dei “tagli” di Fontana o delle Marylin di Andy Warhol.

Alberto Burri. Le sei serigrafie dei Cellotex, giunte dieci anni dopo i Multiplex, raccontano di un periodo creativo caratterizzato dalla semplificazione della forma e dalla purezza del colore. Burri scopre il nuovo realizzato con segatura e colle, che viene usato in edilizia per la coibentazione dei tetti. Lo sfrutta così come supporto su cui intervenire con colori monocromatici a formare campiture lucide e opache o scorticando la superficie mettendone a nudo la fibra sottostante. Le tele e i multipli di questa serie, raggiungono una semplificazione estrema.

Rosso Alfa invece è un unicum che rappresenta un esempio emblematico di come Burri affronti con rigore e diligenza l’interpolazione di forme e colori, ritmi ed emozioni geometriche. L’arte astratta si fa qui concreta nei materiali, nelle forme tangibili e materiche, ma anche molto più evanescenti che nelle opere uniche dove la materia viene fuori con più veemenza. Come fa notare Chiara Sarteanesi, direttrice della Fondazione Burri, “Come tutta la produzione grafica di Burri, anche i Multiplex, sono paralleli all’opera unica, nel caso specifico i Cellotex”.

La mostra propone un decennio di elaborazione grafica da parte di Burri su questo materiale che diventa per lui una fonte di ispirazione potente che copre un periodo felice, confermato anche dalle mostre al Guggenheim di New York e il secondo invito alla Biennale id Venezia del 1984.

La vita di Alberto Burri è stata un’avventura calcolata dentro la materia e la forma.

