Emanuela Biancuzzi
Sergio Cascavilla
Pablo Echaurren
Erika Pittis
Prof. Bad Trip
Guido Scarabottolo
Ultrapop
David Vecchiato
Francobolli dalle nazioni funtastiche. Philatelic F.U.N. e' una mostra itinerante che comprende francobolli disegnati da: Emanuela Biancuzzi, Sergio Cascavilla, Pablo Echaurren, Erika Pittis, Prof. Bad Trip, Guido Scarabottolo, Ultrapop e David Vecchiato, introdotti in catalogo da Ferruccio Giromini.
Francobolli dalle nazioni funtastiche
Philatelic F.U.N. è una mostra itinerante che comprende francobolli
disegnati da: Emanuela Biancuzzi, Sergio Cascavilla, Pablo Echaurren, Erika
Pittis, Prof. Bad Trip, Guido Scarabottolo, Ultrapop e David Vecchiato,
introdotti in catalogo da Ferruccio Giromini.
GLI INDEFINIBILI
Ferruccio Giromini
Se ne sono dette tante, intorno all'arte, probabilmente troppe, eppure
chissà quante se ne diranno ancora. L'argomento è quantomai sfuggente, al
fondo imprecisabile. Tot capita, tot sententiae, dichiaravano già i Latini:
ciascuno la vede a suo modo, non c'è un'interpretazione univoca, ognuno ha
le sue preferenze. Così le nostre, oggi, vanno a quell'arte che nemmeno
sappiamo se si possa definire tale (e comunque è meno presuntuosa); vanno a
quegli artisti cui tale denominazione, qualunque cosa significhi, di sicuro
va stretta (e in ogni caso son più simpatici e vitali). A noi soprattutto
piace l'arte indeterminabile, l'estetica inspiegabile, la sorpresa
imprevedibile; noi soprattutto stimiamo gli artisti indefinibili.
Dico noi, ma non è un narcisistico plurale maiestatis; ossia intendo anche
molti di voi che leggete, spero, e almeno due di loro, organizzatori
indefessi, Piermario Ciani e Vittore Baroni, a-a-agitatori culturali di
lungo corso, che alle trasmutazioni della ricerca artistica contemporanea
hanno da sempre dedicato molte energie idroelettriche (leggi: sudore copioso
e crepitii di sinapsi) e un raro senso dell'ironia e del bizzarro. Arte
postale, musica indipendente, ricerca multimediale sono solo momenti,
ritornelli, sottotracce di una suite ininterrotta, tuttora in fieri, a suo
modo omogenea per quanto eterodiretta, curiosa di tutto, sistematicamente
esplosiva, che da un canale ce le suona e dall'altro ce le canta. È anche,
difatti, una forma di militanza esistenziale, che ora opera smistando
documentazione controculturale indipendente, ora progetta strategie di
satira socio-politica, ora combatte tattiche di guerriglia antropologica. Il
nemico è la realtà .
Da tale desacralizzazione il mondo rinasce come nuova realtà simulata o
semplicemente accennata, suggerita, sognata. E, bene o male, ognuna di
queste operazioni è anti-qualcosa. È una dis-operazione? Di sicuro non v'è
disperazione; ma energia vitale, invece, irradiantesi attorno in curve di
flusso tutte sue, birichine, a singhiozzo. E ritroviamo via via - lacerti
rigenerati - il razionalismo irrazionale della Patafisica, la gagliardia
poetica visiva delle pubblicazioni del Futurismo, la perfida svagatezza
Dada, molti nitori tipici della Pop Art, l'esondante irruenza Fluxus, la
provocatorietà sporcacciona dell'underground americano, la filosofica
risolutezza del Situazionismo.
