Galleria Folini Arte Contemporanea
Chiasso
via Livio, 1
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WEB
Gino De Dominicis
dal 10/10/2002 al 9/11/2002

Segnalato da

Renato Folini


approfondimenti

Gino De Dominicis



 
calendario eventi  :: 




10/10/2002

Gino De Dominicis

Galleria Folini Arte Contemporanea, Chiasso

Gino De Dominicis (Ancona 1947 - Roma 1998) personalita' artistica a livello internazionale fra le maggiori del dopoguerra, certamente tra le piu' articolate e complesse, pittore, scultore architetto, che non si e' mai curata di essere in sintonia con le sempre piu' frequenti ed eclatanti novita' artistiche.


comunicato stampa

Opere

La galleria Folini Arte Contemporanea nella nuova sede di Chiasso, dopo le prestigiose esposizioni di maestri storici quali "Emilio Vedova", "Achille Perilli da Forma 1 agli anni Novanta" e la collettiva " Bonalumi, Castellani, Melotti, Perilli, D'Oora" presenta ora una selezionata rassegna di opere di Gino De Dominicis.

Gino De Dominicis (Ancona 1947 - Roma 1998) personalità artistica a livello internazionale fra le maggiori del dopoguerra, certamente tra le più articolate e complesse, pittore, scultore architetto, che non si è mai curata di essere in sintonia con le sempre più frequenti ed eclatanti novità artistiche. Inizia ad esporre nel 1966. Non attribuirà alcun valore documentario significativo alla fotografia, affiderà il suo messaggio unicamente alle proprie opere rifiutando il gioco pubblicitario e d'immagine del sistema dell'arte, non appronterà mai cataloghi relativi alla propria opera e le difenderà da qualsiasi riproduzione; come si opporrà alle contaminazioni multimediali sempre più in voga."La "contaminazione" tra i linguaggi è sempre stata in una sola direzione: i vari linguaggi "artistici" hanno sempre attinto o copiato dalle arti maggiori e mai viceversa." GDD.

Notissime alcune sue opere erroneamente considerate concettuali, come "2° soluzione di immortalità" rapportato da Eugenio Montale, nel suo discorso ufficiale all'Accademia di Svezia in occasione del conferimento del Premio Nobel, al linguaggio di Rembrant e Caravaggio nelle loro epoche, o come Mozzarella in Carrozza del '70, dove De Dominicis, smentendo Duchamp, ironizzando, dimostrava che il contenitore - il luogo espositivo- non trasmutava l'oggetto messo in mostra. De Dominicis è sempre stato avverso alla performance che riteneva linguaggio del teatro, le sue "azioni" erano considerate dall'artista parte della propria poetica nello specifico del linguaggio filmico.

Indubbiamente il De Dominicis più grande è quello pittore, inventore di fantastiche immagini ispirate all'arte "prediluviana", ai mitici eroi dell'epopea sumera narrata nelle gesta di Ghilghamesh (re artista) e Urvasi (dea della bellezza), figure e pittura di inusitata ricercatezza formale, di straordinaria forza psicologica introiettiva e di rinnovata forza e potere mitopoietico. Di converso i grandi risultati estetici di De Dominicis sono ottenuti con una minima varietà di mezzi espressivi: le tempere, spesso monocrome, la matita, la tavola. "Chi non crea opere d'arte con il disegno e la pittura, non lo fa per una propria scelta, molto più semplicemente non è capace di farlo." GDD.
Preso la Galleria Folini saranno esposte un importante, selezionato gruppo di raffinatissime opere pittoriche dalle tecniche e tematiche più peculiari dell'artista.
Scrive D'Oora nella presentazione: "figure, forme, apparenze, ieroscopie, che sono state e sempre saranno verità profonde: da qui la grande attrazione, il magico magnetismo, che queste piccole opere esercitano. Il loro fascino, la forza d'attrazione, la straordinaria bellezza che irradiano, nasce dal fatto che, a fronte di un'immagine apparentemente di contenuta complessità - la pittura di De Dominicis è altra, differente, contraria alla frammentarietà dello spazio, opposta all'indifferenza della modernità, si installa nel tempo, oltre la storia,- si ha un eccesso d'intensità comunicativa, sia in senso contenutistico, sia di partecipazione emotiva: qui i sentimenti possono corrispondere alle fabulazioni mitiche, qui i sogni sono portatori di conoscenza e verità."