Alberto Burri nasce a Città di Castello (Perugia) il 12 marzo 1915. Si laurea in medicina nel 1940. Quale ufficiale medico è fatto prigioniero degli alleati in Tunisia nel 1943 e viene inviato nel campo di Hereford, Texas. Qui comincia a dipingere. E’ stupefacente pensare che nel momento più buio e doloroso della vita, quando si pensa di non avere scampo, si possa rinascere a nuova vita scoprendo un lato di noi che forse in altre condizioni non avremmo mai espresso. Tornato in Italia nel 1946, dove trova un paese in disfatta, irrimediabilmente povero, in soggezione e inferiorità rispetto a chi lo aveva soccorso, si stabilisce a Roma e si dedica alla pittura. Nel '47 e '48 tiene le prime personali a Roma (Galleria La Margherita). Nel 1947 un amico lo convince a partecipare al Premio nazionale di pittura intitolato “Città di Perugia”, dove vince il secondo premio con un dipinto ancora figurativo, nel quale la composizione essenziale denota già il suo interesse per la materia colorante stesa con notevole spessore sulla tela dalla trama molto evidente. Nel 1951 partecipa alla fondazione del gruppo "Origine" con Ballocco, Capogrossi, Colla, e l'anno successivo espone, alla Galleria dell'Obelisco, Neri e Muffe. Fin dall’inizio della sua carriera, l’artista evita sempre di “spiegare” la propria pittura, sostenendo che un fatto visivo non può essere spiegato con parole: “Le parole non significano niente per me, esse parlano intorno alla pittura. Ciò che voglio esprimere appare nella pittura”. Dal 1950 assumono rilievo i Sacchi, fino a predominare nelle mostre personali che, dopo Roma, si tengono anche in varie città americane ed europee: Chicago, New York, Colorado Springs, Oakland, Seattle, San Paolo, Parigi, Milano, Bologna, Torino, Pittsburgh, Buffalo, San Francisco. Al volgere del sesto decennio, nei successivi appuntamenti con il pubblico (Venezia, Roma, Londra, New York, Bruxelles, Krefeld, Vienna, Kassel) appaiono i Legni, le Combustioni, i Ferri. Agli inizi degli anni sessanta si segnalano in successione ravvicinata, a Parigi, Roma, L'Aquila, Livorno, e quindi a Houston, Minneapolis, Buffalo, Pasadena, le prime ricapitolazioni antologiche che, con il nuovo contributo delle Plastiche, diverranno vere e proprie retrospettive storiche a Darmstadt, Rotterdam, Torino e Parigi (1967-1972). Gli anni '70 registrano una progressiva rarefazione dei mezzi tecnici e formali verso soluzioni monumentali, dai Cretti (terre e vinavil) ai Cellotex (compressi per uso industriale), mentre si susseguono le retrospettive storiche: Assisi, Roma, Lisbona, Madrid Los Angeles, San Antonio, Milwaukee, New York, Napoli. Successivamente Burri realizza complessi organismi ciclici, a struttura polifonica. Il primo è Il Viaggio, presentato a Città di Castello nel 1979 e passato l'anno successivo a Monaco di Baviera, poi Orti a Firenze nello stesso '80, Sestante a Venezia (1983) e Annottarsi (‘85 e '86), che inizia da Roma la presentazione in varie città europee. Nell'84, per inaugurare l'attività di Brera nel settore del contemporaneo, Milano ospita una esaustiva mostra di Burri. La fortuna critica del pittore si intreccia strettamente da un lato con le reazioni-contrasto relative alla divulgazione della sua opera, sempre in rapporto a una diversa evoluzione del gusto secondo la cultura di fondo dei vari paesi europei e americani, dall'altro con le approssimazioni e i tentativi della critica di rapportarne il significato e le motivazioni alle pseudo-categorie divulgate di uso internazionale: art brut, informale, concettuale, ecc. In questa logica, i quotidiani e i periodici d'informazione finiscono per registrare, dagli anni cinquanta a oggi, un'esemplare mutazione del gusto di massa, dalla ripulsa scandalizzata alla accettazione curiosa, all'accettazione motivata, all'esaltazione acritica. In concreto la linea portante della lettura critica passa sostanzialmente attraverso i testi sollecitati dalle mostre e attraverso i saggi ospitati da riviste specializzate. E' significativo che le prime assonanze venissero da voci di poeti (L. De Libero, L. Sinisgalli, E. Villa, J.J. Sweeney). Sweeney, allora direttore del Solomon Guggenheim Museum di New York, dopo aver accolto l'opera di Burri in una selezione del museo (Younger European Painters, New York, 2 dic. 1953 - 21 feb. 1954), ne illustra il lavoro in un importante saggio monografico, lo presenta alla VII Quadriennale di Roma nello stesso anno e vi ritorna con appassionata e lucida partecipazione in occasione della mostra itinerante del '57 - '58 Paintings by Alberto Burri, Carnegie Institute, Pittsburgh, 1957) e della Biennale Veneziana del '58. Nel 1958, quando Palma Bucarelli, direttrice della Galleria d’Arte Moderna di Roma, decide di esporre e in seguito acquisire l’opera di Burri Grande bianco del ’52, un autorevole rappresentante del partito comunista promuove un’interpellanza parlamentare in cui, criticando aspramente l’iniziativa, definisce l’opera “un’indegna sozzura”. Saranno sempre esponenti della critica internazionale a seguire il processo espositivo e divulgativo dell'opera di Burri (tra gli altri J.P. Byrnes, M. Tapié, A. Pieyre de Mandiargues, E. Vietta, P. Wember, H. Read), mentre la critica italiana sembra accorgersi di questo outsider nel momento stesso in cui se ne verifica l'accettazione accademica nell'ambito del museo e nelle "rappresentative" dell'arte attuale. Pagine appassionate gli dedica Arcangeli; Argan