Anur
Philipp Kwame Apagya
Deblokada
Sejla Kameric
Arian Risvani
Fatimah Tuggar
Claudio Spadoni
Maria Rita Bentini
Serena Simoni
Collettiva che conclude la terza edizione del progetto no border. In questa mostra le presenze sono tutte straniere, secondo il preciso disegno di aprire sul tema un confronto a piu' voci: il conflitto, la linea di demarcazione che separa popoli e culture e' il tema privilegiato nei lavori di alcuni artisti provenienti da Sarajevo, che in prima persona hanno vissuto gli eventi bellici che hanno ridisegnato i territori della ex Yugoslavia.
Anur - Philipp Kwame Apagya - Deblokada - Sejla Kameric - Arian Risvani - Fatimah Tuggar
a cura di Serena Simoni
Sabato 16 novembre 2002 alle ore 18 in S. Maria delle Croci (via Guaccimanni 5/7, Ravenna) si inaugura la collettiva dedicata alla presentazione dei lavori di Anur, Philip Kwame Apagya, Deblokada, Sejla Kameric, Arian Risvani e Fatimah Tuggar, che conclude la terza edizione del progetto no border - a cura da Claudio Spadoni, Maria Rita Bentini e Serena Simoni - realizzato dal Comune di Ravenna nell'ambito delle attività del Museo della Città .
No border 2002, attraverso il lavoro degli artisti selezionati, si concentra sull'idea di "confine", ovvero la definizione di territori non geografici ma dell'identità di un individuo, di un gruppo, di un popolo. Confini persistenti eppure labili per le mescolanze dei flussi migratori, confini fragili e inafferrabili, ma altrettanto reali, per l'incontro non privo di resistenza delle diversità culturali, politiche, religiose che contrassegnano la civiltà occidentale.
Il progetto di quest'anno ha preso avvio il 5 ottobre, quando è stata inaugurata la prima mostra curata da Maria Rita Bentini, in cui sono stati presentati i lavori di due artiste italiane - Annalisa Cattani e Adriana Torregrossa.
In questa seconda inaugurazione le presenze ad invito sono tutte straniere, secondo un preciso disegno di aprire sul tema un confronto a più voci: il conflitto, la linea di demarcazione che separa popoli e culture è il tema privilegiato nei lavori di alcuni artisti provenienti da Sarajevo, che in prima persona hanno vissuto gli eventi bellici che hanno ridisegnato i territori della ex Yugoslavia.
Anur (Sarajevo, 1971) si dichiara principalmente un operatore della comunicazione: i suoi manifesti presentati all'ultima Biennale di Venezia puntavano l'attenzione sul conflitto, affrontato mediante un lucido humour nero, come nel caso di "Buy five, get one free", in cui in questo caso l'offerta riguardava una confezione di bombe a mano. Secondo una pratica già diffusa presso molte libere organizzazioni di grafici pubblicitari come gli statunitensi adbuster, Anur utilizza brevi slogan incisivi accompagnati da un'immagine, facendone risultare una comunicazione dal forte impatto. Nei manifesti di recente produzione che si presentano a Ravenna, il tema si sposta al "dopo il conflitto": il senso di solitudine, il desiderio di abbattere i confini che separano le comunità , la necessità di stravolgere le regole imposte sono il leitmotiv ricorrente.
Sempre da Sarajevo viene Sejla Kameric (1976) il cui lavoro - recentemente presentato in Italia - si accentra sulle questioni dell'identità e del confine, quest'ultimo inteso come separazione e barriera. In Italia ha già presentato "Seat of heart / Eat your hard out" , in cui l'artista distribuiva piccoli dolci tradizionali - simbolo di amore e rispetto - che al posto dello specchietto che generalmente li correda presentavano alcune immagini tragiche della recente storia della sua città . A San Marino l'artista ha recentemente fatto realizzare la chiusura temporanea del confine di stato con l'Italia, con un effetto di straniamento e di messa in opera della separazione che ha coinvolto tutto il pubblico presente.
