Colludere. I tronchi, un tempo alberi rigogliosi, divengono matrici dei dipinti, in quanto portano in se' quel processo proprio del percorso umano che l'artista ha l'esigenza di rappresentare.
Le opere di Franco Bianchetti offrono all'occhio dell'osservatore un'interessante varietà di materie: ceppi bruciati dal fuoco o inariditi dal sole, carte leggere e impalpabili, tavolette disegnate dalla fuliggine, vetri freddi e trasparenti. Come un contrappunto musicale si richiamano alternandosi forme organiche irregolari e lastre geometriche, squadrate e pulite, legni che portano in sè tutta la pesantezza del fusto e fogli sottili, quasi provvisori, ombre scure, coprenti e superfici luminose, dove i colori catturano la luce in tutta la sua purezza e chiarità. È un dialogo di forme, luci, materie che le porta a ''colludere'', etimologicamente a ''giocare insieme''. Non è, però, un gioco infantile e spensierato, bensì quello drammatico e allo stesso tempo affascinante dell'esistenza, continuamente impregnata di dolore eppure così anelante all'amore.
Guardiamo quei ceppi, privi della casualità degli ''oggetti trovati'' e densi della memoria di un'avventura nel bosco, intrapresa per un desiderio, una ricerca, a cui profumi, suoni, colori ed emozioni si fanno compagni. Quegli stessi legni, raccolti per la loro forma parlante, divengono materia divorata e annerita dal fuoco del camino, o resa secca e argentea dal calore del sole. Portano in sè i segni di una consumazione, le ferite di una sofferenza, le rughe di una frantumazione. Così le tavolette, che offrono sagome create dalla fuliggine, prodotta dalla combustione di tronchi spezzati. Sono macchie scure, dove la luce non trova possibilità di sosta. E ancora quelle superfici nate da pennellate dense, veri strati d'ombra che si accostano e sovrappongono, dando forma ai dolori della vita, a quel buio che spesso assale gli istanti dell'esistenza non lasciando intravedere spiragli di salvezza. Non a caso una delle carte di Bianchetti si presenta come una sorta di pelle indagata da uno sguardo ravvicinato, che coglie tutte le piaghe inflitte dagli eventi.
I tronchi, un tempo presenti in natura quali alberi rigogliosi e in seguito ridotti a corpi consunti, divengono, così, matrici dei dipinti in quanto portano in sè quel processo proprio del percorso umano che l'artista ha l'esigenza di rappresentare. Ma in tale processo l'ultima parola non è il dolore. Nella bellezza della forma – seppure così trasformata – esiste già una possibilità di riscatto. Ecco, allora, che i ceppi affascinano lo sguardo e tornano a essere parlanti non solo per gridare una sofferenza, ma per introdurre alla salvezza. Le curve, i nodi, le fessure del legno, la materia secca eppure ancora viva, dicono di una speranza possibile. Oggi essi riposano su lastre di vetro trasparenti, familiari alla luce, partecipando della loro purezza e chiarità.
La redenzione di questi corpi organici è anche redenzione dell'uomo, come rivela la luminosità che si si posa su nuove superfici pittoriche, si addensa nei colori, invade lo spazio. Accanto ai dipinti scuri si affacciano tavole bianche, strati di luce che hanno trovato un luogo in cui sostare e da qui catturare l'osservatore per portarlo verso la bellezza. Col gioco di ombre e luci Bianchetti mette in scena il dramma che permea ogni attimo umano, vibrante di quell'amore tenacemente in lotta per risorgere dalle tenebre.
Sara Meda
Inaugurazione 25 settembre ore 18
Spazio Danseei Echi Darte
via oriani, 62 Olgiate Olona, (Va)
orari: venerdì e sabato, 16 - 19 e su appuntamento
ingresso libero