Simone Boscolo
Fabio Cuman
Aghim Muka
Sasha Zalenkevich
Carlo A. Crespi
Lorenzo Curioni
Mauro Orietti
Davide Ratti
Eva Reguzzoni
Ivo Stazio
Andrea Terenziani
Valentina Carrera
Virgilio Patarini
Rosamaria Desiderio
In Figure tradite, quattro artisti - Simone Boscolo, Fabio Cuman, Aghim Muka, Sasha Zalenkevich - indagano la crisi d'identita' dell'uomo contemporaneo attraverso tecniche e poetiche differenti. La Suite Rauschenberg ospita invece la collettiva Up Down Town a cura di Rosamaria Desiderio e Virgilio Patarini.
Figure tradite
a cura di Valentina Carrera e Virgilio Patarini
S’inaugura mercoledì 27 aprile 2011 alle ore 18.30, presso la Galleria Zamenhof di Milano (sale Vedova, Rothko, Fontana e spazio Burri) la mostra collettiva intitolata “Figure Tradite” a cura di Valentina Carrera e Virgilio Patarini. Opere di Simone Boscolo, Fabio Cuman, Aghim Muka, Sasha Zalenkevich.
NOTA INTRODUTTIVA
In questa mostra ricca e articolata i quattro artisti selezionati (due italiani, un albanese, una bielorussa) indagano la crisi d’identità dell’uomo contemporaneo attraverso tecniche e poetiche differenti ma fondate su un analogo approccio ellittico a una figurazione di solida matrice classica ma reinventata in chiave post moderna. Le figure dipinte o scolpite da questi artisti sono presenze enigmatiche e silenziose: uomini o donne che si propongono o si nascondono al fruitore con gesti e posture tanto precisi e definiti quanto vaghi e ineffabili ne appaiono i motivi, i significati soggiacenti. Ogni figura e ogni scena sono immerse in un’ atmosfera di sospensione e d’inquietudine. S’intuiscono delle storie dietro queste figure sfuggenti, dietro volti e gesti evanescenti ma tali storie non sono mai esplicitate. Prevale l’ellissi, l’elisione, l’allusione. Tutto è vagamente evocato. Ciascuna di queste storie è come immersa in un silenzio avvolgente e struggente come la musica di una viola. Un silenzio fatto di luce soffusa, vibrante. Un silenzio paradossale. Un silenzio che non è assenza, ma ellittica presenza: presenza che si nega, si nasconde nell’istante in cui si manifesta. Presenza che cela, nasconde una parte di sé, forse nasconde un’ enigma. Oppure più semplicemente questi quattro artisti sottraggono dalla tela, dallo spazio della rappresentazione ogni aspetto più prosaicamente aneddotico per lasciar affiorare l’unica vera essenza poetica, l’unico discorso pertinente, l’unico oggetto di riflessione che interessa l’arte di questi quattro artisti: l’ uomo. L’uomo e i suoi rapporti con gli altri essere umani.
Virgilio Patarini
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Up Down Town
a cura di Rosamaria Desiderio e Virgilio Patarini
S’inaugura mercoledì 27 aprile 2011 alle ore 18.30, nella Suite Rauschenberg della Galleria Zamenhof di Milano (primo piano) la mostra collettiva intitolata “Up Down Town” a cura di Rosamaria Desiderio e Virgilio Patarini. Durante l’inaugurazione sarà presentato il catalogo della mostra (Edizioni Zamenhof Art). Opere di Carlo A. Crespi, Lorenzo Curioni, Mauro Orietti, Davide Ratti, Eva Reguzzoni, Ivo Stazio, Andrea Terenziani.
