In mostra un ciclo di 100 opere di Coser ispirate all'incontro tra la propria sensibilita' pittorica e il dettato visivo di uno dei film piu' apprezzati del regista tedesco Wim Wenders: L'amico americano.
a cura di Nicola Davide Angerame
La presentazione a Napoli del nuovo lavoro di Luca Coser, 1+1=1, rappresenta la seconda tappa di un percorso di tre mostre personali che ha inaugurato il 23 settembre presso la Galleria Whitelabs di Milano e che si concluderà il 4 novembre alla King Gallery di Chelsea, New York.
La personale 1+1=1, patrocinata dall’Accademia di Belle Arti di Roma, è un ciclo di 100 opere e si ispira all’ incontro tra la propria sensibilità pittorica e il dettato visivo di uno dei film più apprezzati del regista tedesco Wim Wenders, L’amico americano.
Il titolo cita una frase di Andrej Tarkowskij, dove il regista afferma che se si sommano una più una gocce d’olio il risultato non sono due gocce ma una goccia più grande. Quasi tutte le opere sono di piccole dimensioni e sono pensate come frammenti in cerca uno dell’altro, a dare forma a un’ideale “macchia” più grande. La scelta di questo film di Wenders è dovuta alle tematiche che propone (l’arte, la perdita dell’innocenza, la paternità, la minaccia, il senso di inadeguatezza, la morte) e che l’artista predilige e su cui ha fondato altre precedenti serie di lavori, tra cui Autoritratto al femminile, come lo definisce lo stesso Coser, fondato sull’appropriazione pittorica de L’avventura di Michelangelo Antonioni e di M-Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang.
Io volevo diventare un pittore.
Wim Wenders
Con me corrono i fantasmi, dice Peter Lorre in “M.” di Fritz Lang.
I fantasmi corrono con tutti noi, io rincorro i miei servendomi della pittura.
Luca Coser
Appropriarsi di ciò che è invisibile all’occhio, sembra lo scopo della pittura di Luca Coser: cogliere dentro la nebulosa incandescente delle umane emozioni quelle traiettorie invisibili che sono i sentimenti più profondi, quelli che, come ormeggi laschi, ci tengono ancorati alla banchina dell’esistenza lasciandoci lo spazio necessario per ondeggiare esposti alle intemperie della vita. Questo libro parla anche di questo, di ciò che Martin Heidegger ha indicato come “situazione affettiva”, ovvero il nostro essere gettati nell’esistenza già sempre nella forma della tonalità emotiva (befindlichkeit), di una Stimmung come la chiamano i Romantici: un sentire che accompagna la nostra esistenza in ogni istante e che non è un’emozione circostanziata, con una causa ed un effetto, ma un rumore di fondo spesso inudibile e che offre il luogo d’appoggio alla razionalità, al suo concepire in termini di categorie, di verità e menzogna, di bene e male.
Dal cinema di Wim Wenders, L’amico americano, Luca Coser coglie il pre-testo per un viaggio al centro della propria condizione di soggetto esistente, di “progetto gettato”, alla ricerca dei punti nevralgici del proprio sentire. Cento dipinti raccontano quest’ultima appropriazione di una pellicola che viene catturata nella galassia intellettiva di Coser e finisce per essere utilizzata come specchio. L’artista ha già operato sull’incontro e lo scontro con i grandi del cinema. In passato si è appropriato pittoricamente de L’avventura di Michelangelo Antonioni, di M di mostro di Düsseldorf di Fritz Lang e di Sunset Boulevard di Billy Wilder per costruire un affresco personale e portentoso che rappresenta in fondo l’autocelebrazione del Soggetto moderno, conteso tra le sue mille vite ipotetiche, parallele, desiderate. I mass media, come ha intuito Andy Warhol, non solo offrono 15 minuti di celebrità a ciascuno di noi, ma costruiscono un labirinto di specchi desideranti dentro cui ci si può smarrire e vivere per sempre.
La generazione a cui Coser appartiene è quella del riflusso degli anni Ottanta i quali, dopo gli anni caldi della contestazione sfociata nel terrorismo, scoprono la cultura come fatto privato, come mezzo di fuga interiore e soluzione allo scacco sociale di una utopia che non si realizza se non come nuova possibilità di consumo. L’industria culturale esplode grazie all’arrivo sulla scena di nuovi mezzi tecnici con cui fruire le opere, come il personal computer o l’home video. Le televisioni commerciali nascono portando con sé una programmazione varia e svagata. La reazione a questo scacco da parte di Luca Coser è il “movimento animalesco” di un nuovo tipo umano, di un barbaro secondo la recente definizione data da Alessandro Baricco. La reazione istintiva di Coser consiste in un consumo onnivoro di libri, musica e film che, divenuto pittore, seleziona e ritrae (lo ha fatto con track di compilation musicali, titoli di libri e film). Lui si paragona ad un impressionista del proprio tempo il quale, invece di andare nei campi o nelle vie cittadine a ritrarre la realtà, trova nei prodotti culturali che consuma (e che alimentano i suoi sogni e le sue visioni) altrettante vedute di un grande paesaggio. Un paesaggio interiore. In realtà, ciò che compie è un perpetuo autoritratto.
Nel suo libro Minori maniere, Achille Bonito Oliva affronta l’arte del Cinquecento per spiegare la base teorica del suo movimento, la Transavanguardia. E scrive: “Al soggetto forte del Rinascimento subentra un soggetto minore che sente lo stato di detta minorità rispetto ad una realtà sovrastante e prevaricante. Così l’artista utilizza le categorie del dramma, del mito e della tragedia come convenzioni linguistiche”.
