Fate. La mostra delle ceramiche raku realizzate dall'artista e' un insieme di ritratti di fate che costituiscono una fiaba-racconto. La tradizionale regola pittorica che invita a segnare la distanza compositiva tra 'figura e sfondo' si fa sfumata.
A cura di Luigi Castagna e Paolo Nesta
A Giuliana
La consistenza materica del rilievo in ceramica, applicato alla tavola di supporto, assume valore diverso in ciascuna opera, per effetto dell’amalgama cromatico, opportunamente studiato, con l’obiettivo di ridurre il più possibile la necessaria discrepanza tra figura e sfondo. Tuttavia, ad attenuare la loro reciproca ‘distanza e differenza’, sullo sfondo e in posizione intermedia o di accavallamento tra questo e l’immagine dominante, costituita dalla figura principale, sono disposti inserti – foglie, piccoli animali, fiocchi di neve e minuti astri.
La tradizionale regola pittorica, che invita a segnare la distanza compositiva tra “figura e sfondo” – l’esempio classico è il ritratto – nell’immaginario di Giuliana Cusino, si fa sfumata, volutamente incerta.
Un ulteriore motivo di articolazione di quella impressione di ‘spaesamento’, che si ricava dalle sue ceramiche, deriva, appunto, da quegli inserti. Essa è favorita dall’intensità e dalla ricchezza policroma, deliberatamente ricercata e ottenuta con il ricorso alla tecnica raku, abilmente studiata nei segreti risvolti delle sue straordinarie potenzialità creative.
Ma quell’effetto percettivo, ricavato dalle risorse tecnico-formali messe in campo, non si riduce esclusivamente ad una piacevole soluzione visiva. Se infatti, separando e scandendo i livelli di ‘lettura’ delle opere, procediamo ora ad individuare la loro valenza iconografica, incontriamo il tema della “fata”, che è assolutamente peculiare a ciascuna tavola e nello stesso tempo appare disposto a comporre una successione seriale di sue interpretazioni. Perciò non si può, né si deve trascurare che ciascuna sia opera a sé, ma è altrettanto determinante considerare come tutte insieme siano accomunate in un solo progetto, in una fiaba-racconto.
La circolarità d’intenzioni, che se ne ricava, desunta dall’analisi iconografica – la (stessa?) fata colta, o se vogliamo ‘ritratta’, in diverse pose e circostanze temporali e simboliche – interviene a mettere in discussione l’identità del soggetto. Non si tratta di repliche, ovvero di banali copie. La pluralità delle immagini sul tema ricorrente - il principio adottato della ‘variazione’, come in musica - non è solo ripetizione, ma profonda reinterpretazione. Che scivola quasi impercettibilmente dall’una all’altra composizione, in una danza intessuta di reciproci richiami ed interferenze e, insieme, di sottolineature di diversità e di trasformazioni in atto. Si direbbe, anzi si è detto sopra, esattamente come avviene in ciascuna tavola, in quella sua volutamente indefinita relazione tra figura e sfondo.
Procedendo nell’analisi fin qui condotta sui primi due livelli, passiamo ora al terzo, che mi pare mantenga vivi tutti i tratti ‘trascoloranti’ dei precedenti. All’interno di ciascuna opera e nell’insieme, nella loro relazione reciproca, si assiste ad una puntuale compenetrazione dei piani interpretativi. La fata, che compare in tante vesti diverse – ad esempio, come Eva e la mela, come giovane e in versioni invernali, nella notte, sognatrice e rianimatrice del deserto, in attesa di un bacio (che potrebbe essere la stessa situazione affettiva e simbolica del caso precedente), o ‘dea’ del mare – si veste dei panni della donna antica e moderna e di questa interpreta attese, ansie, sogni, aspettative e volontà di affermazione personale.
Ma infine, nel suo incessante e incompiuto trapassare tra la dimensione del sogno-fantasia e la legittima pretesa di compiutezza auto-identificativa, emerge il valore del messaggio artistico e di libertà, che, mi pare possa riconoscersi come un’attualissima reinterpretazione dell’ottocentesca Alice di Lewis Carroll.
La coloratissima e lucente materia ceramica assume la consistenza dello specchio, che riflette e nello stesso tempo si lascia continuamente e creativamente attraversare e riattraversare, almeno dalla fata-Alice-Giuliana.
Paolo Nesta
Il mondo delle fate
Quest’autunno, Giuliana Cusino ci fa volare nel mondo delle fate. Osserverete donne colme di una selvaggia genuinità, donne incantate profumate da simboli magici. Sono fate che attraggono con i loro occhi possenti, occhi in cui si rispecchia l’alter ego animale che si cela in fondo alla loro anima. Sono vive, sembra che vogliano raccontare un segreto mentre le si guarda.
In ogni tavola s’intravede la spiritualità del ritmo simbolico che dona Giuliana ai suoi capolavori, un universo in ognuna di esse, così, la donna e il suo spirito misterioso, in questo caso la fata, insieme agli elementi della natura come la terra, l’acqua, il mondo animale, il mondo vegetale, un tutt’uno pieno di ciò che è necessario, dove il senso del messaggio arriva direttamente senza bisogno d’interpretazioni. Si potrebbe definire come un riassunto dell’universo femminile tipizzato nel mondo fatato.
Sono le dee della natura che proteggono i nostri sogni all’avvento della luna, quando i cuori sono fermi e lo spirito s’innalza. Avvolgetevi tra colori, sensualità e magia, evocati in ceramica raku, godete di questo paradiso incantato da splendide fate imperiose che proteggono il cosmo. State attenti, perché se le guardate troppo a lungo, potrebbero avverare qualcuno dei vostri desideri.
Clara Isabel Precioso Garcìa
La mostra è inserita nell'ambito de "La Terra del Fuoco" IX Mostra della Ceramica D'autore - Avigliana (TO)
Immagine: E nel deserto fiorirono le rose, 49x67, 2010
Inaugurazione: sabato 16 ottobre 2010 alle ore 17,00
Arte per Voi e Dante Selva. Officina d’Arte
Piazza Conte Rosso, 1 - Avigliana (TO)
Orario: venerdì, sabato e domenica 15-19