Tra le sue mostre più importanti, di Gino de Dominicis si ricordano: Modern Art Agency, Napoli 1973, Galleria L'Attico, Roma 1974, Galleria P. Monti, Roma 1977, Galleria Pieroni, Roma 1979, Galleria La Salita, Roma 1980, Galleria Sperone, Roma 1982, Galleria Sprovieri, Roma 1983, Museo Capodimonte, Napoli 1986; ha partecipato a: VII Biennale di Parigi 1971, XXXV Biennale di Venezia 1972, Studio Canaviello, Roma 1976, XXXIX Biennale di Venezia 1980, Centre Pompidou, Parigi 1981, Documenta VII, Kassel 1982, Castello Colonna, Genazzano 1986, ecc.

La galleria Folini Arte Contemporanea, proseguendo nella sua proposta di coinvolgimento culturale, affida la presentazione di quest'importante esposizione, a due operatori fortemente coinvolti nell'evoluzione dell'arte contemporanea: Domenico D'Oora pittore e Maurizio Medaglia poeta, da tempo entrambi impegnati a in un'attività di militanza artistico- critica volta alla ridefinizione del ruolo dell'intellettuale e alla individuazione di nuove estetiche.
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Gino De Dominicis

Un giorno del 1969 l'uomo saliva alla Luna; nella notte, con gli occhi levati al cielo, già si percepiva che stava accadendo ciò che neanche ai futuristi, con i loro ardimentosi proclami, era riuscito: quel chiarore promanato dall'argentea sfera, nelle sue cicliche variazioni, da cui l'uomo per millenni aveva tratto auspici e ispirazione, mai più avrebbe avuto la medesima virginea, magica intensità.
Alla Luna, al suo rilucere nella notte, da sempre sono connesse figure, luoghi mitici. Dell'evento, anche chi vi ha assistito illuminato dal baluginare degli schermi dei televisori, si conserva un ricordo sbiadito: il piede dell'astronauta inguainato nella tuta spaziale che esitante si protende a raggiungere il suolo, il suo marionettistico ballonzolare sulla superficie del satellite e, sullo sfondo, il buio cosmico, tradotto dalle Tv in bn di allora, in un grigio insulso. Nulla, assolutamente nulla, che avesse una dimensione mitica, nulla che potesse ricordare che la luminescenza misteriosa di quello sferoide, albergava nei miti più antichi e profondi, nulla che potesse ricordare che, in fin dei conti, lassù nello splendore celeste, un tempo, dimoravano le prime divinità, Esseri Supremi, degli antichi egizi e dei sumeri, nulla che si potesse avvicinare o paragonare alle imprese di Ghilgamesh il corrusco, mitico eroe dei sumeri.

L'opera di Gino de Dominicis (1947 - 1998), artista a livello internazionale fra i maggiori del dopoguerra, è certamente tra le più articolate e complesse, soprattutto non si è mai curata di essere in sintonia con le sempre più frequenti ed eclatanti novità artistiche, rivolgendosi decisamente ad un universo determinato da atemporali riflessioni metafisiche che pongono in gioco le stesse motivazioni dell'esistenza. Lo stesso alone di mistero, l'aura mitica che riveste la personalità dell'artista, sono la manifestazione di una sovrumana volontà di sfuggire le logiche e le strategie della spettacolarizzazione dell'arte. Ne è conferma il fatto che - nonostante gli straordinari successi e riconoscimenti internazionali, il Premio Internazionale della Biennale di Parigi, e le varie partecipazioni alla Biennale di Venezia, al Beaubourg di Parigi, al MOMA di New York, il rifiuto di partecipare a Dokumenta a Kassel nel 1982 - De Dominicis si sottrarrà al pubblicitario rito di concedere interviste. Il qui ed ora, la ricerca dell'attualità, l'accettazione dell'effimero e del banale che contraddistinguono il procedere dell'arte contemporanea, esulano totalmente dall'opera di De Dominicis che, con passo gigantesco, rivolge il proprio sguardo ai temi della filosofia perenne, dell'eterno, del tempo piuttosto che dello spazio, individuando e ponendo al centro della propria poetica la civiltà, recuperata come nostalgia del mito, di quei grandi divinatori delle volontà manifestate dagli astri rilucenti nelle profondità celesti che furono i sumeri.

