Percorsi. 'Tutte le opere recenti della Masserini documentano, con coerenza e con una calma ma costante progressione qualitativa, l'affermarsi di una figurazione sui generis dall'eccezionale poeticita'.' (D. Montalto)
La Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Cappello 17, il prossimo Sabato 15 gennaio 2011, alle ore 17.00, inaugura la mostra personale dell’artista Patrizia Masserini intitolata "Percorsi”.
L’artista sarà presente all’inaugurazione e ci sarà un intervento del Prof. Federico Severino.
L’OMBRA DELLA REALTA’
di Domenico Montalto
“La solitudine assoluta non esiste. Esiste soltanto la solitudine crudele verso chi aspetta”: così Elias Canetti in un testo del 1946. E anche noi, invano, aspettiamo che le donne e gli uomini raffigurati da Patrizia Masserini si curino di noi, noi che ne ammiriamo la bellissima pittura sulla quale sembra sempre depositarsi, come un manto di melanconìa, l’ombra affocata d’un tramonto inesorabile. No, le donne della Masserini, giovani vestali di una bellezza glamour contemporanea e metropolitana, non si curano di noi, ripiegate come sono solo su sé stesse, casuali e distratte, senza mai incrociare lo sguardo altrui, estranee a ciò che le circonda, a tutto ciò che pur descrive la nostra condizione quotidiana: le luci notturne della città, il traf-fico che è il respiro rantolante del gigante urbano, un vagone della metropolitana dai cui finestrini volti anonimi fissano il niente.
Intangibili, le figure della Masserini trascorrono, si soffermano per un solo labile istante, destinate a fuggire da noi, anche quando paiono mettersi in posa, dominare con la loro centralità lo spazio e l’assieme del qua- dro. Fuggono, le sinuose e struggenti comparse della Masserini, esprimendo una sorta di straniamento universale, quasi a defilarsi da tutto, quasi a voler uscire di scena, realizzando quel desiderio personale e collettivo di rotta e di diserzione che è il sintomo della malattia spiri-tuale di un’epoca e di una civiltà, e a cui ha dato voce un altro grande della letteratura con- temporanea, Gunter Grass: “...Andare un momento a comprarsi le sigarette dietro l’angolo e non tornare mai più, volatilizzarsi per sempre”. Pur attra-versando strade e autostrade, stazioni e periferie – i luoghi per eccellenza della relazione e della comunicazione – i protago-nisti dei dipinti di Patrizia sono in fuga dal mondo; forse sono angeli, visitatori spaventati dalla volgarità del presente, dal cumulo di dolore che schiaccia ogni vita. Fuga è titolato, emblematicamente, un olio del 2005 raffigurante una giovane don-na che attraversa una strada urbana con marciapiedi percorsi, in lontananza, da passanti che sono silhouettes sommarie, quasi manichini metafisici. E in effetti un clima pressoché metafisico, di interrogativo e di enigma, di attesa d’un evento che non accadrà, pervade le composizioni della Masserini, conferisce loro un’atmosfera visiva ibrida e singolare, come a fondere e “contaminare” suggestioni culturali diverse ma pari- menti epocali. L’artista di Gazzaniga, con mezzi espressivi raffinatis-simi e oggi di raro riscontro per qualità, lavora infatti su una sottile sutura, unendo - con una cifra stilistica riconoscibile, di assoluta novità ma anche formata sulla lezione del passato - mondi e retaggi apparentemente distanti e inconciliabili: unendo cioè il versante “esistenziale” della pittura figurativa della prima metà del XX secolo – quel filone dell’angoscia, della crisi e del disagio antropologico che da Hopper giunge a Giacometti e quindi a Bacon e al Realismo Esistenziale italiano del Do-poguerra – all’interesse contemporaneo per le visioni urbane, per le iconografie di riporto dai codici visuali e virtuali dei mass media, delle riviste patinate, della moda, della pubblicità, della fotografia, della televisione, del cine- ma, del videoclip.
