Palazzo Frisacco
Tolmezzo (UD)
via Renato Del Din, 7
0433 487961
WEB
Mountain way
dal 13/9/2002 al 27/10/2002
0433 41247

Segnalato da

Samantha Punis



approfondimenti

Richard Long
Hamish Fulton



 
calendario eventi  :: 




13/9/2002

Mountain way

Palazzo Frisacco, Tolmezzo (UD)

I sentieri dell'arte per la montagna. La mostra si apre con due figure entrate ormai a pieno titolo nella storia dell'arte internazionale: gli inglesi Richard Long (Bristol 1942) e Hamish Fulton (Londra 1946), rappresentanti della Land Art degli anni '60 e '70, che hanno riattualizzato la tradizione inglese dell'intenso rapporto con la natura, attraverso lunghe passeggiate e la scoperta personale dei territori attraversati.


comunicato stampa

I sentieri dell'arte per la montagna.

Sabato 14 settembre, alle ore 18, al Palazzo Frisacco di Tolmezzo si inaugura la mostra internazionale d'arte contemporanea intitolata Mountain Way. I sentieri dell'arte per la montagna. Promossa dal Comune di Tolmezzo, sostenuta dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Servizio Autonomo per lo sviluppo della montagna, e dalla Provincia di Udine, ideata e curata da Sabrina Zannier e coordinata da Comunicarte, l'esposizione rientra nell'ambito delle iniziative culturali concepite in occasione dell'Anno Internazionale della montagna. Ideata in occasione di tale ricorrenza, Mountain Way intende puntare l'attenzione sull'identità del territorio montano del Friuli Venezia Giulia entro il più ampio orizzonte della montagna internazionale, attraverso le opere pittoriche e fotografiche di artisti provenienti dalla regione, dall'Italia e dall'estero. Artisti appartenenti a luoghi geografici, a generazioni e a poetiche diverse che, proprio a fronte della differenza, complessivamente sottolineano la continuità di riflessione e ricerca sullo specifico tema del paesaggio. Un tema ampio e tutt'altro che scontato - che concorre ad alimentare il dibattito sulla duplice polarità natura/cultura, oggi più che mai urgente anche a fronte delle problematiche ecologiche - entro il quale la montagna si distingue per una sua particolare peculiarità, legata all'emergenza di concetti come la malinconia, la solitudine, il sublime. Concetti che gli artisti affrontano appellandosi a riflessioni di valenza poetica, filosofica e sociale, puntando sostanzialmente il dito sul recupero del rapporto originario uomo-natura. Un rapporto votato per l'appunto al sublime, entro il quale si delinea anche una via diversa rispetto a quella in cui oggi domina la costante presenza dell'uomo e delle sue articolazioni relazionali. Una via diversa, ma certo non avulsa Dal sociale, con la quale si interseca dando luogo a curiose messe in scena in cui la relazione uomo-paesaggio, cultura-natura, società-ecologia trovano di volta in volta nuove chiavi di lettura.

La mostra si apre con due figure entrate ormai a pieno titolo nella storia dell'arte internazionale: gli inglesi Richard Long (Bristol 1942) e Hamish Fulton (Londra 1946), rappresentanti della Land Art degli anni '60 e '70, che hanno riattualizzato la tradizione inglese dell'intenso rapporto con la natura, attraverso lunghe passeggiate e la scoperta personale dei territori attraversati. Provenienti dalla collezione di Egidio Marzona, di Fulton verrà presentata una serie di fotografie che documentano i suoi itinerari e a cui l'artista accompagna dei brevi testi che cercano di descrivere l'esperienza della natura con un cortocircuito parola-immagine; di Long, invece, una serie di rari libri d'artista che descrivono il paesaggio e la montagna con fotografie, mappe, parole e raccolte di materiali del luogo, che entrano nel vivo della sua esperienza artistica e della sua connotazione concettuale.