ne presenta la prima retrospettiva di Bruxelles del 1959 e la personale alla XXX Biennale di Venezia (1960), mentre i primi approfondimenti storici sono di Calvesi e di Crispolti. Gli anni sessanta vedono convergere sull'artista attenzioni e consensi improntati a svariate giustificazioni critiche e metodologiche, nel tentativo di inquadrare in sistemi generali le motivazioni contenutistiche e formali. Si segnalano in tal senso gli apporti di Brandi, culminati, dopo la presentazione di una mostra nel '62, in un'ampia e documentatissima monografia. Dopo quella sintesi ufficiale e nuove stimolanti prospettive di indagine proposte da Calvesi, saranno ancora le esposizioni, tematiche o retrospettive, a stimolare il lavoro esegetico degli ultimi due decenni, dal contributo, ancora una volta, di Sweeney (Houston, 1963) alla retrospettiva storica di Brera e alle personali in varie città europee. Nel 1973 Burri riceve dall’Accademia Nazionale dei Lincei il Premio Feltrinelli per la Grafica, con la seguente motivazione: “per la qualità e l’invenzione pur nell’apparente semplicità, di una grafica realizzata con mezzi modernissimi, che si integra perfettamente alla pittura dell’artista, di cui costituisce non già un aspetto collaterale, ma quasi una vivificazione che accoppia il rigore estremo ad una purezza espressiva incomparabile”. L’artista devolve il premio per il restauro del ciclo di affreschi di Luca Signorelli nell’Oratorio di San Crescentino a Morra (Città di Castello). Fin dagli anni sessanta il pittore aveva manifestato il desiderio di donare un consistente numero di opere alla propria città natale a condizione che fosse messo a disposizione uno spazio da lui ritenuto adeguato allo scopo; intende realizzare in vita ciò che per molti artisti viene fatto da altri solo dopo la loro scomparsa. Desidera scegliere il luogo, selezionare le opere, curarne personalmente l’allestimento. La scelta cade su Palazzo Albizzini, un palazzo nobiliare della fine del XV secolo; nel 1978 viene istituita la Fondazione Palazzo Albizzini “Collezione Burri”: a Città di Castello dal 1981 sono così esposte in permanenza a Palazzo Albizzini centotrenta opere, omaggio di Burri alla sua città. Nel 1989 la Fondazione Palazzo Albizzini acquisisce gli Ex Seccatoi del Tabacco, complesso di capannoni industriali destinati fino agli anni sessanta all'essiccazione del tabacco. Queste architetture irripetibili, di insolita grandezza, completamente dipinte di nero all'esterno per desiderio di Burri, sono state così trasformate in una gigantesca scultura, contenitore ideale per i grandi cicli pittorici come Il Viaggio, Annottarsi, Rosso e Nero, Non Ama il Nero. L’eccezionalità di questa realtà museale è che può essere considerata l’ultima straordinaria creazione dell’artista. Queste e altre numerose opere, tra cui le tre sculture Grande Ferro Sestante, Grande Ferro K, Ferro U, collocate all'ingresso degli Ex Seccatoi del Tabacco, sono state donate dall'artista a Città di Castello per completare il primo nucleo collocato a Palazzo Albizzini. Nel 1990 la Fondazione Palazzo Albizzini pubblica un amplissimo volume con la documentazione relativa a circa 2000 opere dell'artista (Burri contributi al Catalogo Sistematico). Sempre nel 1990, la galleria Sapone di Nizza espone alla F.I.A.C. di Parigi una serie di Cellotex.
Nel 1991 una grande retrospettiva, organizzata dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna, è allestita a Palazzo Pepoli Campogrande, ove vengono esposte per la prima volta le opere di piccolissimo formato. Contemporaneamente il Castello di Rivoli presenta venti Cellotex inediti. Sempre nel 1991 Burri espone alla Mixografia Gallery di Los Angeles. Nel 1992 viene presentato al pubblico il ciclo Metamorfotex agli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello e con l'occasione la Fondazione Palazzo Albizzini presenta il catalogo degli Ex Seccatoi del Tabacco, con bibliografia aggiornata. Nello stesso anno nuovamente la Galleria Sapone di Nizza propone opere di Burri alla F.I.A.C. di Parigi al Grand Palais, questa volta con quadri dal 1949 al 1992; la Galleria delle Arti di Città di Castello ospita una mostra di grafica. Nel 1993 presso gli Ex Seccatoi del Tabacco viene aperto al pubblico un nuovo ciclo, dal titolo Il Nero e l'Oro, che consta di 10 Cellotex. Nello stesso anno viene realizzata per Faenza un'opera in ceramica di grandi dimensioni, che porta lo stesso titolo Il Nero e l'Oro, dono dell'artista alla città. Nel 1994 Burri partecipa alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968 presso il Guggenheim Museum di New York. Dall' 11 maggio al 31 giugno 1994 presso la Pinacoteca Nazionale di Atene viene presentato il ciclo Burri il Polittico di Atene, Architetture con Cactus. Il 10 dicembre 1994 viene celebrata la donazione di Burri agli Uffizi in Firenze, che comprende un quadro Bianco Nero del 1969 e tre serie di grafiche datate 1993-94. Alberto Burri muore a Nizza il 13 febbraio 1995

Catalogo in galleria

Inaugurazione domenica 27 giugno 2010, dalle ore 21,15
Alle ore 22 concerto dell’Ensemble Prospettive Contemporanee.

Ex Chiesa Anglicana di Alassio
via Adelasia, 10 Alassio (dietro stazione ferroviaria)
orari di apertura: da giovedì a domenica: ore 17,30 – 19,30 e 21 - 23
ingresso libero

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Giorgio Faletti
dal 26/11/2010 al 14/1/2011

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