Indubbiamente, nei dipinti della Masserini la percezione visiva dell’urban life, della vita moderna, assurge a una sorta di epi-cità, di classici- tà che vuole riscattare la povertà di senso del vivere contemporaneo assegnando quelle immagini “ordina-rie”, di routine, di superficie, (icone di quella che i sociologi definiscono l’attuale “società liquida”: alienante, kafkiana, relati-vista, priva di riferimenti forti) allo statuto e al regno della pittura. La pittura: ovvero la “poesia che si vede e non si sente”, come la definisce Leonardo da Vinci nel suo Trattato. Tutte le opere recenti della Masserini documentano, con coerenza e con una calma ma costante progressione qualitativa, l’affermarsi di una figurazione sui generis dall’eccezionale poeticità, in cui convivono gli opposti di una realtà oggettiva vista con gli occhi della soggettività, dell’io interiore, tradotto in un trattamento pittorico che sfoca i dettagli per privilegiare il soggetto, la figura. Quest’antinomia risulta qui caratterizzata soprattutto dal coesistere, in pictura, di due “temperature” in-terne, anch’esse estreme: il caldo e il freddo. Il “caldo” del colore violento, di matrice espressionista – un registro personalis-simo di rossi, di blu, di arancioni, di viola, di verdi – e il “freddo” del sentimento, della visione che prende le distanze, che partecipa della realtà senza però immedesimarvisi totalmente, quasi lasciando un’alea di non detto.
Spesso i personaggi di Patrizia coabitano, ignorandosi, in stanze chiuse e spoglie, o meglio in spazi simulati, antirealistici, an-tiprospettici, claustrofobici, esibendo attoriali posture, nudità atletiche e sontuose, dalla squisita fattura accademica: dorsi, torsi, braccia, mani che paiono dipinti da uno scultore, tale è la loro plasticità, la loro carnale, nervosa verosimiglianza che evidenzia l’antica predilezione e ammirazione dell’autrice per la scultura di Michelangelo, soprattutto per il “non finito” mi-chelangiolesco, ovvero il linguaggio sommo del tormento moderno, che la Masserini traduce qui a modo suo, ora graffiando in parte le figure, con gesto secco e iterato, come a negarne la perfezione formale, ora lasciandole deliberatamente a uno stadio di non finito. Talora le figure – che non sono veri e propri ritratti ma sempre e comunque fisionomie molto caratte-rizzate psicologicamente – si affollano nel medesimo spazio, come in Direzioni quotidiane, un olio del 2001 che esprime l’estraneità reciproca di individui nomadi, impegnati in un perenne movimento ma deprivati di una meta finale, di un destino in cui riconoscersi. Altrettanto avviene in Nulla da dire, in Percorsi, in Occhi lontani, tutti quadri in cui l’artista moltiplica te-ste e fisiognomìe in un cinematografico dissolversi di piani, in un virtuosismo di dissolvenze incrociate, esaltando la bellezza dell’anatomia e del model- lato ma ignorando, nello stesso tempo, qualsivoglia dettaglio d’ambiente o aneddoto narrativo, in un gioco teatrale di luci, di controluci, di alteluci ispirate al chiaroscuro netto, perentorio, drammatico di Caravaggio, mae-stro storico che Patrizia, gran bergamasca, non può non amare. Come in un dramma di Ibsen o in un copione di Bergman, su tutto grava un’aria di provvisorietà, di incomunicabilità, di perplessità, di nigredo spirituale che rende quei corpi incerti del loro stesso esistere, come a voler mettere in dubbio quell’essere corporeo che è la nostra unica certezza filosofica, l’unico dato di fede fornitoci dalle apparenze. Anche i titoli, che l’autrice sceglie con attenzione scrupolosa e infallibilmente poetica, comunicano questo dissidio, questo convivere obbligato di bellezza struggente e di spaesamento, di “realismo” e di finzione.
