Bricolage e memoria. La sua maniera di fare arte rappresenta un tentativo di scuotere la massa dall'assuefazione mediatica, prodotta dal bombardamento di icone effimere e falsi stereotipi.
Singolari oggetti e materiali insoliti, tecniche miste e inedite combinazioni tangibili, raccontano il fervore creativo di Andrea Taddei. E’ un universo eterogeneo, popolato di nuove pitture e sovrapposizioni del collage, quell’unione di elementi che il celeberrimo Robert Rauschenberg amava definire “combing-paintings” viene ora impiegata da Taddei per esprimere la sua legittima critica nei confronti di un’etica obliata, per denunciare la superficialità ideologica, nella quale si è surclassata la società odierna.
Un nuovo rapporto tra immagine concreta e immagine dipinta s’instaura nell’itinerario artistico dell’Autore mantovano, che non si limita soltanto a constatare i mali dell’età contemporanea, ma indaga a fondo le problematiche e i cambiamenti irreversibili di un’epoca, il secolo XXI. In tal modo, ne emerge tutta la drammaticità collettiva, generata dal degrado politico, dalla soppressione della dimensione morale e spirituale della vita e da un colossale mutamento sociale, in cui regna sovrano il culto dell’immagine e del nudo, lasciandosi dietro il vuoto tragico dell’esistenza.
Corpi svuotati di spessore psico-etico e soggetti triviali, segni indelebili della mercificazione del corpo femminile, vengono ricontestualizzati in ambientazioni informali, dove il segno e il colore scalfiscono i supporti con grande impeto descrittivo. L’effetto pittorico pollockiano asseconda il messaggio di protesta che si erge in maniera apocalittica, riproducendo idealmente e strutturalmente un bombardamento di immagini e stimoli sessuali, che raggiunge l’apice in “Red Shop”.
La sua maniera di fare arte rappresenta un tentativo di scuotere la massa dall’assuefazione mediatica, prodotta dal bombardamento di icone effimere e falsi stereotipi. Non è un caso che, per il suo dissenso verso la “società dell’apparenza”, Andrea Taddei utilizzi materiali come silicone, plastica, ritagli di giornali, bambole e svariati oggetti riciclati. La costruzione delle sue opere è radicata in un sistema caotico di accostamento materico, che non impedisce all’osservatore di penetrare il significato ribelle del suo esilarante scenario creativo. (Sabrina Falzone)
Vernissage 3 marzo ore 18,30
Ex Fabbrica delle bambole
via Dionigi Bussola, 6 - Milano
Apertura lun.-ven. dalle 15 alle 19 sab. e domenica su appuntamento
Ingresso libero