La mostra 'Note Astratte' vede esposte le opere piu' recenti dei due artisti. Il suo titolo vuole porre l'accento sulla componente astratta che, seppur in modo differente, caratterizza il lavoro di entrambi come il rapporto con lo spazio che include anche il suo significato di vuoto.
Paolo Iacchetti si concentra fin dai suoi esordi sull’indagine pittorica, Eduard Habicher è invece uno scultore. Entrambi sono profondamente legati al mezzo espressivo con cui operano che costituisce lo strumento fondamentale della loro ricerca.
La mostra Note Astratte, visibile nello spazio di Studio G7 dal 22 gennaio al 12 marzo 2011, vede esposte le opere più recenti dei due artisti e il suo titolo vuole porre l’accento sulla componente astratta che, seppur in modo differente, caratterizza il lavoro di entrambi. Sul piano formale sia nel lavoro di Habicher che in quello di Iacchetti, infatti, dominano assenza di riferimenti visibili alla realtà unitamente ad un aspetto rigoroso ed essenziale. E’ caratteristica di entrambi inoltre l’attaccamento al materiale utilizzato e al suo effetto sul piano percettivo. A tutto ciò si affianca, come tratto di segno opposto, una componente poetica riscontrabile sia nelle forme sinuose di Habicher che nella vibrante verietà dei monocromi di Iacchetti, ma anche nei titoli che i due artisti scelgono per le proprie opere, capaci di trascinare queste in un universo reale, quotidiano, a volte intimo.
L’ultimo aspetto che accomuna entrambi è il rapporto con lo spazio che include anche suo significato di “vuoto”. Questo entrando all’interno dell’opera muta il proprio valore e ne diventa parte costituente.
Iacchetti inizia la sua attività durante i primi anni ‘80 e fin dal primo momento la sua ricerca si lega ai principi della linea pittorica astratta cominciata dai maestri delle avanguardie e proseguita con le successive esperienze analitiche. Una linea di tendenza che sostiene la funzione autonoma della pittura liberandola da ogni legame con la rappresentazione. Il metodo e l’analisi alla base dell’opera di questo artista danno, infatti, risalto a un concetto di pittura intesa come entità concreta, priva di rimandi o giustificazioni esterne.
Influenzato in modo determinante dalle esperienze minimaliste e dalla fascinazione per Robert Rymann e Sol Lewitt, Iacchetti riconosce, tuttavia, la vicinanza di di artisti come Pollock e Newman in relazione ai suoi studi sul rapporto tra spazio e distribuzione del colore. In linea con la rinnovata esperienza pittorica di matrice neoespressionista, inoltre, nel lavoro dell’artista si fa spazio una componente soggettiva basata sul coinvolgimento personale nella ricerca sul colore. Questo si configura come l’oggetto principale della sua analisi ed è preso in considerazione sia sul piano strettamente cromatico, sia nella sua matericità che tiene conto degli effetti sul supporto utilizzato. Il rapporto con il colore diventa spesso quasi fisico, tale da spingere l’artista d utilizzare le mani direttamente sulla tela o sulla tavola per stenderlo.
Gradualmente dalla fine degli anni ’90 dalle opere di Iacchetti scompare ogni riferimento formale che possa in qualche modo definire e diversificare le aree cromatiche. La superficie così liberata lascia spazio a quel “vuoto” in cui la materialità del colore può trovare adeguato risalto.
Le tele di Iacchetti monocrome ad una prima occhiata rivelano allo sguardo successivo una miriade di tonalità e gradazioni espandersi su tutta la superficie pittorica e necessariamente coinvolgono il tempo, il tempo libero di osservazione. La variazione cromatica nei suoi lavori è il risultato di una pittura stesa strato dopo strato le cui note di colore danno luogo ad uno lavoro formalmente essenziale ma ricco di melodia.