Fin qui, potrebbe descrivere anche la situazione di Luca Coser, di un artista che viene dopo le nuove soluzioni estetiche delle Neoavanguardie, ovvero quei soggetti forti che durante gli anni Sessanta e Settanta hanno fondato nuovi linguaggi, sostenuto ideologie e Weltanschauung. Anche Coser usa le arti come altrettanti linguaggi convenzionali, da cui distillare pittura estraendo da esse una nuova linfa vitale per la costruzione di un paesaggio segnico che slitta in continuazione verso ridondanze fatali, colmo di echi di un mondo déjà vu (quello dell’arte) eppure nuovamente misterioso. Nelle installazioni che Coser ha proposto, trasformando il montaggio diacronico del cinema in un panopticon sincronico (tutte le opere-fotogrammi a parete), il film diventa un affresco, diventa pittura e paesaggio. Poi Bonito Oliva continua: “La citazione diventa il procedimento che ispira la ripresa di modelli culturali con i quali ovviamente l’artista del Cinquecento non può indentificarsi. Non esiste una proiezione ma piuttosto una strumentalizzazione che permette la ripresa di detti modelli come semplice traccia deviata e deviante”.
Ed è qui che Coser si discosta dalla maniera di molta transavanguardia citazionista. La sua appropriazione è di segno opposto, non giocosa ma seria. Lui si identifica con i propri modelli culturali, che isola mettendoli in posa su una pedana e ritraendoli a “tutto tondo”. Ne coglie la loro vibrazione di fondo, la loro consistenza filosofica e sentimentale. Non sceglie il film di Wenders perchè è formalmente elegante, ma vi si accanisce con furore (psico) analitico perchè l’opera che ha di fronte, che vede e rivede, non è solo la storia di un uomo che, sapendo di dover morire di un male incurabile, accetta denaro e diventa sicario al fine di lasciare al figlio una ricchezza su cui contare.
Per Coser il film di Wenders è un paesaggio di fronte al quale l’otaku che è in lui si affaccia solitario, come farebbe il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, per riconoscere romanticamente che la bellezza sublime del macrocosmo dispiegato davanti a sé altro non è che che la metafora naturale del microcosmo palpitante in lui racchiuso. La paura della morte, la paternità, la menzogna sono solo alcuni temi che il film affronta e in cui il pittore, giunto nel momento della paternità, riesce a vedere perchè ora sa cosa comporta essere padre. La paura della morte e il senso della discendenza si affacciano dentro il suo campo visivo e lui non può fare altro che ritrarli, mettendo mano ai singoli fotogrammi e assorbendone la forza in un processo di distillazione, che ridona loro una nuova parola muta attraverso la pittura. “Il vedere viene prima della parola”, scrive John Berger in Questione di sguardi.
Luca Coser (Trento, 1965), allievo di Emilio Vedova, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, oggi vive tra Roma e Trento ed è docente presso l’Academia di Belle Arti di Roma.
Personali (selezione):
2011 1+1=1, D406 Arte Contemporanea, a cura di S. Taddei e F. Baboni, Modena
2010 1+1=1, Whitelabs, a cura di Nicola Angerame, Milano
2010 1+1=1, Overfoto, a cura di Nicola Angerame, Napoli
2010 1+1=1, Kip's Gallery, a cura di Nicola Angerame, New York
2009 Heidi's Shop, Atelier Forum, MUSEION, Bolzano
2009 Comedians, Kreis Fur Kunst Und Kultur, Ortisei Bz
2006 Microsoft Research University of Trento, Trento
2005 Kunstforum, Egna Bz
2001 Cima Gallery, Palm Beach, Florida USA (con Jane Manus)
2000 Galleria Civica d'Arte Contemporanea, a cura di Vittoria Coen Trento
Collettive (selezione):
2009 Route tournante en sous-bois, a cura di F. Mazzonelli e S. Conta, Upload, Trento
2009 Il Mucchio Selvaggio, a cura di Andrea Lo Savio, Galleria D406, Modena
2009 Ad Librandum, a cura di A. Zanchetta e S. Portinari, Andrea Arte Contemporanea
2009 Work in Progress, a cura di Sergio Annovi, Ex Ballarini, Sassuolo (MD)
2008 Fuori Luogo (evento collat. Manifesta7), a cura di F. Mazzonelli e D. Dogheria, Trento
2007 Auguri ad Arte, su invito di Paolo Maria Deanesi Gallery, MART, Rovereto (TN)
2007 1:1, a cura di Francesca Referza, Torre Bruciata, Teramo
2006 Neverending Cinema, a cura di Fabio Cavallucci, Gall Civica Arte Contemporanea, Trento
2003 Situazioni, Mart, Rovereto (TN)
2002 3 Artisti in barca, a cura di Luca Beatrice e Nicola Angerame, Pio Monti, Roma
1995 Percorsi, a cura di Danilo Eccher, Galleria Civica d'Arte Contemporanea, Trento
1992 Trento-Salzburg, a cura di Danilo Eccher e Dietgard Grimmer, Galleria Civica d'Arte Contemporanea, Trento e Traklhaus, Salisburgo
Inaugurazione venerdì 8 ottobre ore 19-22
Galleria Overfoto
vico S. Pietro a Majella 6, Napoli
Orari: dal martedì al sabato dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19
Ingresso libero