Le immagini in mostra completano la ricerca artistica dell'autore iniziata 25 anni fa e che consta di diverse tecniche, tra le quali il video, la performance, la fotografia e le installazioni.
A cura di Valentina Trisolino
Carlo Gallerati è lieto di presentare Rep ubblica Cieca, una mostra personale di Werther Ger mo ndari a cura di Valentina Trisolino.
“La cosa che mi piace di più del mio progetto Repubblica Cieca è il fatto che il nucleo portante dell'opera sia un’assenza, quasi una versione architettonica
dei libri di Emilio Isgrò.” (Werther Germondari)
“Le immagini di Germondari, presentate alla Galleria Gallerati di Roma, sono un ulteriore tassello che va a completare la fitta ricerca artistica dell’autore
iniziata venticinque anni fa e che consta di diverse tecniche, tra le quali il video, la performance, la fotografia e le installazioni, a testimonianza della poliedricità
e complessità del suo studio. Anche quest’ultimo lavoro si caratterizza per la sottile ironia che è propria dell’anima dell’autore e che percorre come un fil
rouge tutta la sua produzione. Il nome del progetto – Repubblica Cieca – è, come in uno dei suoi lavori più conosciuti dal titolo Panca Popolare Italiana, un
efficace gioco di parole che crea uno spostamento linguistico e, di conseguenza, un imput alla riflessione su ciò che le immagini rappresentano non
realmente ma simbolicamente. Sia i palazzi del potere politico che i palazzi borghesi del rione Monti, sia i comprensori residenziali che il palazzo popolare del
Corviale sono accomunati dall’assenza di finestre che l’autore, attraverso le tecniche digitali, ha cancellato dalle immagini. Ciò che più risalta è l’assenza che,
come lo stesso Germondari fa presente, è un’assenza assurda, paradossale, ma che ben fa trasparire il messaggio sotteso, l’incapacità odierna di ‘vedere’
oltre il proprio piccolo recinto, non saper andare oltre le esigenze contingenti di ognuno, non avere più una visione d’insieme delle cose, non riuscire più a
dialogare creando uno scambio con il prossimo. Sia il titolo, che qui non è un’appendice al lavoro ma parte integrante di esso, che le immagini portano
l’osservatore a fare un autonomo percorso a tappe.
All’inizio scaturisce l’ironia per il gioco di parole, poi si passa all’osservazione delle immagini che
all’apparenza paiono vedute ben composte ma che a un’osservazione più attenta (ecco il passaggio successivo) si rivelano inquietanti per l’assenza delle
finestre. A questo punto l’osservatore è chiamato in causa da Germondari nel cercare un percorso di riflessione, ed è qui che l’anima più critica dell’artista
esce allo scoperto, si palesa sotto strati di giochi linguistici. Si avverte una critica assolutamente non gridata e sguaiata ma intelligente e pacata. L’attuale
situazione del nostro paese viene sottoposta ad un’analisi che non risparmia neanche le istituzioni educative o i luoghi simbolo della cultura, e tutto ciò per
far riflettere su come la società italiana si evolve e cammina verso un futuro incerto. Werther Germondari effettua una critica pungente, che lascia l’amaro in
bocca dopo averti fatto ridere. Un metodo che è utilizzato da molti artisti contemporanei e che inquadra Germondari all’interno di questo filone. Più
specificatamente le immagini di Repubblica Cieca possono essere accostate al lavoro dell’artista Wim Delvoye il quale utilizza con ironia gli slittamenti
linguistici permessi dalle immagini fotografiche. Oltre ai riferimenti rintracciabili nella fotografia contemporanea internazionale, il progetto Repubblica Cieca
presenta nello specifico analogie con la tradizione artistica italiana legata al paesaggio, partendo dalle pitture metafisiche fino alla fotografia di paesaggio
italiana degli ultimi vent’anni. Come lo stesso artista ha dichiarato, questo progetto assume, immagine dopo immagine, i contorni di un lavoro critico che vuol
creare, anche se per certi aspetti inconsciamente, una cartina ‘politicometafisica’ dell’Italia, una mappa dove rintracciare, più che gli elementi fisici del
territorio italiano, le immagini mentali che ognuno di noi conserva sullo stato attuale dell’Italia.” (Valentina Trisolino)
“Fughe di notizie; condoni e perdoni; legittimi impedimenti; costituzioni ad personam; processi lunghi e prescrizioni brevi; par condicio e conflitti di
attribuzione; danni ambientali, intercettazioni occasionali; villone vista mare e barconi terra in vista; scafisti, migranti, isolani, leghisti; nipoti ipotetiche e popolo
bue; papi girl, escort, auto blu; la nostra posizione è sempre stata chiara e mi lasci parlare io non l’ho interrotta. Tra gli sguardi attoniti e disillusi assiepati ai
margini del tragicomico carosello quotidiano c’è quello di Werther Germondari. Spiazzato sì, ma lucidissimo pure.
Osservatore non convenzionale,
mistificatore burlesco. Finissimo costruttore di miraggi semantici, inesausto giocoliere del linguaggio. Col suo intervento, la struttura stessa della galleria –
avvolta a color-print di edifici senza più porte e finestre – dismette, per solidale metafora, ogni via d’affaccio verso l’esterno. Come spettatore che fuori
copione irrompa sulla scena per dire la sua, solennemente Germondari recita la domanda: esistono barlumi di una coscienza collettiva, in questa Italia? E
con sarcastico piglio intimidatorio revolvera in aria una risposta: se perfino lo spirito unitario, dopo centocinquant’anni, continua indeciso a gattonare, dove
potrebbe riconoscersi un adulto buonsenso repubblicano? A ciascun visitatore della mostra – come e ancor più di ogni volta – la chance di accusare il colpo:
di non restarsene poltronamente al calduccio, allineato e coperto nella folla anonima degli osservatori a distanza.” (Carlo Gallerati)
Werther Germondari (Rimini, 1963), attento a dinamiche innovative sperimentali neo-concettuali e situazioniste, che si caratterizzano per un gusto ironico e
surreale, svolge da venticinque anni una ricerca attraverso numerosi media espressivi. Ha partecipato a esposizioni in gallerie private e spazi sperimentali,
alternando installazioni d’ambiente, videowork e atti performativi, e focalizzando l’attenzione su elementi nascosti, attinenti a una visione reale, sociale e
politica, portati alla ribalta con stile a tratti goliardico.
Inaugurazione: giovedì 14 aprile 2011, ore 19-22
Galleria Gallerati
Via Apuania, 55 – Roma
Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento
chiusura da venerdì 22 a lunedì 25 aprile 2011
ingresso libero