Archetipi della pittura. La nuova esposizione personale dell'artista presenta un corpus di opere, molte inedite, che restituiscono il senso del fondamento Novecentista della sua opera e offre una rassegna dei temi ricorrenti: "un repertorio di corpi muliebri che occupano l'intera composizione".
a cura di Domenico Montalto
Dopo il successo dell’esposizione presso la storica Pinacoteca del Duomo di Ravello, la mostra “Gianluigi Brancaccio. Archetipi della pittura”, a cura di Domenico Montalto, prosegue il suo tour espositivo approdando alla Galleria della Biblioteca Angelica, alle dipendenze del MIBAC, situata nel cuore di Roma.
Dopo la tappa romana, la mostra avrà come terza ed ultima sede il Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova (luglio-agosto 2011). Un tour espositivo, dunque, che si connota come un evento d’arte di portata nazionale.
“Ancora una volta gli spazi espositivi della Biblioteca Angelica accolgono una mostra di arte contemporanea, nel segno di quella tradizione che ormai da diverso tempo contraddistingue la Galleria Angelica. Uno spazio destinato all’accoglienza, alla valorizzazione e alla fruizione di arte contemporanea, in un dialogo ravvicinato con il salone Vanvitelliano situato al piano superiore, fiore all’occhiello della nostra Biblioteca, dove è conservata e custodita in un prezioso gioiello architettonico la pregiata raccolta libraria” (dal testo in catalogo di Fiammetta Terlizzi).
A due anni dalla mostra antologica presso la Fondazione Mazzotta di Milano (a cura di Luciano Caramel, catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta), la nuova esposizione personale dell’artista Gianluigi Brancaccio si propone come un evento caratterizzato dalla presenza di lavori inediti e da un aggiornamento e approfondimento critico a più voci sull’opera dell’artista.
Il percorso esistenziale e culturale dell’artista è esemplificato in mostra da un corpus di opere, parecchie delle quali inedite, che restituiscono il senso del fondamento Novecentista dell’opera di Gianluigi Brancaccio, tracciandone i punti di forza. La sua vocazione di artista risale all’adolescenza. Nipote di Giovanni Brancaccio, eminente pittore del Novecento italiano e Direttore dell’Accademia di Belle arti di Napoli, Gianluigi Brancaccio, durante i suoi molti viaggi internazionali, frequenta maestri come Radice, Carrà, Prampolini, Gentilini, il Gruppo Cobra e lo storico atelier calcografico Lacourière di Parigi, mettendo a punto una propria inconfondibile figurazione ricca di poesia, colore, arcaismo, ispirata alle Avanguardie storiche del XX secolo.
“Brancaccio è autore di profonda e sostanziale cultura, di importanti frequentazioni. I suoi dipinti e le sue grafiche – aspetti diversi e peculiari di un unico, felice e ininterrotto clima creativo – rivestono di forme attuali e suggestivamente singolari il verbo più eminente del moderno, ovvero quell’arcaismo, quell’ispirazione primitivista che consentì a Modigliani, Picasso, Matisse, Léger, Marino, Wotruba, Moore, Zadkine di fondare un’idea nuova del visibile, sconvolgendo irreversibilmente i canoni convenzionali del classicismo e del naturalismo” (dal testo in catalogo di Domenico Montalto).
Le opere dell’artista sono “Istantanee di un viaggio, percorsi iniziatici all’interno di una coscienza che si è andata formando tra le stanze del Novecento, asimmetriche, instabili, tanto anguste e altrettanto ariose ed immense, le stanze ansiose di un tempo irreale che ne ha imprigionati tanti altri […]. Brancaccio possiede il passaporto anagrafico di chi c’era e la sensibilità esistenziale di chi si è sentito parte nella vicenda e, quindi, testimone responsabile e ponte generazionale” (dal testo in catalogo di Claudio Caserta).
La mostra offre una rassegna dei temi ricorrenti nella produzione dell’artista che rivisitano alcuni archetipi centrali del novecentismo.
“Il suo è un repertorio di corpi muliebri che occupano l’intera composizione, vasti come paesaggi e architetture, di matrone e di Giunoni opulente e accidiose in posture pigre o per contro acrobatiche, contorte, di giocolieri, di icari e di maschere, di angeli e di demoni dalle anatomie dinoccolate e massive, di odalische semplificate a pure silhouettes di colore. Insomma un’umanità primigenia e titanica, evocata con ductus pittorico sensuale, saturo di passionalità, nonché di ebrezza, ardore, estasi, rapimento, carnalità” (dal testo in catalogo di Domenico Montalto).
Un repertorio vasto, esemplificato in mostra da una selezione di opere storiche e recenti, fra le quali: Estasi su fondo blu 2005; Poupée 2008; Odalisca 2009; Anime perse 2009; Odalisque fond noir 2009, nella sezione dedicata alla grafica.
Negli ultimi tempi Brancaccio ha affrontato in Bretagna il tema dei menhir di Carnac, rocce forti e totemiche, di tutte le sfumature del grigio, che si innalzano su fondo azzurro intenso in una luce accecante. Tale produzione recente è rappresentata in mostra dall’opera Menhir di Carnac 2008.