Finzione, perché nell’arte della Masserini la pittura – fatta solo di supporti e di pigmenti – rende palese la propria vocazione di eterno mestiere della fingibilità, di mestiere nobile e difficile della rappresentazione, che esige applicazione e metodo. Tut-ti i quadri dell’artista bergamasca vengono infatti preceduti da una meditata ricerca, da un lento e quasi maniacale lavorìo di studi preparatori, da una serie di schizzi grafici, di disegni e poi di dipinti su carta che non hanno il carattere di abbozzi bensì di modelli già molto perfezionati per quanto riguarda soggetto, composizione, lumeggia- tura, tavolozza. In questi vari stadi di avvicinamento alla versione finale, l’indole pittorica della Masserini – volitiva e bisognosa di autenticità, aggressiva, impul-siva, indocile a ogni leziosità – trova una propria claustrale disciplina e un opportuno freno nell’esigente, sapiente manualità richiesta dal trattamento delle superfici a olio, dalla fusione tonale, dal sovrapporsi delle velature.
Questo tonalismo trova esiti sublimi nei paesaggi, visti sempre al tramonto, sul far dell’ombra, e sempre da un punto di vista mobile, viaggiante, come in Stazione (2003), in Oltre confine (2002), in Linee continue (2000) o nel recente, meraviglioso Luce lontana, tutti documenti di un intrigante immaginario on the road, di un’America vista attraverso la regia dilatata di una visione pittorica magistrale che collima – per attualità e intensità – con altre visioni coeve, ma già entrate nella classicità vi-suale del nostro presente: per esempio con le lente carrellate e i piani-macchina esasperati d’un Venders, o con la realtà fil-trata dall’obiettivo fotografico impietoso di Diane Arbus. Nell’arte di Patrizia Masserini la pittura torna insomma a celebrare i propri fasti di icona del sentimento, di linguaggio dell’immagine refrattario ai concettualismi e agli intellettualismi oggi di maniera, presentandoci una figurazione nuova e affa-scinante in cui domina una realtà re-interpretata, rielaborata in chiave intima, che del visibile ci restituisce - insieme - lo splendore e la problematicità.
Note biografiche
Patrizia Masserini nasce a Gazzaniga, centro della media Valle Seriana poco distante da Bergamo. Non ancora ventenne inizia un’intensa attività espositiva conseguendo importanti premi e consensi di pubblico e critica.
In particolare: 1° Premio Concorso nazionale di Trieste, 1982; premio acquisto Rassegna nazionale Santhià, 1985, 1986 e 1995; selezionata nel 2°, 3°, 4° Premio Murano 1987, 1989, 1991; premio acquisto 1° Rassegna d’arte siciliana, Vittoria (Ra-gusa) 1994; selezionata al Premio Ravenna 1994; invitata al Premio Lissone 1999. Le sue opere sono in numerose collezioni private e in spazi pubblici, tra i quali: Istituto di Ricerca Negri, Bergamo; Volksuniversiteit, Rotterdam; Staats Universita-tsbibliothek, Amburgo; reparto d’Ostetricia, Ospedali Riuniti, Bergamo.
Insegna pittura alla Scuola d’Arte A. Fantoni di Bergamo per undici anni, dal 1982 al 1993, per poi dedicarsi esclusivamente all’attività professionale. Nel 1982 per il comune di Dossena realizza una grande pittura murale e ha occasione di lavorare con alcuni affermati artisti bergamaschi (Scarpanti, Sirtoli, Nicoli, Lizioli, Longaretti, Mazzoleni). Segue, nello stesso anno, la creazione di un’altra opera murale a Villa di Serio. In questo periodo si dedica anche all’incisione calcografica sperimentando le tecniche dell’acquaforte e dell’acquatinta. Nel 1985 l’architetto Don Pino Gusmini fa incontrare Patrizia Masserini con il “frate-poeta” David Maria Turoldo. A quest’incontro segue l’opera Parola e Immagine una cartella di poesie e grafiche che ben rappresentano il pensiero del “poe-ta” “tra- dotto” dalla Masserini in immagini cariche di pathos interiore. La pubblicazione è presentata presso la ProVertova nel 1986 a cura dello stesso Turoldo, relatori Lino Lazzari e Pino Gusmini; successivamente a Trento, presso il Centro di cultura “A. Rosmini”. Nel 1987 viene realizzato un catalogo monografico sull’opera della pittrice con la presentazione di Carlo Franza dal titolo: L’apparenza del simbolo nella pittura di Patrizia Masserini.
