Id.entity. Un'indagine sull'identita' mutabile e transitoria nell'era della globalizzazione; una pittura ibrida, veloce, ma mai istintiva, inserita in ambito ''Neopop''.
di Roberta Vanali
Io non sarò mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me.
(Jim Morrison)
Risultato di un compromesso tra differenze fisiche, culturali e caratteriali che concorre a fare di ogni individuo un essere assolutamente unico, l’identità è sinonimo di distinzione quanto di appartenenza. E’ l’insieme di trasformazioni che articola il percorso esistenziale mantenendone i tratti distintivi. Ragion per cui ciascuno di noi è una moltitudine, e la ricerca della nostra identità è un tentativo destinato all’insuccesso, per parafrasare Galimberti. Poiché il processo di costruzione della personalità implica tutta una serie di fattori che vanno dal condizionamento dell’ambiente alle peculiarità fisiche e mentali, ma sopratutto si focalizza sulle reazioni psicologiche agli eventi e a ciò che inevitabilmente si ripercuote sulla nostra esistenza. Da questa riflessione origina l’analisi di Nicola Mette, dalla concezione dell’identità come entità effimera e instabile che si evolve, ora più che mai, in direzione caoticamente frammentaria e inconsistente.
ID Entity si configura come un’indagine sull’identità mutabile e transitoria nell’era della globalizzazione, epoca controversa di frammentazione sociale che si riflette in una scissione dell’identità personale, perdendo importanti punti di riferimento in quanto le appartenenze non sono certo scontate. Così l’identità dell’individuo si smembra, si mimetizza e irrimediabilmente si adatta diventando contingente. Nella società dell’incertezza, la cui perdita dei confini identitari catapulta l’individuo in una condizione liquida - per citare Bauman -, mediatore tra noi e il mondo esterno è il corpo, che acquisisce valenza di luogo dell’identità, teatro del vissuto che ingloba e stratifica esperienze, percezioni, emozioni, presenze. Ma è sopratutto il corpo esibito come feticcio - standardizzato e ingabbiato in banali stereotipi dettati da una società al limite della schizofrenia, che si trasfigura in una sorta di manichino - a sollecitare l’artista, dal momento che il potere si è addentrato nel corpo, esso si trova esposto nel corpo stesso, per dirla con Foucault.
Inserita in ambito neopop, tendenza influenzata dalla cultura globale che prevede la contaminazione e interazione di codici e linguaggi espressivi, quella di Nicola Mette è una pittura ibrida, veloce ma mai istintiva, calibrata nelle sgocciolature che vanno a sovrapporsi aprendo distese prospettiche, improvvisi varchi di luce, o a definire fitte texture che isolano entità fluttuanti profondamente ritagliate dal fondo. Inquietanti presenze che alludono alla statuaria classica per accostarsi grottescamente a un’idea di compiacimento estetico decadente. Un’ossessiva ricerca di perfezione formale definita da tratti somatici lineari, stilizzati, appena pronunciati che emergono a sottolineare la depersonalizzazione dell’individuo, la frattura tra vissuto e coscienza. Ritratti decontestualizzati come svuotamento dell’io che rimandano ad una dimensione sospesa e surreale. Nel contesto di una pittura liquida, al limite della dissoluzione per sottrazione cromatica, prendono forma volti incorporei, indefiniti, svuotati da ogni espressività per tradursi in sterili icone di una società alienata e sempre più vicina all’inverosimile. Presenze-assenze immobili e austere, estranee al mondo e al proprio essere. E inesorabilmente senza via d’uscita perché è scritta nel corpo la trama delle successive disavventure dell’anima. (U. Galimberti)
Inaugurazione 4 maggio ore 17.30
European Patent Office
Patentlaan 2 (The Hague) - L'Aja
Orario: lun-sab 10:30- 19