È una creatività indirizzata - tranquillamente - contro l'arte
istituzionale, versus critici e galleristi, addosso all'Ipocrisia. Quindi
anche in opposizione al denaro. Non a caso nei bagnasciuga della marginalitÃ
orgogliosa si pratica tanto volentieri l'interdisciplinarietà : il godimento
del dilettante svagato è di molto superiore a quello del professionista
smagato. Non a caso nella no man's land del gioco metamorfico, nel ribollire
della creazione di personaggi e mondi fantastici, ci si presenta tanto
volentieri con uno pseudonimo o ci si abbandona beati alla pratica del nome
multiplo e delle identità mutanti (Luther Blissett, Lieutenant Murnau...): è
un role playing game dove il giocatore, per una volta, è anche il master che
decide le regole. Non a caso nel casinò sfavillante che tutte le possibilitÃ
di gioco racchiude, ma dove all'azzardo si preferisce il caso, tanto spesso
e volentieri si ricorre alla simbolicità dell'annullo, qui timbrando
(obliterando!) l'opera, qui moltiplicandola all'infinito ed azzerandone il
valore, qui rendendola decisamente immateriale: il piacere della gratuità si
oppone trionfalmente al dovere del commercio e all'ossessione del guadagno.
Non a caso in questa catena di negazioni e nullificazioni, nonostante ogni
proclamato atteggiamento libertario, poi ci si ritrova tanto felicemente
inebriati ad organizzarsi per affinità ; si eleggono le proprie amicizie, ci
si sceglie; sul proprio schermo privato si proietta il proprio scampolo di
utopia possibile; e nelle confraternite tra diversi gli anartisti possono
continuare a cantare: W l'Anartia! In coro e/o da soli.
Tanto più oggi: senza bussole, in un panorama affollato di smargiassi e
caotico di semafori e sensi unici e strade senza uscita.
Invece c'è ancora chi disegna, con la mano, con la matita; chi rappresenta
figure riconoscibili; chi racconta ancora storie; chi non si dà arie
concettuali, eppure continua a fare ricerca, eccome. In Italia, poi! Per
favore non fatemi dire altro...
Solo un'ultima cosa: a noi (a me; a voi, spero; e attenti a quei due)
soprattutto piace questo genere di Freek - ancora indefinibili mutanti
contemporanei, fenomeni da baraccone pittoreschi, forse un po' mostruosi, ma
liberi, sorprendenti, e che ci fanno urlare apparentemente di raccapriccio
ma in realtà di profonda gioia. Free freaks: eek!
EMANUELA BIANCUZZI
Un'adorabile strega, la "Manu". Bionda friulana (Cividale 1970), affronta
l'esistenza con brio, amando quasi più le bestie che gli umani, come si
meritano. Anche per questo dice che le calza a pennello la definizione
"schi-zoo-frenica". Diplomata all'Istituto d'Arte di Udine (grafica
pubblicitaria) e laureata all'Accademia di Belle Arti di Venezia con una
tesi sulla didattica dei comics, a Venezia ha fondato con altre quattro
artiste il Gruppo Mille, proponendo situazioni di arte relazionale in Italia
e all'estero. A Udine, dove vive e lavora, oggi affianca all'attivitÃ
artistica quella di illustratrice, tra collages e pittura su legno. Ma
quando è pittrice, e quando illustratrice? Mah. Cinofila antivivisezionista
e verdeggiante amica della terra, conduce pure laboratori di educazione
all'immagine e didattica zooantropologica. Artisticamente, riflette sulla
propria vita sentimentale (nei confronti di animali e umani) riversando
amicizie amori affetti in forma pittorica. L'espressione è vivace e
caustica, il contenuto autoironico e passionale, i risultati pirotecnici ed
energetici.
SERGIO CASCAVILLA
"Serginho" lo chiamano in Portogallo, sua seconda patria artistica. E, con
Porfirio Villarosa, Serginho è il suo alter ego delirante, dolciastro e
imprevedibile. Ma Cascavilla principalmente vive, si diverte e lavora - tra
pittura, design, illustrazione, scultura - nella natale (1964) Torino. I
titoli delle sue mostre personali paiono già indicativi del suo essere:
"Poltrona Biribissi", "Sex Packets", "Intrepide Avventure", "Eroi di storie
bizzarre", "Pane Amore e Fantasia", "Gran Cucina Ottimo Vin", "Cibo Matto",
"Color Juice", "Disposizione intricata di aneddoti"... Viene
dall'underground, quindi non gli manca quello spiritello anticonvenzionale.
