Agostino Arrivabene
Guido Bertagna
Mario Branca
Ilaria Margutti
Claudio Monnini
Iacopo Raugei
Federico Romero Bayter
Winkler+Noah
Vladek Cwalinski
Nelle opere in mostra gli artisti hanno sviluppato una visione personale proiettando nel futuro le inquietudini presenti. In altri casi la visione e' piu' intima e s'interroga direttamente sulle contraddizioni insite nella natura umana.
Che cosa resterà del nostro mondo odierno, globalizzato, con il suo straordinario sviluppo tecnologico, tra migliaia di anni? E’ ipotizzabile pensare, soprattutto paragonando con quello che ci rimane dalle grandi civiltà dell’antichità, che gran parte della nostra cultura, complice anche la deperibilità dei materiali da costruzione impiegati, scomparirà e probabilmente della nostra produzione tecnologica resteranno soltanto alcune tracce.
Quelle antiche infatti erano, a dispetto di quello che si potrebbe essere portati a pensare oggi, popolazioni molto evolute. Osservando ciò che ci hanno tramandato, non erano affatto inferiori rispetto alla nostra, che ha progredito in maniera capillare, senza precedenti storici, l’aspetto tecnologico, applicandolo ad ogni aspetto della ricerca per migliorare il vivere quotidiano. Non lo erano, soprattutto dal punto di vista della conoscenza di sé stessi e del mondo. Avevano ideato sistemi filosofici sofisticatissimi per comprendere i segreti dell’animo umano e si spostavano per i loro commerci con assoluta disinvoltura anche ben oltre le terre conosciute, orientandosi principalmente nelle loro rotte attraverso la lettura delle stelle, arte che oggi è sostanzialmente dimenticata.
L’idea che l’umanità abbia avuto nel corso della sua storia un processo evolutivo rettilineo, senza interruzioni, traumi, cadute, regressi, riprese, e che la nostra civiltà sia la più avanzata d’ogni tempo, solo perché le capacità e l’intelligenza dell’uomo del ventunesimo secolo si sono meglio sviluppate rispetto a quelle d’un abitante dell’antichità, dunque è una falsa prospettiva, derivante dal pensiero evoluzionista ottocentesco di matrice darwiniana. Da qui nasce la domanda su cosa resisterà dell’attuale cultura all’urto del tempo.
Perché immaginarsi che il nostro sistema di vita, con le abissali disparità tra l’altro esistenti tra oriente e occidente o nord e sud del pianeta, sia destinato, a durare in eterno, immutabile, più che utopia appare innanzitutto come un’ingenuità.L’interrogarsi, su una possibile minaccia esterna, per porvi rimedio anzitempo d’altronde è sempre stata un’inquietudine caratteristica anche delle grandi civiltà del passato, ma questa vera e propria nevrosi per un’imminente fine del mondo (basti pensare a tal proposito a come sì è sviluppato nell’ultimo secolo negli Stati Uniti il genere cinematografico dei disaster movie per rendersi conto di quanto questo problema sia vivacemente sentito dalla cultura ancora economicamente più rilevante e quindi egemone) è una caratteristica peculiare dell’era contemporanea.
Basti pensare a tal proposito all’emergenza climatica, con i pericoli di desertificazione o all’innalzamento delle maree, che ha preso il posto di quella nucleare nelle agende dei governanti delle principali potenze mondiali, per rendersi conto di quanto una distruzione, o una forte alterazione degli equilibri del pianeta a causa dell’incuria e negligenza dell’uomo, sia all’ordine del giorno. Da qui prende spunto l’idea di questa mostra che ospita giovani artisti ad interrogarsi su un tema così attuale, scottante.
Ognuno di loro ha sviluppato una visione personale proiettando nel futuro le inquietudini presenti. Si va dai paesaggi apocalittici d’Agostino Arrivabene, che profetizza una ribellione delle forze della natura alla manipolazione violenta del cosiddetto ‘progresso’, alle impronte di Mario Branca, che con le sue sculture ipotizza che per alcuni prodotti tecnologici avvenga un processo di fossilizzazione, alle immagini di Claudio Monnini, che associa la presenza di alcune specie animali a un futuro degrado estremo della civiltà industriale, sino ai disegni graffiati di Federico Romero Bayter che immagina, in seguito a una catastrofe di natura imprecisata, il futuro deserto che caratterizzerà il paesaggio urbano di alcune grandi metropoli.
In altri casi la visione è più intima, riflessiva, meno catastrofica, s’interroga direttamente sulle contraddizioni insite nella natura umana, come nel caso delle malinconiche visioni monocrome proposte da Iacopo Raugei, oppure nella valigia dei ricordi colma di lettere interamente ricamata, che Ilaria Margutti lancia come una bottiglia nell’oceano della storia, oppure nelle foto di Winkler & Noah che riflettono sulla perenne incapacità d’amore insita negli uomini, come una costante irrisolvibile, una ferita inguaribile, che l’umanità sempre si porterà come eredità nefasta anche in un ipotetico futuro, origine d’ogni degrado, anche sociale, ecologico o economico. E’ a questa domanda che sembra non avere risposta, alla quale tenta di trovar soluzione la visione escatologica dell’opera di Guido Bertagna. /…/
Estratto dal testo in catalogo di Vladek Cwalinski
In mostra le opere di
Agostino Arrivabene
Guido Bertagna
Mario Branca
Ilaria Margutti
Claudio Monnini
Iacopo Raugei
Federico Romero Bayter
Winkler+Noah
Collectors’ preview e drink reception martedì 14 settembre dalle18.30
Wannabee Gallery
via Thaon de Revel 3, Milano
lun-ven 11-20, sab 11-19
ingresso libero