All my friends were metalhead. La personale di pittura di Jacopo Casadei e' un'antologia che riassume gli ultimi capitoli della ricerca del giovane artista cesenate. A cura di Davide W. Pairone.
A cura di Davide W. Pairone
Zelle Arte Contemporanea presenta la personale di Jacopo Casadei, un'antologia che riassume gli ultimi capitoli della ricerca del giovane artista cesenate, classe 1982.
Retina ruvida
La pittura e il disegno non sono mai stati fedeli al mondo: come il sogno, essi trovano invece origine nell'immagine mentale. Sono il frutto quindi di stratificazioni successive, di accumuli percettivi, di istanti e durate, continuità e frammenti. Questa condizione fondamentale, dalle pitture rupestri al Rinascimento, dal Barocco alle avanguardie, mette in discussione ogni pretesa di realismo e pone l'immagine in un limbo mai pacificato. L'immagine, per costituzione, è tensione, instabilità, zona di confine (l' icona russa: non immagine della divinità ma divinità essa stessa).
La tipologia di immagine che Jacopo Casadei, a dispetto della giovane età, va esplorando da diversi anni è precisamente l'incarnazione di questa riflessione sulla condizione precaria della pittura e del disegno. Al punto che i suoi lavori non andrebbero nemmeno più considerati bidimensionali ma presi nella materialità e nello spessore della carta e della tela. Pieghe, macchie, strati e accumuli contribuiscono ad erodere l'immagine, mentre il tratto in sé si scarnifica per mostrare una realtà allucinata e immersa nel vetriolo e quindi ustionata, ridotta all'osso. O forse arricchita da una precisa visionarietà: è così che Casadei intende il mondo e l'immagine.
Uno dei simboli eterni della pittura è, attraverso il mito di Narciso, il topos dello specchio. Casadei quindi, fra il Narciso caravaggesco e l'opzione-Bacon propende con tutta evidenza per il secondo, il più costante fra gli artisti che hanno osato inclinare lo specchio e usarlo per le sue capacità ustorie. La luce-solare della mente si rifrange e incendia la realtà anziché rifletterla. Rispetto all'espressionismo non si tratta di iniettare robuste dosi di soggettività nelle immagini del mondo. Casadei non torce a piacimento le anatomie, non deforma gli oggetti per scelta espressiva bensì per necessità e coerenza. L'immagine non può che essere così, perché il mondo è così: frammentario e incoerente.
Nel breve, celebre racconto di Raymond Carver intitolato Cattedrale avviene una di quelle rare epifanie di cui si nutre l'arte, si manifesta cioé quella comunicazione autentica attraverso un medium, una tekné. La prosa rarefatta di Carver si adagia sul classico cinismo dei suoi personaggi, e la soggettiva coglie un uomo infastidito dalla presenza di un ospite cieco. Con il quale, per evidenti disparità percettive e, si presume, cognitive, non sente di poter instaurare un dialogo sincero. A tarda notte però, dopo una sequenza di goffaggini e isolamenti, i due trovano un terreno comune di intesa nella struttura e nella prassi artistica.
In tv passa un documentario sulle cattedrali gotiche e il protagonista, incapace di descrivere a parole la bizzarria della costruzione, avvia un esperimento davvero singolare: su richiesta del cieco comincia a disegnare. Seppur privo di competenze tecniche, l'uomo riesce a trasmettere informazioni sulla cattedrale attraverso i rilievi che la matita lascia sul foglio o, ancora più semplicemente, attraverso i movimenti della mano prontamente colti dal cieco. La comunicazione così, che prima sembrava impossibile, si trasferisce sul piano del segno e del gesto, e la differenza essenziale dovuta all'handicap diventa la condizione necessaria affinché i due si comunichino un qualcosa di autentico. E questo qualcosa è precisamente il modo in cui apprendono e percepiscono il mondo.
La geniale intuizione di Carver vale come chiave di lettura dei lavori di Casadei: lavori composti non per compiacere gli occhi ma per scardinare le griglie percettive e trovare un punto di incontro su di un altro livello. La composizione disturbante e formalmente rumorosa, il colore dissonante, il segno grezzo e ruvido sono strumenti con cui l'artista gratta via la patina di convenzionalità dagli occhi degli spettatori, abituati ormai all'eleganza implicita nello squallore sublime di una Jenny Saville, ad esempio. Enigmatici e spensierati, i frammenti di mondo aleggiano, seguendo spartiti che, se nella scia novecentesca sembrano già sentiti, ispirano nuove urgenze oggi che l'arte mangia i suoi propri escrementi.
La frenesia comunicativa di Casadei, mascherata da autismo, anziché posizionarsi comodamente sulle spalle dei giganti (da Picasso al già citato Bacon), sbeffeggia come un satiro esaltato la pittura tronfia e decadente dei nostri tempi e si pone alle spalle, pronto a sodomizzare gli sprovveduti. Quanta (pigra) eleganza nostalgica nei presunti realisti e negli astrattisti, quanta (pigra) repressione intellettuale nei citazionisti e nei nuovi media! E quanta soddisfazione nel ghigno beffardo di Casadei, che dal magma impetuoso della percezione e dell'ispirazione traccia le forme inquiete e insane del nostro medioevo tecnologico.
Attente, retine accidiose e debosciate, questi segni sono la vostra sventura perché risalgono attraverso i nervi ottici e le cortecce e le sinapsi su su fino agli strati indicibili dell'anima. Fino a quando, con vostra somma sorpresa, questo giovane insolente e la sua arte elettrica in decomposizione, sì, davvero, vi saranno indispensabili.
Opening 10 Settembre 2010, ore 19
Zelle Arte Conteporanea
Via Matteo Bonello n°19 / Via Fastuca n°2, Palermo
Orario: dal martedì al sabato dalle 17 alle 20
ingresso libero