Condensa storie in un'immagine sola, stendendo acriliche tinte pastello su
legno e su gadget, in uno stile pulito e ripulito da caro vecchio "Corriere
dei Piccoli". Aspetto delicato = sospetto di sarcasmo. E il suo universo
stucchevole e kitsch si avvita su se stesso, sfruttando l'inerzia potente
della banalità per proiettarsi su orbite sempre più centrifughe. Designa
intanto anche per Alessi, Mendini, Swatch, Blue Bell, Zanotta...
PABLO ECHAURREN
Pablo Papageno Echaurren (Roma 1951) è figlio di Sebastian Matta, ma non lo
dice a nessuno. Invece, orgoglioso, si basa sulle proprie forze fin dalle
prime collaborazioni scritte e disegnate a "Lotta Continua", lungo gli anni
'70. Le sue prime mostre, alla grande, sono a Berlino, Basilea,
Philadelphia, Zurigo, New York. La copertina del romanzo "Porci con le ali"
ne fa già un imprescindibile cult della generazione del '77. Il policromo
Papageno entra allora come un turbine futurista nel mondo del fumetto -
"Linus", "Frigidaire", "Comic Art", "Alter Alter", "Tango" - confondendo
alquanto le acque e le convinzioni generali quando declama: "Pittura e
fumetto artista perfetto". Sulla linea di Marinetti e Majakovskij, i cui
esplosivi stampati colleziona con ardore e competenza, affina il proprio
linguaggio estetico e poetico, giocando sempre più sulla contaminazione
còlta e sperimentale dei generi e piroettando tra libri e riviste, ceramiche
e manifesti, arazzi e orologi, mobili e magliette. "Verso un'arte virale",
ma con spirito paradossalmente iconoclasta.
ERIKA PITTIS
Un po' si imbarazza, Erikuzza, e un po' si compiace di farsi chiamare in
confidenza così. Ma anche questa strega friulana è giovane (Udine 1973) e va
diritta per la sua strada con poche paure. Eppure non poco inquietante è il
suo Paese delle Meraviglie, fiera circense di colori d'imbonitori e di
stupori d'ipnotizzatori. Donne, donne, soprattutto donne popolano le sue
immagini: specchi di femminilità profonde e/o distorte, che solo per
comodità si presentano ottocentesche o protonovecentesche; in verità sono
femmine eterne e assolute - della stirpe obliqua di Lilith, tuttavia, più
che di quella lineare di Eva. Sembrano quadretti festosamente celebrativi:
invece ricercano la deformità con cattiveria, magari soave ma tale. La loro
signora e padrona, allegra miniaturista sadica e multimediale, le sbatte in
vetrina e poi si occulta a osservare le reazioni del pubblico... Operante
ancora nell'ombra, ha però già vinto un Premio Friuli, ha partecipato a una
Biennale Giovani, ha pubblicato immagini qua e là , e in Francia ha
illustrato con lode un libro di Manuel Vázquez Montalbán.
PROF. BAD TRIP
All'anagrafe è Gianluca Lerici (La Spezia 1963), ma chi se lo ricorda mai.
Lui è un'autorità in viaggi andati storti, il Professor Bad Trip per
antonomasia. Nato e cresciuto ed emerso dalla foresta vergine
dell'underground, ha per ispirazione inesausta la psichedelia. Così il suo
inconfondibile stile "rugoso", selvaggiamente bidimensionale, optical, come
sbucato dal "mondo del sogno" degli aborigeni australiani, ha caratterizzato
pagine e pagine, copertine su copertine, anni dopo anni di stampa
alternativa non solo italiana. Un percorso panoramico? Dalla xilografia
(tratto nero forte) alla serigrafia (tinte piatte a contrasto), dai graffiti
(segni labirintici) alla grafica (rigorosa messa in pagina), dalla scultura
(diploma all'Accademia di Belle Arti di Carrara) alla pittura (la libertÃ
della ricerca). Ora c'è chi lo associa subito al cut-up di William Burroughs
e chi lo identifica con il cannibalismo di Niccolò Ammaniti. Sempre vince
l'allucinazione visiva, l'energia della psiche espansa, il gioioso terrore
della visione di un qualche aldilà . Brividi, nausee, frenesie, urla.
