David Buckley
Marcus Foster
Rose Gibbs
Lucy May
John Nielsen
Mimi Norrgren
Nicola Scaglione
In mostra 6 giovani artisti emergenti della Royal College of Art di Londra, scelti per restituire un panorama delle indagini espressive della scultura contemporanea in ambito internazionale. Opere di David Buckley, Marcus Foster, Rose Gibbs, Lucy May, John Nielsen, Mimi Norrgren.
a cura di Nicola Scaglione
Artisti in mostra: David Buckley, Marcus Foster, Rose Gibbs, Lucy May, John Nielsen, Mimi Norrgren
Sei giovani artisti, talenti emergenti della Royal College of Art di Londra, scelti per restituire un panorama delle indagini espressive della scultura contemporanea in ambito internazionale e soprattutto per suggerire, esplorando il lavoro delle giovani generazioni, le direzioni che la ricerca prenderà nel prossimo futuro.
“La vita – scrive il curatore Nicola Scaglione - a volte ci mette di fronte a cose non previste, così mi sono trovato ad essere totalmente coinvolto dalle opere di alcuni giovani scultori viste in un pomeriggio a Londra.
Non posso giudicare se è la Royal College of Art a selezionare degli ottimi artisti e a farli crescere artisticamente in 2 anni di corso, o se sono gli artisti che scelgono la prestigiosa scuola londinese ad avere già il talento che gli consente di sceglierla come percorso per consolidare quello che già hanno in embrione, ma sicuramente questa esposizione di fine anno 2010 ha dato qualcosa di importante.
Dopo averli scelti mi sono chiesto il perché e mi sono dovuto spiegare quale collegamento io davo ai loro lavori per portarli in mostra insieme. Non è stato facile. Il primo pensiero è stato intuitivamente sensoriale.
Sono stato coinvolto immediatamente dalla loro differenza tattile intuita”.
Nelle sculture di David Buckley, pesanti ed embrionali forme di bronzo sono appoggiate su soffici tappeti di organica e rosea gommapiuma sostenute da sottili strutture metalliche o da trasparenti vetri.
Lucy May, attraverso le sue forme barocche, confessa la violenta impressione dei suoi studi di anatomia, realizzando forme con materiali somiglianti alle visceri animali, molli ed elastiche, vicine alla sensibilità di Marc Quinn, realizzando contemporaneamente la vita e la morte, nei colori e nelle forme utilizzate, fiori finti e colori vivaci, artificiali che rappresentano contemporaneamente monumenti funebri e forme biologiche.
Nella sua semplicità Marcus Foster usa materiali d’altro impiego come fondamenta del suo lavoro: bastoncini di lollipop sono il colore che unito alla forma levigata di legno wallnut creano una spagnoletta di fili immaginati per una macchina del tempo che unisce giochi passati e schermi videoludici contemporanei; coloratissimi freesby di plastica, sono le molle per un paradisiaco, cilindrico sgabello di legno.
Estremamente opposte sono le impressionanti opere di Rose Gibbs. I suoi lavori sono incubi transgenici, la sua Mountain una visione di un nuovo girone contemporaneo femminile dell’inferno dantesco, i suoi vasi una lotta continua tra la nascita, la maternità e la morte.
I suoi corpi si contorcono nel dolore delle trasformazioni che la vita impone soprattutto alla donna. Una commistione tra il potente femminismo di Louise Bourgeois e le atroci orrendità dei fratelli Chapman sembrano l’archetipo del suo lavoro.
La sua montagna è fatta di bronzo bruciato, incenerito, arido e morto, le sue figure di bronzo lucidato sembra riflettano la luce di un rogo.
John Nielsen ci riporta alla sintesi , in un gioco tra estetismo e forza bruta, tra il selvaggio ed il potere.
L’utilizzo di materiali differenti ci sorprende guardando “still life with enchyclopedia”, e non possiamo non guardarlo immediatamente perché l’artista volutamente ha creato una quinta con un pannello azzurro squillante dietro al monumentale e selvaggio cinghiale di cemento grezzo. Quasi con civetteria l’animale posa la sua zampa su di un libro appoggiato ad uno scaffale di legno creando lo “still life”.
Il contrasto non è solo nei colori e nei materiali, ma anche nell’enciclopedia che cataloga e costringe l’animale selvatico ad essere dominato dall’uomo.
“ladies and gentlemen it does look different” è invece uno stendardo che indica la conquista di un territorio, i materiali usati sono un vecchio mobile riciclato che supporta un pesante busto di cemento.
La sua opera è insieme potente e ironica, casuale e progettata.
Il lavoro di Mimi Norrgren è fatto di natura. E di solitudine.
Il suo “Tree” è una poesia crepuscolare, sembra la rappresentazione di un villaggio alle origini della società, le piccole case uguali non hanno finestre e sembrano dividere più che unire.
Sono ognuna isolata dall’altra. Servono per fornire protezione, rappresentano un po’ la paura.
La struttura dell’opera è leggera, i rami dove sono appese le casette di cartone sono fragili.
I suoi “shell” sembrano megaliti o pietre arcaiche, ma sono fatte di cenere e sono leggerissime.
Il suo “globe” appoggiato su di un’asta è fatto da fasce di ferro arrugginito e si muove con il vento.
Sembra il racconto della condizione umana, con la corrosione del tempo e la leggera instabilità del suo movimento.
Conclude Nicola Scaglione: “La scultura ha immediatamente in sé qualcosa di archeologico, di primitivo.
Occupa uno spazio, diventa una presenza. Ogni volta che ho chiesto agli artisti di parlarmi delle loro opere mi hanno sempre risposto iniziando a parlarmi dei materiali che hanno usato e dell’influenza che hanno ricevuto mentre li lavoravano. Lo scultore ha una relazione fisica con la sua opera, lui stesso ne viene trasformato. Questa mostra porta qui, alla galleria 27ad, opere di 6 giovani scultori assolutamente diverse tra di loro con l’obiettivo di offrire una interessante panoramica di ricerca sulle diverse realtà espressive contemporanee”.
Ufficio stampa: B@bele Comunicazione
Barbara Mazzoleni tel.320.8015469
info@babelecomunicazione.it
Inaugurazione: 13 ottobre 2010, ore 18.30
Galleria 27AD
via Broseta 27, Bergamo
Orari: da martedì a sabato 15.30-19.30. Chiuso domenica e lunedì
ingresso libero