Associazione Juliet
Trieste
via Madonna del Mare 6
040 313425

Carmine Calvanese
dal 23/10/2002 al 30/11/2002
WEB
Segnalato da

Angelo Bianco



approfondimenti

Carmine Calvanese



 
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23/10/2002

Carmine Calvanese

Associazione Juliet, Trieste

Sotto le modanature di edicole contorte e tra l'ombra di lastre di PVC incurvato passano figurette che si sbracciano e si agitano un tantinello: gli avvenimenti e le persone diventano significati che mettono in scena delle idee di vita, dei conflitti, delle battute ironiche, degli spunti linguistici...


comunicato stampa

Giovedì 24 ottobre, alle ore 18, presso lo spazio promozionale della rivista Juliet (in via Madonna del Mare 6, a Trieste) si inaugura una mostra dell'artista Carmine Calvanese.

La mostra, composta da disegni e tavolette sagomate e ondulate in PVC, pone un quesito non metafisico, non angoscioso, non animalesco, bensì vitalistico e immediato: "Quanti milioni di italiani si riunirebbero in piazza Unità per gridare a Eva Riccobono le frasi più spettacolari? Quanti di loro si unirebbero in storie consensuali per raccontare a questo personaggio chiave del nostro immaginario le cose e i sogni più inimmaginabili?"

Non ci possono essere dubbi, ma solo una certezza: anche a costo di ritrovarsi solidale con i riccioli di un solitario barboncino, Carmine Calvanese non negherebbe la sua presenza disincantata, anche perché per questo artista salernitano di nascita, ma veneto per trapianto ormai ventennale, la salvezza è lì che riposa (nella memoria custodita di un presente a noi caro); una salvezza che va ad unirsi a una carica di erotismo capace di fondere la potenza della vita con una fantasmatica vis narrativa.

Sotto le modanature di edicole contorte e tra l'ombra di lastre di PVC incurvato passano figurette che si sbracciano e si agitano un tantinello: gli avvenimenti e le persone diventano significati che mettono in scena delle idee di vita, dei conflitti, delle battute ironiche, degli spunti linguistici. La nostra è una società che ha messo in vendita l'eros e il corpo, rappresentandoli e iperpubblicizzandoli come oggetti di trasgressione, così Calvanese si riappropria anche di questi temi, in modo da trattarli con leggerezza, aggiungendo via via delle particolari accezioni caricaturali, delle estroflessioni ironiche, dei colori edulcorati e catarifrangenti, come in una sfida in cui si debbano sostenere le differenze tra ciò che si ama e ciò che ci disturba.

Se da un lato la cultura di questo autore si nutre di una visione che va dal mondo dei cartoons alle elegie di Keith Haring, dall'altro si sostanzia con la lettura assidua di poesia e letteratura contemporanea, da Yoshimoto a Frixione, da Lanzetta a O'Brien, correlandosi con realtà spesso marginali e drammatiche, eppure gustose, bozzettistiche, intimistiche. Naturalmente le preferenze soggettive di un determinato mondo figurativo e letterario, hanno condizionato dall'interno, la sua ricerca pittorica, portandola alla conquista di una complessa e persino tormentata "verità" concettuale, non effimera, bensì radicata nel senso della storia e della natura massmediologica della civiltà contemporanea.

L'artista si trova nella necessità di ricostruire il paradiso perduto, basandosi non su testimonianze e fatti letterari -tipo certe affermazioni di Brentano o Milton-, bensì affidandosi solo su un'intima e imprescindibile necessità: alla ingabbiatura razionale si tenta così di opporre il potere sconvolgente dell'immaginazione, la dilatazione espressiva del sogno, i capovolgimenti tipici della favola e dell'ironia, unici strumenti in grado di restituirci l'unità originaria, e quindi di affidarci a un terreno non sincopato, non rarefatto, non arrischiato, non frettoloso, non ibridato, non condizionato dalla frettolosità tecnologica. A questa si oppone la manualità dell'artista/artigiano: la santa e tradizionalissima manualità.

Nella stesura cromatica e nella sagomatura dei suoi dipinti emerge tutta la sua carica emotiva e riflessiva, che si traduce in una serie di riferimenti formali che riassumono un complesso percorso creativo, fino a suggerire un incastro molteplice di letture, organicamente contrapposte, come in una duplice concezione dello spazio e del tempo, dello spirito e della materia, della luce e delle tenebre. Gli aspetti ludici e ironici, ovviamente, non mancano. L'autore, da sempre attento alle potenzialità intelletuali e liberatorie del gioco, scombina, assembla, slitta, nasconde, modifica, dandoci immagini apparentemente definitive, ma che in realtà sono sempre in continuo divenire. Si tratta, allora, di un mondo plausibile solo all'interno di una nuance fiabesca, dove le cose capitano e ricapitano più e più volte, e dove le leggi della fisica non hanno più ragion d'essere.

La mostra, curata dal critico milanese Alberto Fiz, in collaborazione con la Galleria Santo Ficara di Firenze, chiuderà alla fine di novembre; orario di visita il martedì dalle 18 alle 21, oppure su appuntamento telefonando al n.040-313425.

Associazione Juliet
via Madonna del Mare 6
Trieste

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