GUIDO SCARABOTTOLO
Ma tutti lo chiamano "Bau": c'è chi dice perché gli manca la parola.
Silenzioso o meno, con la propria presenza discreta è parte integrante
dell'arredo della sua Milano (1947), dove si è laureato in architettura
urbanistica al Politecnico e da dove, a partire dal 1975, parla invece al
mondo con le sue immagini riconoscibilissime. Socio da sempre dello Studio
Arcoquattro, è arrivato all'illustrazione dolcemente, imponendosi in breve
come una delle punte dell'italian style anche in Germania, Stati Uniti,
Giappone. Lavora veloce e pulito ora al computer, ritagliando e incollando
idee su due dimensioni lisce; oppure le muove in animazioncine televisive;
oppure gli dà corpo utilizzando oggetti trovati e rivisti, per esempio sassi
di mare provvisti di maniglie metalliche per un trasporto più agevole. Si
guarda intorno lentamente e vive zen. E gli piace ricordare che da ragazzino
giocava a pallone sotto le finestre dello studio milanese di Saul Steinberg:
un'eredità evidente di essenzialità e genio. Peraltro, è molto più facile
ricordare e dire "Bau" che "Scarabottolo".
ULTRAPOP
Quattro come un poker, come un doppio a tennis, come l'arco delle stagioni,
come le gambe di un tavolo, come i passi e le chiacchiere che si possono
fare assieme. In ordine sparso: Antonio Sorrentino (Catania 1969), Sandra
Virlinzi (Catania 1973), Giordano Curreri (Genova 1967), Dario Arcidiacono
(Catania 1967) sono i soci genitori del gruppo Ultrapop (Milano 1995). Il
loro motto iniziale programmatico, mai disatteso, è "70% ultrapopular
subculture, 30% good taste". Nel comune calderone ribollente rovesciano:
Dario i terrori di una infanzia cattolica e adolescenza pagana, Giordano le
involuzioni infette della famiglia contemporanea, Antonio le deformazioni
della cultura scientista che guarda presbite al futuro, Sandra le tenerezze
sgomente per ogni aborto fisico e anche sentimentale. Ci sarebbe da mettersi
solo le mani nei capelli, e invece ci si diverte pure. In acrilici su tela o
legno o su lastre di plexiglas sovrapposte, i colori saturi esplodono,
l'ironia si sparge a fiotti, l'effetto grafico non pecca. Neanche si fosse
in California. E poi ci sono le installazioni...
DAVID VECCHIATO
"Diavù" è un nome che odora di zolfo e fa quasi paura. Ma questo angelico
ragazzaccio romano (1970) mica se lo sarà scelto a caso: basta confrontarlo
con le sue frequentazioni più abituali, i bassifondi dell'espressivitÃ
antagonista. Una volta per tutte, lui ha optato per il Caos. Canta e suona
con la sua band, Savalas. Lancia e cura magazine che ora s'intitolano
"Katzyvari" e ora inneggiano a "Tank Girl". Aristocraticamente anarchico,
collabora alla crema della schiuma editoriale italiana: "Rumore", "Blue",
"Lolabrigida", "Il Cuore". Crea personaggi a fumetti come Kontrol, raver
testa di preservativo, e Lo Sfracellatore, naziskin testa di cazzo.Pasticcia
ancora qua e là , tra sigle animate per Videomusic, copertine per i libri di
Giobbe Covatta e design d'interni per discoteche. Ed è solo dal 1998 che
prende ad esporre tele, manco a dirlo su e giù per centri sociali. Acre lo è
sempre, gli riesce benissimo. Definirlo antigrazioso sembrerebbe un
eufemismo. Diciamo allora che è un urlatore, ma altro che quel bacchettone
di Adriano Celentano. Diavù fa male, mica balle.
Informazioni:
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Artestudio Clocchiatti
Via San Francesco 18 Udine 0432 505848 Fax 0432 505032