Dai veri e propri sentieri praticati da Long e Fulton e documentati attraverso tracce, reperti e indicazioni di percorso, l'esposizione, che si sviluppa sui due piani di palazzo Frisacco, procede poi con altri "sentieri dell'arte per la montagna", raccolti in stanze individuali, dove ognuno degli artisti, attraverso due o più opere offre la propria particolare interpretazione del paesaggio montano. Seppur attraverso linguaggi e poetiche diverse, emerge la comune tendenza alla rielaborazione del dato oggettivo, della realtà fenomenica, che viene "spostata", sottilmente alterata pur entro il principio della figurazione.

Il paesaggio per eccellenza, scorporato dalla presenza umana, e considerato come luogo da osservare o entro il quale misurarsi in un rapporto diretto e solitario da parte dell'artista emerge dalle opere di Serse (Trieste, 1952) che con le sue Notti bianche ripropone quella fondamentale riflessione sul sublime e sulla "decolorazione del mondo" indicata da Savinio in uno scritto sulla fotografia in bianco e nero, contemplata dall'artista triestino nella sua particolare tecnica della grafite su carta, a metà strada, dal punto di vista evocativo, tra disegno, immagine fotografica e pittura; di Mario Sillani Djerrahian (Etiopia, 1940, vive a Trieste), che attraverso sette opere affronta una sua particolare riflessione sull'inizio e sulla fine del paesaggio attraverso la rielaborazione fotografica di vedute montane decontestualizzate e rielaborate entro scenari pittorici astratti; e di Claudio Mario Feruglio (Udine, 1953), che ha lavorato appositamente a un nuovo ciclo in cui la montagna si eleva a protagonista di quella riflessione intimista sul paesaggio che da anni connota i suoi scorci pittorici come paesaggi dell'anima. Paesaggi dell'anima e paesaggi mentali, assolutamente avulsi dalla presenza umana sono anche quelli delle fotografie di Giacomo Costa (Firenze, 1970), giovane artista che ha iniziato la sua ricerca proprio sperimentando il fascino, la desolazione e la solitudine che l'ambiente montano - vissuto praticando arrampicate in parete e sui ghiacciai, nonché un'intensa attività alpinistica - ha esercitato sul proprio immaginario. Un immaginario restituito con "paesaggi perfetti", ottenuti anche con sottili manipolazioni digitali, ma privi di storia e di collocazione proprio perché sottoposti a un processo mentale di ri-costruzione del dato oggettivo.

Lo stesso processo, nel caso di Costa operato sull'unicità di un'immagine, sulla sua assolutezza visiva, lo troviamo nelle fotografie di Walter Niedermayr (Bolzano, 1952), dilatate in un ampio formato e presentate in forma di dittico a sottolineare quel processo di scomposizione delle immagine di valenza documentaria e della successiva ricomposizione in sequenza che caratterizza il suo lavoro. Sono immagini in cui i colori e le forme si alleggeriscono e si stemperano scombussolando le nostre abitudini visive alimentate dai media della comunicazione di massa. La sua rimessa in discussione dello sguardo affronta il paesaggio abitato dalle presenze umane, che aprono così quell'altro sentiero della mostra in cui troviamo anche i dipinti di Yumi Karasumaru (nata a Osaka in Giappone, vive tra Osaka e Bologna), dove la figura umana assume però una dimensione fondamentale, sullo sfondo del Fuji-Yama a ridosso di problematiche sociali ed ecologiche entro un linguaggio pittorico, e in altri casi fotografico e performativo, teso fra oriente e Occidente. La valenza sociale abita anche le fotografie di Ulderica Da Pozzo (Ravascletto - UD, 1957), ma sempre entro la presa di coscienza di un paesaggio, nel suo caso proprio quello della montagna carnica, vissuto come luogo votato all'intimismo, alla solitudine, alla riflessione, in cui i gesti, gli sguardi, le esistenze si plasmano nel dialogo diretto con la natura. Due serie verranno ricomposte in mostra in una sequenza di dittici: da un lato la serie sui funerali, sui luoghi per eccellenza votati alla meditazione sull'assenza e sul silenzio; dall'altro lato brani paesaggistici di valenza emozionale condotta per via di astrazione.

Durante il corso della mostra verrà presentato il relativo catalogo.

Inaugurazione: sabato 14 settembre, ore 18.

Info: Comunicarte, 040/3728526

Palazzo Frisacco, Tolmezzo (UD)

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