Studiolo 2. Entrando nello studiolo, il visitatore vi legge il transito di una figura - alterego dell'artista - che si e' inserita nella piccola stanza, interpretata come prima interlocutrice della sua permanenza in sito.
a cura di Maria Chiara Valacchi
Inaugura Studiolo, appuntamento fisso, che ospiterà progetti inediti di giovani artisti internazionali. Le esposizioni che si succederanno, saranno accolte nella piccola stanza studio situata all’interno dello spazio Cabinet e punteranno l’attenzione sulle emergenti eccellenze contemporanee. Un tempo limitato per scoprire nuovi linguaggi espressivi che diventeranno i codici estetici del futuro.
Per il secondo appuntamento si inaugura il solo-show di Maia Sambonet
Maia Sambonet nasce a Milano nel 1981. Artista colta e raffinata si laurea al Saint Martins College di Londra in Theatre Design for Performance e studia danza a Parigi. Riporta l'eterea eleganza del ballo nelle sue opere delicate in carta, trasposizioni leggere di un meta linguaggio. Negli anni espone le sue composizioni liriche in alcune delle maggiori gallerie nazionali e collabora con progetti volti all'arte contemporanea come VIR Viafarini. Per Studiolo, Maia Sambonet pensa ad un intervento che relaziona il suo lavoro allo spazio vuoto e incontaminato della galleria. Realizza nel tempo definito di due settimane un processo di trasformazione del luogo. L'apporto giornaliero di personaggi invitati che interverranno sulla composizione finale e la delicata interferenza di oggetti e di piccole opere d'arte, testimonieranno il passaggio dell'artista a Studiolo. La mostra seguirà un percorso sinusoidale, avrà una partenza e uno sviluppo che culminerà nell'inaugurazione del 9 di ottobre dove sarà mostrato il risultato di questa permanenza e continuerà, la settimana successiva, per dar modo al lavoro di sedimentare il ricordo e la suggestione.
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''Studiolo. Piccola stanza adibita a studio. (Rizzoli Larousse).
Dislocarsi per un tempo definito tra le parentesi quadre/pareti di uno spazio, bianco come un foglio intatto, in cui ogni elemento aggiunto diventa parte di una narrazione.
Entrando nello studiolo, il visitatore vi legge il transito di una figura - alterego dell’artista - che si è inserita nella piccola stanza, interpretata come prima interlocutrice della sua permanenza in sito.
Il luogo è governato da un tempo speciale. Per un ritiro di sette giorni, il personaggio porta con sé una selezione di oggetti: ospiti, come lei/lui, del seminterrato. Gli oggetti sono strumenti di sopravvivenza: una macchina da scrivere, un blocco da disegno, pochi libri e qualcosa suggerito all’ultimo dall’urgenza del viaggio. A turno, l’abitante “invita a cena” un autore e compone a più mani intersecando la propria voce ad altre; risponde alle pagine stampate e chiede loro in prestito una parola su cui costruire nuovi discorsi testuali e visivi. Anziché isolarsi, si circonda di poche presenze calibrate.
Il risultato è la produzione di lavori nati da due momenti distinti ma connessi: esplorazione da un lato dell’eloquenza delle immagini e dall’altro della materia della parola – figure e frasi la cui comparsa è il primo evento “curioso”. Così, la raccolta di questa proto-Wunderkammer non proviene da fuori, come collezione, ma da dentro, come germoglio, frutto spontaneo, erba pioniera forse fiore, a metà strada tra finzione e reale. Le tracce disseminate nello spazio sono documenti, più che oggetti finiti, e provocano nell’osservatore curiosità per il non-detto più che per l’esplicito.
L’esito non è un gesto teatrale - assumere un ruolo e metterlo in scena - ma la vita di un personaggio in fieri, che gode uno spazio-tempo adibito allo studio, e osserva i risvolti della propria voce prendere corpo in una disposizione effimera, prima di spostarsi altrove.
L’ipotesi di lavoro nasce in risposta alla frase di Carmelo Bene, in Autografia d’un ritratto:
Lo scritto è il funerale dell’orale, è la rimozione continua dell’interno.
Il personaggio osserva la ‘pasta’ della scrittura nelle sue varie forme – incluso il disegno. Proiettata nello spazio e restituita agli occhi dell’osservatore, le è chiesto di ‘tornare orale’ articolando un discorso intorno a una presenza; una rappresentazione non-teatrale in assenza di attore.''
Maia Sambonet
(per Studiolo_10_ 2010)
Inaugurazione 9 settembre ore 18.30
Spazio Cabinet
via Rinaldo Rigola, 1 - Milano
Dal martedì a sabato, dalle 16.00 alle 19.00 solo su appuntamento
apertura speciale nell’ambito dell’iniziativa Giornata del Contemporaneo – Milano sabato 9 ottobre fino alle 21:00
Ingresso libero