Il limite della normalita' e' cio' con cui l'artista da sempre combatte. Calignano crea scenari inusuali, metafisici, in cui piu' corpi compaiono in rapporti di prossimita' assolutamente nuovi e rispetto ai quali lo spazio fisico e quello vissuto non dicono abbastanza. A cura di Laura Garbarino
A cura di Laura Garbarino
Opening sabato 12 ottobre 2002 dalle ore 18.30 in poi
Fino al 28 novembre 2002
"La realtà è pura illusione, anche se un'illusione persistente" Einstein
Un enorme, solido peschereccio infilzato da imbuti colorati, una scala in ferro che ridisegna il profilo di una montagna e un oggetto astratto, base autonoma del peschereccio stesso, sono i tre personaggi che 'stretti stretti' troveranno vita all'interno della galleria Perugi.Il lavoro di Pierluigi Calignano verte sull'utilizzo di diversi paradigmi espressivi, gioca con l'ambivalenza e la molteplicità dei significati per inventare nuove relazioni di senso. L'artista dimostra che esistono angolazioni differenti per guardare la medesima cosa e apre, così, nuove porte alla fruizione del mondo.Il peschereccio è un oggetto mentale ed ipotetico, la proiezione di un ricordo, che conserva in sè la propria negazione. Un'orizzonte a mezz'occhi, disegnato dalla scala, oggetto misterioso, essenziale nella sua forma e soprattutto unico, in quanto si serve solo di sè stesso per rappresentare un concetto così grande.Gli oggetti di Calignano sono, come lui stesso definisce, "presuntuosi", perchè vogliono essere qualcosa di diverso da ciò che rappresentano tentando di superare dei limiti imposti. Il limite della normalità è ciò con cui l'artista da sempre combatte. Calignano crea scenari inusuali, metafisici, in cui più corpi compaiono in rapporti di prossimità assolutamente nuovi e rispetto ai quali lo spazio fisico e quello vissuto non dicono abbastanza. Può diventare un gioco come una filosofia. Per lui è vita.
Laura Garbarino
"NON E' SOLO... E' ANCHE AL CONTRARIO"
"E' necessario liberare tutte le cose, permettere loro di entrare in libere unioni, proprie della loro natura (...) creare tra le cose e le idee nuovi vicinati che rispondano alla loro effettiva natura" M. Bachtin
"Non è solo.. è anche al contrario" è un prestito letterario sgrammaticato che ho rubato dalla bocca di Pierluigi Calignano. Lasciando libero il pensiero anche le sue parole seguono un proprio corso e si abbinano, combaciano, si trasformano in una maniera del tutto atipica.
Se è vero che vediamo quello che pensiamo o quello che ci hanno abituati a vedere allora il mondo diverrebbe presto l'ombra delle nostre idee e non potremmo stupirci di fronte alle creazioni di Pierluigi Calignano.
"L'importante è meravigliarsi di quello che si è fatto e di come lo si è fatto", mi scrisse Pierluigi in una mail.
Il lavoro di Calignano potrebbe essere inteso come uno continuo studio di confini.
Limiti di visione, limiti di significato, limiti tra i corpi ed i loro rispettivi regni naturali d'appartenenza, inclusioni, confusioni di identità e coerenze. I confini precari con cui lavora Calignano sono limiti porosi in cui avvengono scambi non previsti.
Le sue opere hanno la capacità di trasgredire i rimandi, stravolgere le distanze, capovolgere o annientare le gerarchie a cui il nostro sguardo e pensiero sono abituati.
Un peschereccio, una montagna, due basi fuggite al loro usuale compito di supporto sono i personaggi di questa personale.
In seguito ad opere come il "Vogatore Monco" 1997, ed il sommergibile "13: con un pò di calma" 2002, Calignano continua la sua ricerca da tempo legata al tema dell'acqua inseguendo un filo sottile che lo porta al concepimento del Peschereccio.
Il Peschereccio è un oggetto mentale, una costante dell'immaginario dell'artista, un ricordo non passato che conserva in sè il tempo ed il suo fluire.
Il Peschereccio è un corpo in divenire ai cui confini hanno luogo innumerevoli scambi e metamorfosi che ne impediscono qualsiasi rigida delimitazione. Attori dello scambio sono una squadra di imbuti colorati, tesi verso l'interno come risucchiati dallo scafo. Una costruzione solida, un puzzle di figure geometriche tenute insieme da giunti d'acciaio che drammaticamente cuciono la pelle della nave.
Gli imbuti permettono all'acqua di penetrare il solido scafo che già si connota nel suo nascere come oggetto inutile, un relitto: resistente per la materia, impertinente per carattere. Forse per questo si è conquistato il ruolo di opera d'arte.