L'opera di Gino De Dominicis attiva un costante porre in relazione la concezione che abbiamo del presente con elementi, immagini che, più che da un passato storico o archeologico, paiono nascere da una sorta di attività divinatoria onirica in grado di creare un nesso con un mitico passato direttamente, per analogia, con la considerazione che si ha di noi stessi come individui nel nostro divenire. La decisa enigmaticità delle opere pittoriche di De Dominicis - ed anche di tutte le altre, basti pensare a Con Titolo, il gigantesco scheletro, una ventina di metri, supino al suolo dallo spropositato naso a becco- è capace, al primo incontro, di gettare nello sconcerto l'osservatore che intuisce di trovarsi di fronte a meditazioni che esulano il vissuto quotidiano ma che, comunque sono la necessità, la sostanza ultima, del nostro esistere. Il passato, il destino che non è stato, figure, forme, apparenze, ieroscopie, che sono state e sempre saranno verità profonde: da qui la grande attrazione, il magico magnetismo, che queste piccole opere esercitano. Il loro fascino, la forza d'attrazione, la straordinaria bellezza che irradiano, nasce dal fatto che, a fronte di un'immagine apparentemente di contenuta complessità - la pittura di De Dominicis è altra, differente, contraria alla frammentarietà dello spazio, opposta all'indifferenza della modernità, si installa nel tempo, oltre la storia,- si ha un eccesso d'intensità comunicativa, sia in senso contenutistico, sia di partecipazione emotiva: qui i sentimenti possono corrispondere alle fabulazioni mitiche, qui i sogni sono portatori di conoscenza e verità. La pioggia di stelle, i Ghilgamesh, le mani luminescenti dalle coniche dita che dal buio sospingono sfere, i visi di aristocratiche, iperumane figure nasute avvicinate in appassionati, fluttuanti connubi, che appaiono in partecipi atteggiamenti, effusivi ed incuranti degli sguardi degli umani, nel loro disegno - quasi a voler chiamare in causa l'origine dell'arte moderna - di singolare sintesi cubista, si delineano determinati e netti, titanici, ma dal significato a noi sfuggente, altero e oscuro come può essere solo la volontà, l'azione, l'apparire di una divinità, di un mito.
Manifestazioni, particolari di un tutto inafferrabile, solo intuibile come mancanza, nostra incompiutezza, versante prezioso di una mitica totalità perduta, visibili o nascosti dal controluce di neri profili, di intrudenti nobili silhouettes che si stagliano, perfettamente definite, su porpore regali, su blu di notti profonde senza tempo, e dove invano cercheremmo particolari esistenziali, ritrovando solo conturbanti allusioni, splendenti indizi, aurei frammenti incorrotti.
L'irrinunciabile presenza del mito, la nostalgia del suo ripresentarsi, l'immenso peso di inattuali - o attualissime - riflessioni, è alleviato da De Dominicis con fascinosa, costante, raffinatissima ironia. Ironia che, come le figure e la pittura che la sostengono, non può essere data che dalla giusta misura, dalla consapevolezza, dalla vertigine di avvicinarsi al senso delle cose ultime.

Un giorno del settembre 1992 un'inusitata sfera luminescente attraversò, a straordinaria velocità, l'atmosfera. Il giorno susseguente quotidiani e Tv parlarono di fenomeno inspiegabile: Renato Folini e Domenico D'Oora, casualmente dislocati assistettero all'evento, si sarebbero conosciuti di lì a poco, ma entrambi già conoscevano l'opera di Gino De Dominicis
Domenico D'Oora

Presentazione: Domenico D'Oora - Maurizio Medaglia

Inaugurazione: 11 ottobre ore 18.00

Orario: Orario da martedì a venerdì 14.00 - 18.30 sabato 10.00 - 12.00 / 14.00 - 18.00 o su appuntamento.

Galleria Folini Arte Contemporanea - Via Livio 1(CH) 6830 - Chiasso
tel. +41 (0) 91 - 683 01 88

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