Jarach Gallery
Venezia
San Marco - Campo San Fantin, 1997
041 5221938 FAX 041 2778963
WEB
Il Ventre dell'Architetto
dal 2/9/2010 al 19/11/2010
mar-sab 10,30-14 e 15-19,30, lun e dom su appuntamento

Segnalato da

Galleria Pack




 
calendario eventi  :: 




2/9/2010

Il Ventre dell'Architetto

Jarach Gallery, Venezia

In occasione della 12a Biennale di Architettura, Jarach Gallery e Galleria Pack propongono un progetto congiunto che presenta una selezione di circa 20 opere di alcuni artisti di entrambe le gallerie che indagano il tema dell'architettura. Il titolo, ripreso dal celebre film di Peter Greenaway - visibile in mostra - indica l'approccio attraverso cui gli artisti entrano nelle viscere dei luoghi e dei non-luoghi, delle geografie dell'anima e del corpo.


comunicato stampa

In occasione della 12a Biennale di Architettura di Venezia, Jarach Gallery e Galleria Pack propongono un progetto congiunto in cui viene presentata una selezione di circa 20 opere di alcuni degli artisti di entrambe le gallerie che indagano il tema dell’architettura.
Il titolo, ripreso dalla celebre pellicola del regista inglese Peter Greenaway - visibile in mostra - indica appunto l’approccio attraverso cui gli artisti entrano nelle viscere dei luoghi e dei non-luoghi, delle geografie dell’anima e del corpo.

Matteo Basilé (Roma, 1974) usa la materia elettronica per una profonda indagine sull’umanità contemporanea.
Il racconto di Basilé profondamente imbevuto della tradizione pittorica barocca si concentra su icone figurative - siano esse umane o architettoniche - dove l’elettronica aggiunge elementi, modifica colori, crea panorami immaginari.

Peter Belyi (Leningrado, 1971) In My Neighbourhood, attraverso l’utilizzo di decine di diapositive degli anni settanta, ricrea le maquette di interi quartieri popolari della Russia sovietica in cui le vite degli abitanti appaiono enormemente distanti tra loro.

Robert Gligorov (Macedonia, 1959) gioca sul concetto di dio-architetto di tradizione massonica ultizzando se stesso come modello per un dittico in cui il "terzo occhio" è sovrapposto all’occhio umano, anziché situarsi al centro della figura.

Le immagini di Claudio Gobbi (Ancona, 1971) danno luogo a composizioni impeccabili nelle linee e nei piani, nelle luci e nei cromatismi, con una predilezione per le simmetrie.
In tal modo altera la percezione del reale, e contemporaneamente instaura un discorso oggettivo che porta alla riflessione sulla nostra storia e memoria collettiva.

Guidi Guidi (Cesena, 1941) da molti anni porta avanti una ricerca sulle diverse qualità della luce che riesce magistralmente a declinare per immagini.
Utilizza soggetti comuni come strade, piccoli edifici, particolari architettonici, che diventano nel suo obbiettivo pretesti per una rappresentazione interiore del vedere quotidiano.

Il lavoro di Teodoro Lupo (Treviso, 1975) si concentra da tempo sul tema della visione nelle sue ramificazioni più estreme.
Dopo aver sviluppato la tematica della percezione in carenza di luce, analizzando l’effetto disorientante della notte e del buio, ora si concentra sull’analisi dello straniamento visivo provocato dalle le situazioni di luce abbacinante.

Il duo Masbedo (Nicolò Massazza, Milano, 1973 - e Jacopo Bedogni, La Spezia, 1970) conduce una ricerca intorno alla narrazione cinematografica attraverso le nuove tecnologie.
I loro lavori si diffondono a partire da una narrazione intensa ed emotiva, portando in profondità la soggettività dei personaggi.
Immagini sofisticate ed elaborate conferiscono un senso di precisione meticolosa che suscita il coinvolgimento emozionale dello spettatore.