Vivrà di acqua nell'acqua, è pensiero del passato e ossessione del presente. E' un momento immobile sul fondo del mare, una storia immutata ed eterna, un eroe di avventure fantastiche, un alter ego oggettuale del Frankenstein di Mary Shelley.
Una scala di acciaio flessibile alle spalle del peschereccio si erge a montagna ridisegnandone il profilo acuminato. Quest'opera fa parte di un altro genere di scultura, nasce da un diverso processo mentale dell'artista. E' un'opera quasi metafisica, che si lega ad una più ricca simbologia e a rimandi letterari di precedenti lavori quali "Il tubo"
(bicicletta la cui ruota davanti viene sostituita con una di taglia minore-1998) e "Il Freno" (scala d'acciaio montata su quattro ruote con un manubrio finale ed il freno legato casualmente ad uno dei montanti-1998).
Una sorta di ready-made dal sapore duchampiano, la scala si serve solo di se stessa per rappresentare, anzi, per essere Montagna.
Gli oggetti utilizzati da Calignano sono oggetti quasi-normali, dove il quasi è molla che libera l' immaginazione e disegna nello spazio i contorni di un sogno. Sogno nel sogno come lo specchio che Alice trapassa alla ricerca dell'orologio del coniglio.
La scala è sola, utilizza i suoi snodi per trasformarsi in qualcos'altro, si modella in una linea, perdendo la sua corporeità frontale, si assottiglia in un profilo accennato, un segno.
Gli oggetti, in realtà , non sono altro che segni e in quanto dotati di significato, sono interpretabili in modi differenti in differenti contesti.
Ogni segno non si esaurisce mai in un unico percorso interpretativo ma mantiene un certo residuo non interpretato. E' da questo scarto che si dischiudono altri significati ed è su questo limite che costruisce le sue opere l'artista. In questo essere segni irriducibili a qualsiasi contesto, che ne voglia de-finire il significato, le macchine di Calignano prendono vita.
Alla fine resta sempre qualcosa di non-detto, qualcosa di sottointeso appena rivelato, qualcosa che nel momento in cui si crede di averlo afferrato scivola via e si disperde in possibili possibilità .
La 'possibilità di essere' è il concetto fulcro delle creazioni di Pierluigi. Ogni suo oggetto è se stesso e contemporaneamente qualcos'altro. Il processo in cui avviene questa metamorfosi non è casuale, ma è talmente veloce che neppure la coscienza dell'artista lo percepisce pienamente. Pierluigi lo spiega usando una metafora: "la traiettoria del fuoco". E' come tentare di fissare il fuoco e tracciar una mappatura delle sue fiamme: sfugge, ma la vedi, ne sei cosciente in un attimo ma la perdi nell'attimo seguente e quando la ritrovi è già cambiata nell'istante immediatamente successivo.
E' un gioco di contraddizioni e di incertezze. La contraddizione affascina perchè è ciò che distingue gli uomini dagli angeli, dagli animali e dalle macchine. L'incertezza, invece, come scrisse Pierluigi, sembra essere la soluzione di molti problemi.
Nelle sue opere esistono infiniti piani di lettura, tanti quanti sono i partecipanti a questo pantagruelico banchetto di figure.
La 'possibiltà di essere' non toglie nulla all'opera stessa, le infonde anzi forte personalità e identità propria. Essa crea un dialogo col pubblico, apre una serie di strade che permettono di vedere soluzioni. Pierluigi obbliga, quindi, con la sua arte lo spettatore e il lettore a trasformarsi in artista e in poeta.
Ogni punto di vista è un altro orizzonte e un ulteriore campo di senso. Partendo dall'idea che non esiste un modo imparziale ed innocente di concepire il mondo, che ogni vedere è già un vedere da una determinata angolazione e quindi un interpretare, la 'possibilità di essere' si moltiplica all'infinito.
Calignano spinge il significato delle cose oltre il limite consentito, assumendo che ci siano dei limiti al di là di quelli che ci imponiamo noi stessi.
La sua forza risiede nell'abilità di distruggere il condizionamento ideologico a cui tutti i corpi sono soggetti, affrancandoli dai falsi legami che li costringono a dei vicinati consueti, consentendo loro di entrare in libere ed insolite unioni.
Chiudo queste poche righe che mi stanno così a cuore con un'altra citazione rubata al repertorio di Pierluigi che lascia comprendere ancor meglio la caparbia semplicità di un pensiero così complesso "E' come quando il più grande filosofo del mondo, osservando per tanti anni il mare disse 'quant'acqua!''.
Laura Garbarino
Immagine: Pierluigi Calignano, "N° 14 studio sul movimento" legno e imbuti di carta, 2002
Orario: lunedì- sabato 17.30 - 20.30
mattina e festivi su appuntamento
Perugi artecontemporanea
via Altinate, 66
35121 Padova Italia
tel. & fax 0039 049.663.996