L'altra faccia del vero. L'artista per le sue fotografie usa la maschera, simbolo e oggetto cerimoniale, diffusa in tutte le culture fin dalle epoche piu' remote, ribaltandone e confondendone i termini: cos'e' vero e cos'e' falso?
Sotto questa maschera, un’altra maschera. Non finirò mai di sollevare tutti questi volti.
Claude Cahun
Le immagini di Fabio Rinaldi, con le sue maschere umanizzate che si specchiano, in dialettica tensione con dei volti pietrificati, aprono un’indagine sull’essere e l’apparire. Dice infatti l’autore: “Cos’è vero e cos’è falso... in una società che ha fatto del vero il falso e viceversa, che significato ha distinguere tra le due essenze?”
Con queste premesse, diventa inevitabile allora allargare la questione, riflettendo sulla Fotografia: ormai abbandonata da tempo l’idea che essa non sia mai una semplice riproduzione della realtà, e preso atto che illusione e rivelazione sono le due identità con cui la fotografia si è proposta fin dalla sua nascita nel lontano 1839, ecco che allora si schiudono nuovi territori del possibile, in cui l’immaginario può trasformarsi in ipotesi concrete e afferrabili. Per dirla con Claudio Marra, “nella fotografia realtà e finzione non riescono mai a fare a meno l’una dell’altra, così da favorire originalissime forme di contaminazione.”
Rinaldi usa la maschera, simbolo e oggetto cerimoniale, diffusa in tutte le culture fin dalle epoche più remote; usata in rituali magico-religiosi, come catalizzatore di forze misteriose, trait d’union tra il mondo terreno e la sfera di spiriti e dei. Nelle culture occidentali, una volta perduto il significato primario, è divenuta travestimento psicologico, celando con la sua immutabile plasticità i sentimenti umani.
L’autore sceglie di ribaltare e confondere i termini, infondendo in essa il soffio vitale dell’anima, dotandola di uno sguardo umano, così vivo e penetrante da destabilizzare la logica corrente delle nostre percezioni. Allo stesso tempo ricorre alla terra per cristallizzare in un eterno istante i volti, rifuggendo le sirene ammaliatrici del ritratto estetizzante, per pietrificare sotto lo spessore dell’argilla, le emozioni che solitamente traspaiono dai lineamenti.
Nelle immagini, attraverso le concrezioni della materia sull’epidermide e sotto lo spessore della maschera, l’animato e l’inanimato, il maschile e il femminile, subiscono uno slittamento e una compenetrazione di piani, dando vita a nuove e trasversali identità. A questo gioco delle parti, a questa illusione premeditata ad arte che sembra suggellare le antiche visioni animiste e concretizzare le profezie di nuovi idoli, la fotografia, riesce a conferire un attestato di veridicità; estremizzando e aggiungendo fascino concettuale a ciò che diceva Barthes: “l’oggetto fotografato viene sempre presupposto e vissuto come reale da colui che osserva la fotografia”.
Lorella Klun
Nasce a Trieste nel 1955 dove vive.
Segue i processi della comunicazione visiva con particolare impegno verso la fotografia di reportage e di ritratto. È impegnato anche nell’organizzazione e diffusione della fotografia, Ha curato l’allestimento di numerosissime mostre sia di autori affermati che di nuovi talenti. Ha ideato il premio città di Trieste al reportage e fa parte dell’organizzazione del festival triestèfotografia. Numerosi i premi e riconoscimenti ottenuti. Sue fotografie sono presenti al Museo Nazionale della fotografia di Brescia, all'Accademia Carrara di Bergamo e al Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena.Ha collaborato alla realizzazione di numerose pubblicazioni.
Immagine: Josiane Maschera
Inaugurazione: venerdì 4 febbraio 2011 alle ore 19.30
Conestabo Art Gallery
via della fonderia, 5 - Trieste
Vetrina
via Udine, 2/1 - Trieste
Orari: dal martedì al venerdì dalle ore 17.00 alle 19.30