Uomini e donne soli. Figure in posa o immobilizzate con lo sguardo concentrato e sospeso verso un orizzonte lontano. Nella mostra Crippa dilata il confine dell'isolamento e mostra la diversita' delle solitudini.
Uomini e donne soli. Figure in posa o, magari, immobilizzate con lo sguardo concentrato e sospeso verso un orizzonte lontano. Una
vista silenziosa la loro, tesa nella contemplazione di un mistero profondo e imperscrutabile. Questo appare dall’incontro con la scultura
di Nando Crippa che descrive soggetti presi ed estrapolati dalla realtà – quotidiana, che riconosciamo come nostra, attuale e pertinente
al nostro tempo – e chiusi poi in un isolato tacere. Sottratti da un quotidiano qualsiasi vivono in un fermo immagine che non si vincola
mai però, nonostante la staticità della scultura, alla fissità inderogabile, all’immobilismo passivo: ciascuna figura viene posta nella
condizione di ritrovarsi in un tempo vissuto al rallentatore. Uno stop motion prolungato e a tal punto dilatato che il movimento diventa
impercettibile, in cui anche il respiro si fa quasi trattenuto. Questa progressiva istantanea di un attimo è l’artefice della riflessione che
attorno alle figure si crea nel silenzio dell’attesa. Attesa che diventa allora scoperta.
Il loro isolamento non si configura mai quindi come abbandono di chi è ripreso e bloccato nell’eternità consacrante dell’arte, questi
individui non sono totalmente spersonalizzati e allontanati dalla dimensione dell’esistente, ma mantengono un legame che si riflette non
nella trasposizione del reale ma con la rivelazione della sua percezione. S’instaura una comunicazione empatica tra chi osserva e
queste sculture: in questi piccoli teatrini delle solitudini chi guarda si fa spettatore del quotidiano senza tempo della condizione
esistenziale. Il condividere lo sguardo dei soggetti di Crippa ci orienta verso la scoperta, attuata sempre secondo una prospettiva
personale ed individuale, di una ritrovata interiorità.
La figurazione di Nando Crippa supera i limiti convenzionali di questa espressione: non diventa rappresentativa della personale
individualità di colui che è ritratto, ma contestualizza, nel sentimento della sua carica emotiva, anche lo sguardo volto al profondo di chi
osserva.
Cerca la risoluzione di un conflitto, non aggressivo, nella relazione tra natura e spirito dell’individuo, in rapporto con l’essenza
dell’assoluto esistenziale in cui ci si immedesima e, inaspettatamente, ci si ritrova. Aspetti dell’esistere di cui spesso ci dimentichiamo,
oppressi dal peso della quotidianità contingente.
Una scultura che diviene, in una solitudine apparente, impressionismo. Impressionismo non nel segno, non nel gesto, ma nella
percezione. L’impressione si lega al rilevare dei sensi, a fior di pelle fino giù nel profondo dell’anima. Ed ecco che la solitudine non è
solo fine a sé stessa, diventata apparente, Crippa ne dilata il confine e ci mostra la diversità delle solitudini. Differenze che solo
individualmente, grazie al ritrovarsi di ciascuno di noi nelle sue opere, possiamo comprendere. In ciascuna sua realizzazione c’è una
rispondente identificazione che fa leva sui meccanismi surreali – posti oltre il reale – dell’inconscio.
Ritroviamo il rapporto con un’altra realtà che non si rivela con l’intorno, con le circostanziate accidentalità del quotidiano del vivere, con i
suoi paesaggi noti, con le immagini di richiamo, con le evocazioni di luoghi e situazioni, ma che si svela con il sentimento, col percepire
la consapevolezza di una coscienza e conoscenza nuove. A ciascuno tocca ora il compito, in questa solitudine apparente, di ritrovare e
giocare lì il proprio ruolo.
Matteo Galbiati
Inaugurazione: 10 febbraio 2011 ore 18.30
Galleria Seno
Via Ciovasso 11 – Milano
lunedì - venerdì dalle 10.30 – 13.00 alle 15.00 – 19.00
ingresso libero