Interessante in questi anni l’esperienza di progettazione per il vetro. Viene sele- zionata e invitata a partecipare al Premio Murano a Venezia, dove è presente, nelle edizioni 1987, 1989, 1991, all’Ateneo S. Basso in Piazza S. Marco nelle esposizioni dei pro- getti e relative realizzazioni dei maestri vetrai con artisti del calibro di Licata, Nespolo, Mainolfi, Pozzati, Celiberti, Alinari, Benetton (1987); Strazza, Tadini, Accardi, Bodini, Del Pezzo, Nativi, (1989); Zigaina, Carmi, Dadamaino, Soffianti-no, Plessi, Raciti, Della Torre (1991). Negli anni ’90 si susseguono le presenze in mostre e in fiere d’arte che culminano con una mostra antologica presso il Cen-tro S. Bartolomeo di Bergamo (1991) e la partecipazione a Lineart, Gand (Belgio), ad Etruria Arte, ad Arte Fiera Padova; a Contemporanea, Forlì; ad Arte Fiera Brescia-Montichiari e Vicenza Arte.
Con David Maria Turoldo viene realizzata nel 1991 una nuova cartella di poesie ed immagini, ma la malattia che mina la for-te fibra del “frate-poeta” non ne permette la pubblicazione in quell’anno. Dopo aver lottato con la malattia al termine della messa domenicale del 2 febbraio 1992 Turoldo si rivolge ai fedeli come salutandoli dicendo: “la vita non finisce mai”. La mattina del 6 febbraio si spegne. L’opera editoriale Uomo del mio tempo viene pubblicata nell’autunno 1992 come omaggio al poeta Turoldo e coincide con una mostra che s’inaugura a Bergamo. Nel 1993 presenta a Bergamo la mostra Paesaggi im-probabili con il patrocinio dell’Assessorato Territorio e ambiente della Provincia. Prosegue l’attività espositiva; Bruno Mis-sieri la invita ad esporre a Piacenza; in seguito sono numerose le presenze in diverse realtà come la grande mostra personale alla Torre Capitolare di Porto Venere o la mostra a Bergamo Intorno alla figura (con Bonetti, Bonfanti, Defendi e Visinoni).
Con la presentazione di Tiziana Tiraboschi viene realizzato nel 1997 un servizio televisivo di Bergamo TV sulla pittura di Patrizia Masserini in occasione della mostra Humanitas. Nel 1999 riceve il 1° Premio acquisto dal Comune di Vertova nella XXVIII Rassegna di pittura La bellezza che salva - omaggio a Giovanni Paolo II - patrocinata dal Pontificio Consiglio della Cultura.
Negli ultimi anni l’attività pittorica prosegue senza sosta e nascono nuove iniziative come le mostre presso la Galleria San-soni di Pavia, la Galleria Elga Wicher di Wuppertal, Germania, la Trimarchi Gallery di Jonesboro, Arkansas, USA; Art Choi-ces gallery, Olanda e la galleria Della Pina Arte contemporanea di Pietrasanta.
inaugurazione 15 gennaio ore 17
Arianna Sartori Arte and Object Design (nuovo spazio)
via Cappello, 17 - Mantova
Dal Lunedì al Sabato dalle 10.00 al-le 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30