Marco Neri (Forlì, 1968) da sempre indaga temi legati alla costruzione e alla decostruzione dei concetti filosofici e architettonici.
Tinte piatte, impersonali che trascendono dall’uomo - di fatto quasi sempre assente nei suoi lavori - e ne relegano la presenza nell’immaginazione dello spettatore.

La ricerca recente di Marina Paris (Ancona, 1965) si centra su quelli che comunemente vengono definiti "non luoghi"; comuni spazi di attraversamento come scuole, ospedali, stazioni, sale d’aspetto e corridoi che sono radicati nella memoria collettiva e alla relazione che questi stabiliscono con l’uomo.
Una sorta di inquietante standardizzazione che fa perdere loro le specifiche identità e annebbiare i caratteri delle consuete funzionalità d’uso; rivelando così il loro carattere disciplinare, di controllo e una natura fortemente claustrofobica.

Giuseppe Pietroniro (Toronto, 1968) L’oggetto delle riflessioni dell’artista è solitamente il luogo, lo spazio, inteso sia come margine che come ambiente periferico, all’interno del quale prende forma l’esistenza umana, un’esistenza talvolta giocosa, ironica, che si esplica attraverso modalità complesse.
Nonostante siano dichiaratamente abbandonati, gli ambienti di Pietroniro lasciano intendere sempre la presenza umana.

Robert Polidori (Montreal, 1951) racconta per immagini grandi tragedie, come quella di New Orleans, o la più famosa Chernobyl per lasciare da esperto reporter qual è una memoria storica tangibile di avvenimenti che hanno inevitabilmente segnato la storia dell’umanità.

La fotografia di Claudia Pozzoli (Lecco, 1981) si distingue per l’estrema ricercatezza tecnica e formale delle sue immagini.
La sua è una indagine volta a ridurre gli elementi ai minimi termini fino a farli quasi del tutto scomparire; un metodo che la induce a sottrarre per arrivare al nucleo dell’"essenziale", quasi a voler imprimere alla pellicola la chiara descrizione della sua interiorità.

Martina della Valle (Firenze, 1981) utilizza la tecnica fotografica come strumento per oltrepassare la superficie delle cose, per arrivare oltre, fino a coglierne il contenuto.
Il suo punto di vista sulla realtà è molto soggettivo e emozionale e il tempo come variabile gioca sempre un ruolo centrale.

Di base a New York, Alessandro Zuek Simonetti (Bassano del Grappa, 1977) sta sviluppando un proprio linguaggio fotografico che riflette il suo profondo interesse per le culture giovanili di nicchia.
Molto spesso ciascun progetto si estende al di là del mezzo fotografico che si rivela come un segno della sua maturazione come artista.

Jarach Gallery nasce nel 2006. Collocata nel cuore di Venezia, a due passi da Piazza San Marco e di fronte al Teatro La Fenice, si distingue come spazio espositivo in cui promuovere la fotografia contemporanea e tutto quello che ruota intorno ad essa. La galleria ha la finalità di creare un collegamento fra la città e la scena artistica internazionale attraverso un programma di esposizioni, pubblicazioni pregiate, promozione di attività culturali, collaborazione con istituzioni e gallerie sia italiane che straniere.

Galleria Pack è stata fondata nel 2001 con l’intento di offrire al pubblico una programmazione ambiziosa incentrata sulla produzione di artisti sia emergenti che maggiormente affermati.
Galleria Pack si configura come un vero e proprio centro di produzione per l’arte contemporanea portando avanti assieme agli artisti ambiziosi progetti, grandi installazioni, opere video e performance. La collaborazione continua con curatori italiani e internazionali soddisfa la volontà di collocare l’attività della Galleria nel flusso degli scambi inter-culturali e pluri-disciplinari contemporanei, attivando una componente critica che trova spunto e continuazione in una lunga serie di pubblicazioni.
Il Ventre dell'Architetto

Inaugurazione Venerdì 3 settembre dalle ore 18.00

Jarach Gallery
S. Marco 1997, Campo S. Fantin – 36100 Venezia
Orari: da martedì a sabato 10:30/14:00-15:00/19:30. Lunedi e domenica su appuntamento
Ingresso libero

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