Tra gli eventi a cui ha preso parte Paolo Iacchetti nei suoi anni di attività ricordiamo brevemente la mostra personale, Galleria Baumgarten, Friburgo, 2007, al Museo della Permanente a Milano, 2006, Un secolo di di arte italiana, Mart; Rovereto, 2006, Il paesaggio italiano contemporaneo, Palazzo Ducale, Gubbio, 2005, mostra personale, Galleria Carzaniga, Basilea, 2004, Kunstsammlungen, Wuppertal Von der Heydt Museum, Weimar, 2004, Bella Pittura, Stadtgalerie, Klangefurt, 2003, Le figura mancanti, Fondazione Palazzo Bricherasio, Torino.
La scultura di Eduard Habicher, come nota il critico Valerio Dehò, è da collegare alle esperienze di artisti come Julio Gonzales e David Smith nelle cui opere i sottili corpi scultorei si muovono inserendosi liberamente nell’aria. Il lavoro Habicher si compone per l’appunto di forme che disegnano lo spazio, dove i volumi si spogliano di materia lasciando che siano i vuoti a determinare la caratteristica tridimensionalità. Tra i materiali utilizzati spicca sopra tutti l’acciaio, i cui freddi bagliori richiamano segmenti luminosi e il cui peso sembra attenuarsi nelle forme lineari che allungandosi si librano nell’aria. La durezza del metallo è sopraffatta dalla forza creativa dell’artista che ne piega gli elementi, li attorciglia su se stessi, li curva, li annoda, dando luogo a forme astratte ora chiuse ora aperte, dove il materiale riveste in prevalenza funzione segnica e coinvolge lo spazio circostante nella sua totalità.
Gli acciai usati da Habicher sono spesso ricavati da elementi di diverso utilizzo, come la putrella, che modificati nella forma e nel colore perdono all’interno dell’opera il loro valore iniziale per acquisire la qualità astratta dell’insieme.
Il rapporto di scambio tra vuoto e materia, in questo lavoro, si accompagna spesso ad un ulteriore gioco di valori tra di loro in antitesi come caldo e freddo, duro e fragile, trasparente e opaco e sono evocati dagli altri materiali utilizzati di volta in volta associati al metallo. L’artista si serve infatti di vetro, pietra e di un materiale “caldo” e di natura organica come il legno combusto per realizzare le sue sculture dall’aspetto misurato ma allo stesso tempo suggestivo caratterizzato da essenzialità e pulizia.
Per la leggerezza e l’evanescenza della struttura, le sculture di Habicher dialogano in modo armonico con le architetture e sono pensate sia per spazi interni che per luoghi all’aperto. Le opere, dalle dimensioni molto variabili sono state installate nelle varie occasioni in siti diversi tra di loro come ad esempio lo spazio urbano che costeggia l’argine del fiume Spree a Berlino o le mura di Castel Tirolo a Merano
Tra le numerose mostre in spazi pubblici e privati a cui l’artista ha preso parte nel corso degli anni ricordiamo brevemente: mostra personale, Galerie Son, Berlino, interventi urbani, 2010, Drawing Space, a cura di Valerio Dehò, Kunst Merano, Merano, 2009, The rose in the still dust, Castel Tirolo, Merano, 2009, Profili Due, a cura di Giovanna Nicoletti, Galleria Civica, Arco, 2008, Meccaniche della meraviglia, a cura di Walter Guadagnini, Lonato, Brescia, 2006, Idee nello spazio, Castel Pergine, Pergine Valsugana, 2003.
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Immagine: Eduard Habicher, die andeire seite, 2008, acciaio inox e vetro, cm 151x219x70
Inaugurazione sabato 22 gennaio 2011, ore 18
Galleria Studio G7
Via Val D’Aposa 4/A, 40123 Bologna
Orario visite: Dal martedì al sabato dalle 15.30 alle 19.30
Mattina, lunedì e festivi per appuntamento
ingresso libero