Lato
Prato
piazza San Marco, 13
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Gianfranco Chiavacci
dal 8/4/2011 al 29/4/2011
lun-ven 9-13, 15-19, sabato 15-19

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Gianfranco Chiavacci



 
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8/4/2011

Gianfranco Chiavacci

Lato, Prato

L'attenzione al sistema numerico binario, che l'artista esercita nella sua pittura, esprime il bisogno di sintetizzare un rapporto inevitabile con la 'macchina', tanto nella struttura fisica quanto negli apparati teorici.


comunicato stampa

1970 - La grammatica della macchina

Quando negli anni Settanta Gianfranco Chiavacci si accosta alla sperimentazione attorno alla tecnologia, con un uso non convenzionale della macchina fotografica, riflette una sensibilità condivisa da un grande settore del mondo dell’arte internazionale. La sua attenzione al sistema numerico binario, che l’artista esercita in successive declinazioni, e con diversi medium, a partire dal decennio precedente, esprime il bisogno di sintetizzare (e chiarire a se stesso e a quel pubblico che, anche se silenzioso o remoto, è sempre interlocutore dell’autore nel suo studio) un rapporto inevitabile con la “macchina”, tanto nella struttura fisica quanto negli apparati teorici. In quegli stessi anni Woody Vasulka dichiarava, a proposito del video, la corresponsabilità dello strumento tecnologico nell’esito creativo. E Chiavacci elabora in modo autonomo questa tensione (in parte anche autobiografica, legata com’è alla sua professione che lo poneva quotidianamente a contatto con l’elettronica) tra l’artista e la presenza ineludibile della tecnologia.

La questione, allora come oggi, con cui ogni autore deve misurarsi è quella del linguaggio, quella varietà di segni e convenzioni individuate a strutturarli, che definiscono per l’artista la capacità di uscire dalla retorica e dal metodo, per potersi inoltrare, oltre confine, nella possibilità di creare visioni. Chiavacci, adottando nelle opere fotografiche la tecnologia sia come strumento che come oggetto virtuale del suo lavoro, tesse in modo strettissimo il procedimento all’ispirazione, lega l’operazione meccanica della posa e della ripresa all’apertura alata della creazione: così il metodo diventa (nel tempo stesso in cui lo rivela) linguaggio. L’opera, ogni opera d’arte, si afferma come deviazione rispetto a un sistema di regole. Ed è esattamente quanto avviene nelle opere fotografiche di Gianfranco Chiavacci, nel momento in cui la luminosità, il colore, gli effetti del movimento vengono resi secondo una possibilità compresa dallo strumento (questo è il metodo) ma non prevista dalle sue regole (ed ecco il linguaggio).

Gli oggetti astratti che compaiono nelle stampe fotografiche contengono un carattere bidimensionale che va oltre la loro natura fisica. Siamo negli anni Settanta, dicevamo, e Chiavacci intravede nella semplice azione di fotoimpressione della pellicola futuribili accessi alla tridimensionalità digitale. Il segno, che culturalmente appare inserito nel gusto e nelle forme del suo decennio, contiene la prospettiva di quello sdoppiamento che informa il tempo presente, dove la presenza di un oggetto nello spazio rappresenta solo una delle possibili realtà che lo riguardano e che lo rendono percettivamente raggiungibile. Così, la ricerca quasi cinquantennale di Chiavacci intorno alla “grammatica binaria” (un percorso articolato, ricchissimo di variazioni e deroghe da se stesso) diventa più chiara che mai e più efficace visivamente proprio nella fase in cui si discosta dalla rappresentazione in codice.
Pietro Gaglianò

GIANFRANCO CHIAVACCI
Gianfranco Chiavacci nasce a Pistoia nel 1936.

Qui ha sempre abitato e lavorato. Nel 1952-53 comincia ad interessarsi di arte. Fa i suoi studi, da autodidatta, e crea le sue prime opere nel 1956-58. Prosegue frattanto la sua preparazione con studi e visite per conoscere l'arte, del passato e contemporanea. Verso il 1962-63, per motivi di lavoro, frequenta corsi presso l'IBM per programmatore di elaboratori elettronici. A livello locale frequenta l'artista Fernando Melani, iniziando un rapporto di amicizia e di collaborazione sul piano teorico che durera’ fino alla morte di Melani. A Firenze frequenta, per alcuni anni, l'ambiente della Galleria Numero, di Fiamma Vigo: luogo di vivace dibattito sui problemi della ricerca artistica. In questo periodo avviene in lui lo scatto dell'interazione tra ricerca artistica e teoria (o teoria-pratica ?) della programmazione sugli elaboratori elettronici (allora veri mastodonti). Si stanno così creando le basi di quello che sarà il nucleo della sua ricerca, teorica ed operativa, portata avanti per circa un trentacinquennio e che tuttora prosegue. Per sintetizzare direi che prendono corpo, nella sua ricerca, quella concezione e quella pratica dell'agire artistico che hanno il loro centro in due momenti fondanti: la consapevolezza che, in arte, l'invenzione autentica avviene soltanto se si esce dalla combinatoria dell'arte del passato e cioè facendo continuo riferimento non al sè pensante in un indecifrabile solipsismo o al sè storicizzato, ma alle conoscenze positive che trasformano continuamente, ed oggi in maniera particolarmente accelerata, il mondo e l'uomo in esso; la necessaria, quindi, autofondazione del processo artistico non in vaghi 'sentire' ma in articolabili ed esplicitabili passaggi operativi. Sono quindi determinato nell'assumere la BINARIETA' (la logica a due stati - da non confondere con la dualità o il dualismo ) come tecnica-processo strumentale per creare e indagare sperimentalmente il mondo formale attinente alla bidimensionalità...."Siamo nel 1963-64 e per chi ha effettiva e positiva conoscenza e sensibilità per gli eventi determinanti della contemporaneità, qui, nel binario, piaccia o meno, si stanno giocando i futuri dell'umanità (oggi, sottolineare questo, dopo che tutto o quasi, nella tecnologia, è binarizzato, sembra quasi superfluo). Questa è la storia della nascita della sua ricerca artistica. Da allora ad oggi molte sono state le positive contaminazioni, o autonomamente nate dal processo creativo o programmaticamente affrontate nel tentativo sempre di approfondire e/o arricchire la storia della ricerca: ciò che è rimasta immutata è la genotipia binaria, che nel tempo ha generato un complesso ambito di articolazioni, fino anche alla sua esplicita occultazione. Se vogliamo, la sua è la storia di un'avventura formale con forti implicazioni sul piano teorico e speculativo.

Inaugurazione sabato 9 aprile 2011, dalle ore 18:30

LATO
Piazza San Marco, 13 , Prato
orario: lun-ven 9-13, 15-19 sabato 15-19
ingresso libero

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