Il gruppo dei Deblokada, fondato sempre a Sarajevo nel 1997, nasce dalla collaborazione di alcuni giovanissimi film-makers: Sead e Nihad Kresevljakovich, Nedim Alikadic e Jasmila Zbanich, tutti nati fra il 1973 e il '75. Hanno raggiunto la fama con il film "Do you remember Sarajevo" che oltre a possedere valore artistico, politico e documentario, per il modo in cui è stato costruito ha tutte le caratteristiche di un'opera di Narrative Art. Il progetto di base ha coinvolto numerosi abitanti della città nel periodo dell'assedio, invitati a riprendere la guerra che li coinvolgeva, casa per casa. La selezione dei 55' di girato nasce da 500 ore di registrazione collettiva, che mantiene tutt'oggi inalterato il proprio valore di denuncia della guerra e di testimonianza della violenza subita.
Ancora sul tema dell'identità e appartenenza religiosa, politica, etnica e di come queste caratteristiche possano far scaturire la violenza e il conflitto si concentra la riflessione di un giovane artista albanese - Arian Risvani (Tirana, 1974) - che si divide fra la realizzazione di allestimenti, performances e opere fotografiche, in cui l'ossessione del conflitto bellico, il terrorismo (sua l'immagine "New York, New York" con le due torri cancellate da una croce di adesivo nero) e il razzismo sono fra i temi più ricorrenti. Particolarmente interessante è la sua performance "Xenophobia", concepita come messa in scena in galleria di un gruppo di skin-heads, o il recentissimo lavoro fotografico in cui ironicamente viene presentato un componente delle "teste rasate" mentre prende il sole, finalmente pronto - forse per la prima e ultima volta - a diventare nero.
L'altra anima della mostra è quella africana, ancora divisa sul fronte dei temi del dialogo e del conflitto: Fatimah Tuggar (1967), nigeriana e residente da anni a New York, preferisce trattare quest'ultimo, in particolare nella versione di ciò che oppone razza a razza. Nei suoi fotocollages e nel suo video "Conveyance", sempre realizzato in forma di collage di immagini, viene messo ironicamente in crisi lo stereotipo che l'Occidente ha costruito sull'Africa, spesso visto con gli occhi neocolonialisti di chi pretende dal continente nero originarietà , radici, fedeltà ad un se stesso mai storicamente esistito. Al problema della contrapposizione razziale, Tuggar incrocia quello dell'analisi sociale della percezione e identità delle donne nere. In linea con le tesi di molte teoriche afroamericane, il tema della differenza fra razze è articolato anche nell'analisi di quella di genere: nera e per giunta "donna" può significare totale trasparenza sociale.
Ancora lo stereotipo è metro di misura nei lavori di Philip Kwame Apagya (Ghana 1958) che in maniera ironica ma determinata rovescia il gioco e punta l'attenzione ai simboli dell'Occidente, così come vengono fantasticati da molti africani: sfruttando il filone tradizionale dei ritratti fotografici, Apagya sostituisce al tradizionale sfondo neutro decorato la rappresentazione degli status symbols del potere occidentale, gli oggetti del desiderio. Compaiono così cucine high-tech, aereoporti, sale computer, in una serie di fondali fantastici che fanno riflettere ancora sui messaggi o i cortocircuiti che una cultura rimanda all'altra, o su quell'aspetto della globalizzazione che universalizza solo merci, che induce bisogni e rende planetaria la figura del consumatore.
Il catalogo che verrà presentato con l'inaugurazione di quest'ultima mostra, documenta le esposizioni e il lavoro degli artisti; insieme ai testi critici dei curatori, contiene alcune interviste inedite con personalità nell'ambito della letteratura, del teatro, della musica e del cinema. Gli interventi, raccolti durante il periodo di preparazione della rassegna, sono della scrittrice marocchina Fatema Mernissi; di Marco Martinelli, direttore artistico di Ravenna Teatro; di Franco Masotti, musicologo e impegnato nella direzione artistica di Ravenna Festival; e infine di Danis Tanovic, recente premio Oscar per il cinema per il film No Man's Land.
per informazioni:
Ufficio Stampa Museo d'Arte della Città - Loggetta Lombardesca Tel. + 39.0544 482791 - 482774
Ravenna, S. Maria delle Croci - via Guaccimanni 5/7
Periodo: da sabato 16 novembre a domenica 15 dicembre 2002
Inaugurazione: sabato 16 novembre 2002, ore 18
Orari: S. Maria delle Croci: da martedì a domenica dalle 15 alle 18 - chiuso il lunedì
Ingresso: gratuito
Il catalogo verrà presentato il 16 novembre