NOTA DI PRESENTAZIONE
Molti sanno che la parola ‘metropoli’ in greco significa letteralmente ‘città-madre’. Ma forse non tutti sanno che tale parola, in antichità, non indicava necessariamente una grande città, ma era stata coniata e veniva usata dai greci delle colonie sparse per il Mediterraneo per indicare la loro città di provenienza. Quindi il termine ‘metropoli’ poteva indicare una megalopoli come Atene, ma anche un minuscolo borgo. Ma soprattutto indicava un rapporto di ‘filiazione’: un rapporto stretto, ‘di sangue’, anche quando tra la ‘città madre’ e la colonia, ‘città figlia’, c’erano centinaia e centinaia di miglia marine. E allora, sulla scorta di questa suggestione etimologica, proviamo ad immaginare le nostre maggiori città italiane come delle “madri”. Ed ecco che la metafora della città-madre può essere illuminante ed in grado di aiutarci a meglio decifrare l’identità, il carattere di queste nostre città. Innanzitutto non tutte ci appaiono, a prima vista, madri così amorevoli. E poi ci sono madri e madri. Ci sono madri distratte, madri sciatte, madri snaturate. Ci sono madri e ci sono matrigne. Napoli e Bologna, ad esempio, sono città madri. Certo il modo di essere madre di una napoletana è ben diverso da una bolognese. Bologna è una città-madre che se ne sta sempre ai fornelli, che ti rimpinza di cibo, una città madre dalle grandi braccia nude e il seno prosperoso, che ti abbraccia così forte da toglierti in fiato. Napoli non so, la conosco meno. La immagino come una madre inquieta, misteriosa, possessiva, con occhi oscuri e fuggitivi, capace di grandi slanci di passione, chiassosi, e poi di repentini mutamenti di umore. Milano e Torino sono senz’altro città matrigne. Asburgiche, rigide, distanti. Maledettamente snob e cerebrali, portano a spasso il loro bel nasino all’in su modello mitteleuropeo e parlano ai loro figli in francese. Peccato che i figli conoscano solo il dialetto.Roma è una città matrona, una vecchia matrona carica di anni, di acciacchi e di storia, a volte un po’ mondana, salottiera. Altre volte borgatara, sboccata e caciarona. Delle maggiori città madre italiane in questa mostra alcuni ‘figli’ più o meno ‘degeneri’ raccontano storie e suggestioni: di Roma, di Bologna (Ivo Stazio), di Milano (Lorenzo Curioni, Davide Ratti). Anche se questo progetto espositivo ed editoriale non si limita a questo. Up Down Town racconta città reali e città immaginarie. E di queste ci racconta il centro e le periferie.
E poi ci racconta in maniera assolutamente non convenzionale lo ‘stile’ di vita urbano. Quelle di Lorenzo Curioni, Ivo Stazio e Davide Ratti sono città reali. Curioni ci squaderna il fumoso grigiore e la pallida luce invernale di Milano e di New York, rivelandocene la nascosta poesia e le atmosfere malinconiche. Ivo Stazio scava con spatolate di colore nel corpo vibrante di una Bologna contadina e urbana al tempo stesso, svelandoci l’inesistenza di un confine tra la campagna e la città. Il giovane Ratti ci narra le contraddizioni sociali e politiche, le frizioni, i conflitti di Milano, di Genova, di Gerusalemme. Poi ci sono Carlo Ambrogio Crespi, Mauro Orietti,Eva Reguzzoni e Andrea Terenziani che ci raccontano la città in astratto, la città come idea, la città “sub specie aeternitatis”. Quelle del pontremolese Mauro Orietti, “guest star” della mostra “Urban Style” presente con solo due opere sono vedute di metropoli del tutto immaginarie, immerse in atmosfere plumbee, ma così verosimili da ricordare a ciascuno uno scorcio di città conosciuta: europea, americana o italiana. Londra o Brindisi. Crespi con opere geometriche e concettuali rappresenta la città attraverso due elementi essenziali, uno simbolico e l’altro strutturale: il cartello stradale e l’angolo retto. Anche Eva Reguzzoni affronta la struttura geometrica delle città e degli agglomerati abitativi in chiave giocosa e variopinta. La Reguzzoni e Crespi entrano nelle strutture, nei reticoli del ‘tessuto’ urbano e ne raffigurano degli spaccati. Al contrario il parmense Andrea Terenziani vede la città da lontano, come una sorta di sospesa epifania che si profila all’orizzonte, tanto chimerica ed effimera, quanto materica e concreta è la tecnica pittorica utilizzata. Virgilio Patarini
Inaugurazione 27 aprile ore 18.30
Galleria Zamenhof
via Zamenhof, 11 - Milano
Dal mercoledi al sabato dalle ore 11 alle 13 e dalle 14 alle 18. Domenica dalle ore 14 alle 18. Lunedi e martedi chiuso
Ingresso libero