L'artista costruisce una galleria di ritratti ispirati a personaggi celebri della nostra storia piu' recente, scelti attraverso una emozionata sintonia visiva ed esistenziale.
Scrive Francesca Pensa nel testo: Punto di partenza dell’esposizione che lo Spazio Hajech dedica ad Antonio Miano è l’opera Senza titolo
del 1981, nella quale compaiono immagini tratte da fotografie di cowboy e dalla filmografia western: il
dipinto viene qui proposto come tavola riassuntiva della ricerca dell’autore, caratterizzata, fino agli anni
ottanta, da un’attenzione verso il linguaggio dei mezzi della comunicazione contemporanea.
Una evidente riconoscibilità della rappresentazione, alla quale Miano resterà anche successivamente
fedele, già distingue ampiamente questo lavoro, realizzato secondo i caratteri formali di una figurazione
di ispirazione pop. Da questa particolare poetica deriva la successiva produzione dell’artista, dedicata al
tema del ritratto, suggerito da una fotografia, che risulta trasfigurata da una pittura che, abbandonata la
politezza iconica dei lavori precedenti, arriva a un carattere maggiormente espressivo, nel quale la
certezza visiva della riproduzione fotografica subisce una rilettura condizionata da una visione partecipata
e soggettiva.
Miano costruisce così una straordinaria galleria di ritratti, ispirati a personaggi celebri della
nostra storia più recente, come artisti, poeti e musicisti, scelti dal pittore attraverso una emozionata
sintonia visiva, che però sottende anche una affinità esistenziale: e così ogni ritratto, oltre a definire un
catalogo di miti della modernità, racconta una parte della biografia dell’artista, che in questi nuovi eroi,
dalla vita spesso incerta e tormentata, riconosce una parte di se stesso. Le fisionomie dei volti cominciano
adesso a sfumarsi e a decantarsi in una visione sintetica, nella quale prendono il sopravvento sulla
mimesis pittorica colori innaturali e segni decisi, generati da una approfondita rivisitazione mentale.
Dai ritratti Miano passa quindi alle opere più recenti, la cui genesi compositiva trova la sua ragione
ancora nel realismo dell’immagine fotografica, che però muta e si declina in narrazione densa di venature
più esplicitamente autobiografiche. Le dimensioni dei dipinti cambiano, arrivando a misure notevoli, che
permettono il complicarsi del messaggio, arricchito da elementi diversi, che diventano frammenti di un
racconto interpretabile solo intuitivamente, al di là di ogni logica o consuetudine narrativa. Nella grande
tela intitolata 22 febbraio, vediamo riunite varie immagini, quali il ritratto di un bambino, quello di una
donna, un quasi intellegibile marinaio, un cervo, un polpo, una camicia di forza: ogni icona allude un
significato simbolico legato alla biografia dell’artista, qui evocata attraverso il ricordo di un’infanzia
trascorsa tra inquietudini assimilate a piovre dai tentacoli giganteschi e fierezze tipiche di animali nobili
e solitari. La forma pittorica concorre alla dimensione espressiva della narrazione, rendendola partecipata
attraverso una pennellata che descrive il percorso creativo dell’artista e che pare dettata da un’urgenza
comunicativa placata solo dal risultato finale fissato sulla tela.
Altri frammenti di una memoria visiva che si intride di ricordo esistenziale emergono nella Moto di
Lawrence d’Arabia e nei due impermeabili di Humphrey Bogart e di Jack Kerouac, opere che valgono
come esempio del meccanismo poetico messo in atto da Miano, segnato dalle affinità elettive con le vite
di questi personaggi. Coerente in tutta questa serie di lavori è poi l’effetto finale della composizione
pittorica, che vive di atmosfere caliginose e plumbee, ottenute con una tavolozza che frequentemente
attinge al grigio, sul quale possono però squillare, come in una pausa vitale, timbri contrastanti. Non
mancano poi citazioni più colte, come nei quarti di bue ispirati all’arte di Francis Bacon o come nella
rivisitazione del Fauno Barberini di Monaco di Baviera, testimonianze di come la memoria di un artista
risulti sempre segnata, oltre che dai ricordi della vita vissuta, anche dalle immagini che lo sguardo
incontra nel tempo dell’esistenza. L’opera di Antonio Miano, pittore che nel nostro liceo ha lungamente
insegnato scultura, si propone quindi attraverso un interessante percorso, che riflette le temperie dell’arte
più recente, dall’ultimo novecento a oggi.
Cenni biografici dell’artista
Nato a Roccafiorita (Messina) nel 1949, si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Ha insegnato al Liceo Artistico di Brera di Milano e si è occupato di pittura, xilografia e mosaico.
Ha partecipato a numerose mostre collettive in Italia e all’estero, tra le quali si segnalano: X Quadriennale
di Roma nel 1975, Salon de la Jeune Peinture a Parigi nel 1976 e nel 1978, Arte in Permanente alla
Permanente di Milano nel 1990, Memorie di porte mai attraversate a Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel
1991, Triennale dell’incisione alla Permanente di Milano nel 1990 e 1994, XXXII Biennale d’Arte Città
di Milano alla Permanente nel 1994, Venature a Berlino nel 1995, Metropoli a Lacchiarella nel 1996,
Geliehte Sachen, Mailand Kunstler alla Galleria Bertan Grass di Innsbruck nel 1997, Atelier a La
Posteria di Milano nel 1998, Figurazione a Milano alla Posteria di Milano nel 2000, Nove cantieri
d’immagine a Milano sul tema dell’arte pubblica allo Spazio Venti Correnti di Milano nel 2001,
Naturarte a Lodi dal 1998 al 2002, Europe Art Laguages in varie sedi tra 2002 e 2003, Cinque artisti a
Milano alla Cascina Roma di S. Donato Milanese nel 2003, 5 in volo alle Officine del volo di Milano nel
2005, Cinque artisti a Milano a Jorge Alcolea Arte Contemporaneo a Madrid sempre nel 2005, Venature
1988-2008 allo Spazio Guicciardini di Milano nel 2008, Magenta e il suo rosso alla Casa Brocca di
Magenta nel 2009, Infinito naturale alla Chiesa dell’Angelo di Lodi nel 2010, Premio Morlotti a
Imbersago nel 2010 e Premio Maccagno a Maccagno sempre nel 2010.
Ha tenuto varie personali, alla Galleria Camille Renault di Parigi nel 1975, alla Galleria Amnesia di
Alessandria nel 1986, al Nord-Est Caffè di Milano nel 1998, a Villa Pomini di Castellanza (VA) nel 1999
e alla Galleria Fontana di Milano nel 2002.
Inaugurazione martedì 22 febbraio 2011, ore 18
(ingresso Via Marcona 55)
Spazio Laboratorio Hajech – LICEO ARTISTICO STATALE DI BRERA
Via Hajech, 27 - 20129 Milano
ORARIO tutti i giorni esclusi i festivi
per le scuole 9.30-14.30, ingresso Via Hajech, 27 (su prenotazione)
per il pubblico martedì e giovedì 15.30-18.30, ingresso Via Hajech, 27
ingresso libero