Nel suo testo, Isabella de Stefano si sofferma sulle “Figure” ritratte dall’artista: “Impenetrabili a qualsiasi approfondimento psicologico, i soggetti descritti dall’artista sono idoli arcaici, irraggiungibili e distanti, sovente colti in pose contorte e disarticolate, talvolta anche allusive (Estasi su fondo blu). Figure stravolte a cui non è di certo estranea una visionarietà onirica, sorprese nell’angoscia di un’inquietudine esistenziale che procede di pari passo con il sovvertimento di ogni regola spaziale e prospettica (Hallucination visuelle)”.
L’esposizione è corredata da un catalogo edito da Lubrina Editore, in cui più voci offrono uno spaccato dell’esperienza umana e artistica e della poliedrica personalità di Gianluigi Brancaccio. Chiara Gatti, nel suo testo dedicato all’importante produzione grafica dell’artista, illustra così la sua vocazione alla sintesi formale: “Nella grafica Brancaccio fa pulizia. Predilige il segno puro, anche quando concede all’acquatinta di dialogare sullo sfondo”.
A completare il variegato percorso critico presente in catalogo, un testo-intervista di Andrea D’Agostino ci rivela l’anima più intima dell’artista. D’Agostino, nell’ultima domanda rivolta a Brancaccio, pone l’accento su un particolare ricorrente nelle figure rappresentate dall’artista: “Le dita delle mani e dei piedi sono sempre aperte, come a voler ghermire l’aria o a volersi espandere nello spazio. È proprio così?”.
“Dita e mani, sempre aperte, esprimono per me la tensione dell’anima e del corpo”. (Gianluigi Brancaccio)
GIANLUIGI BRANCACCIO
1936 - Nasce il 29 febbraio a Olivetta San Michele (Imperia)
1945 - Al termine della seconda guerra mondiale la famiglia si trasferisce a Como dove il padre assume un importante incarico pubblico.
A Como Gianluigi Brancaccio frequenta le scuole medie e quindi il liceo scientifico, dove conosce il pittore Alfonso Salardi che lo esorta a dipingere.
1952 - Frequenta la Scuola di Belle Arti di Como guidata dal pittore Aldo Galli e da Alfonso Salardi. E’ incoraggiato dai pittori astrattisti comaschi quali Rho, Radice ed Aldo Galli.
1954 – Soggiorna nei mesi estivi nell’Isola di Capri, ospite dello zio Giovanni Brancaccio, allora Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, e noto pittore del ‘900 italiano. Durante i soggiorni capresi, molto importanti per la formazione della propria coscienza artistica, frequenta Carrà, Prampolini, Gentilini, Saetti e molti altri importanti pittori del ‘900 italiano.
1956 - Si iscrive al Politecnico di Milano. Continua a dipingere e partecipa a diverse mostre collettive.
1957 - A Parma partecipa ad una mostra collettiva nazionale per studenti di Accademia di Belle Arti ed una sua opera “Paesaggio urbano” viene selezionata dalla giuria per l’assegnazione di un premio.
1961 - Si laurea in ingegneria chimica.
1964 - E’ assunto dalla Shell Italiana che dopo un breve addestramento in Italia lo trasferisce per alcuni anni in Australia ed in Estremo Oriente.
1967 - Rientra in Italia nella città di La Spezia. Diviene amico del pittore Pino Saturno.
1969 - E’ trasferito in Olanda. Conosce la pittura del gruppo COBRA. Segue in particolare Appel, Corneille e Lucebert che incontra personalmente.
1973 - Rientra in Italia nella città di Genova. Continua a dipingere ma ha difficoltà ad introdursi nell’ambiente artistico della città.
1995 - Si reca a Parigi per brevi soggiorni.
1997 - Acquista un appartamento a Parigi in Rue Poncelet e frequenta le gallerie d’arte. Conosce le gallerie Pièce Unique e Pièce Unique Variations di Rue Mazarine. Diviene amico di Marussa, Gravagnuolo e Christine Lahoud.
1999 - A Parigi conosce il litografo Gino Diomaiuto che lo esorta ad esporre le proprie opere.
2002 - Frequenta l’Atelier Lacourière Frélaut di Montmartre ed inizia l’attività dell’incisione d’arte.
ESPOSIZIONI
Novembre 2004 esposizione di grafica all’Atelier Lacourière Frélaut di Parigi.
Da luglio a agosto 2006 tiene una mostra personale di dipinti ed incisioni al Castello della Lucertola ad Apricale (Imperia). Catalogo Mazzotta a cura di Germano Beringheli con testi di Rossana Bossaglia, Germano Beringheli, Luciano Caramel e André Verdet.
Da agosto a settembre 2006 mostra personale di dipinti ed incisioni a Palazzo Robellini ad Acqui Terme (AL).
Da maggio a giugno 2008 esposizione di dipinti ed incisioni presso la Fondazione A. Mazzotta di Milano. Catalogo Edizioni Mazzotta a cura di Luciano Caramel.
Ottobre 2009 è invitato a partecipare, quale artista affermato, alla XII edizione del “Premio Morlotti Imbersago” nel Comune di Imbersago (Lecco).
Ottobre 2010: mostra personale presso la Pinacoteca del Duomo di Ravello
Immagine: Odalisca, 2009. Olio su tela, cm 70x90
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Inaugurazione: giovedì 17 marzo 2011 - ore 18.00
Biblioteca Angelica
piazza S. Agostino, 8 - Roma
Orari: lunedì e venerdì 8.30-16.00
da martedì a giovedì 8.30-18.30, sabato 8.30-13.30
domenica chiuso
Ingresso libero