Scultura e citta'. Dai Costruttivi trasformabili al Progetto urbano 1960-2010. Danno corpo alla mostra i Costruttivi / Decostruttivi / Ricostruttivi, concepiti dall'artista come organismi plastici trasformabili, disposti e organizzati in rapporto agli spazi naturali e sociali. Oltre allo specifico studio concernente l'installazione negli spazi pordenonesi della Fondazione Ado Furlan, vengono presentati altri progetti d'interventi monumentali.
Sono molto riconoscente a Nicola Carrino di avere accolto il mio invito e lo ringrazio vivamente per aver progettato e reso possibile questa esposizione di sculture e disegni, che attestano momenti salienti della sua operosità dagli anni Sessanta ad oggi.
Danno corpo alla mostra i Costruttivi / Decostruttivi / Ricostruttivi, concepiti dall’artista come organismi plastici trasformabili, disposti e organizzati in rapporto agli spazi naturali, alle architetture e alla dimensione sociale che si istituisce con l’interazione comportamentale del fruitore.
Oltre allo specifico studio concernente l’installazione negli spazi pordenonesi della Fondazione Ado Furlan, vengono presentati altri progetti d’interventi monumentali realizzati in contesti urbani, di territorio e di edifici pubblici.
Le intenzioni e le valenze essenziali dell’arte di Carrino vengono chiarite nelle pagine che seguono dallo stesso artefice, con la chiarezza e la precisione che riflettono appieno la singolarità del suo operare. Non sono necessarie ulteriori spiegazioni: maggiormente proficua è semmai la comprensione dell’uso delle regole e degli elementi progettuali sottesi ai lavori di Carrino, della proposta didattica e della metodica artistica in quanto possibilità concrete di influire su comportamenti e giudizi nella collettività sociale.
All’opera di Carrino si confanno le parole Logos ed Ergon, in origine equivalenti nella tradizione greca. I suoi processi operativi evocano antiche metafisiche in relazione alle leggi del numero, all’idea platonica che l’unità si divide ma non si perde nel molteplice. Idea, quest’ultima, ripresa nell’Ottocento da Georg Cantor, che considera “insieme finito” quello generato da un elemento originario mediante addizioni successive, che ritrovi l’elemento inizialmente individuato attraverso il successivo allontanamento nell’ordine opposto. Mi sembra una linea concettuale vicina al pensiero di Carrino nell’organizzare sistemi plastici aperti e trasformabili nello spazio e nel tempo. Interventi che Carrino – artista, matematico e filosofo – ha sempre condotto con rigoroso impegno morale, lavori che egli offre al mondo come “prospettiva sociale per un ritorno al necessario della natura e dell’arte”.
Nell’accogliere questo profetico messaggio – che auspico condiviso da tutti e che degnamente la Fondazione Ado Furlan ha cercato di soddisfare con la presente mostra e il relativo Quaderno – mi piace salutare Carrino con un augurale versetto di Isaia: “così sarà della parola che è uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me vuota, senza avere compiuto il mio volere, senza avere realizzato ciò per cui l’ho mandata”.
Il Presidente della Fondazione Ado Furlan
Italo Furlan
Nicola Carrino
Scultura e intervento urbano. Integrazione delle arti come ‘arte dei luoghi e del paesaggio’
La scultura è la forma del luogo, anzi il luogo stesso.
Il recente orientamento del fare arte non può che definirsi ‘arte dello spazio’, tendente al superamento delle settorialità disciplinari, pittura, scultura, architettura, per una integrazione interattiva finalizzata alla fruizione pubblica e alla produttività sociale.
Integrazione che non considera la sola unitarietà dell’interscambio tra le arti disciplinari, quanto il coniugarsi trasformativo del progetto alle necessità del luogo, sia nella collaborazione che nelle specificità contributive.
In tal senso ho inteso operare sin dagli anni Sessanta, credendo vieppiù nel tempo che l’unico modo per salvare un fare motivato che determinasse il prodursi dell’arte in un possibile riscontro ed in sintonia con il pubblico, fosse l’esprimersi nella città.
Il luogo urbano infatti, motiva le ragioni plastiche e simboliche delle operazioni che il luogo urbano stesso intendono plasmare, trasformandolo o costruendolo ex novo ed il luogo non è solo quello fisico, naturale o artificiale, quanto quello culturale, originario e simbolico.
Il luogo ha una sua specifica identità che forza i limiti precostituiti degli schemi formali acquisiti dall’artista, determinando nell’incontro deroghe produttive, nuove vie alla forma e alla comunicazione.
Il rapporto arte/città, come è ovvio, non è questione dell’oggi, ma per condurci all’attualità, vanno chiarite le motivazioni e le legittimità di un tale mio rapportarsi, che inderogabilmente pone a denominatore comune lo spazio e l’agire progettuale.
Pertanto, a seguito di un decennio di operatività con la pittura, attenta all’inizio alla condizione ambientale della realtà sociale, per giungere poi all’espressione organica e caotica insieme dell’esperienza materica informale, facevo partire nei primi anni Sessanta una ricerca che dal piano della stessa pittura giungeva alla realtà tridimensionale del costruito plastico in un possibile
rapporto con l’ambiente, ricerca poi perseguita col Gruppo 1 di Roma.
Seguiva quindi alla fine degli stessi anni Sessanta, dopo le vicende di gruppo, e per tutti gli anni Settanta, l’operare ‘Interventi di Trasformazione’ con i Costruttivi Trasformabili, sculture modulari – modulo scalare, modulo L, modulo T – realizzate in acciaio, in divenire secondo contingenza e partecipazione, per costruzione e decostruzione nel tempo e nello spazio, sia all’interno ambientale, che all’esterno nella città con ‘Interventi urbani di trasformazione’, intendendo superare l’‘estetico’ prodotto nelle gallerie e nel museo, per entrare nel vivo partecipativo del sociale e del politico.
In alcuni testi relativi a quegli anni, così mi esprimevo: «L’intervento nella città [di Volterra] con la scultura, pone due problemi basilari: l’uno, specifico del rapporto arte contemporanea/ struttura ambientale nel centro storico, con le sue problematiche socio-politiche; l’altro di ordine più generale rispetto alla specificità del primo, del rapporto scultura/spazio esterno, a sua volta di ordine più specifico rispetto alla scultura come problematica tecnico-artistica nonché della comunicazione di suoi possibili valori (forme, segni, ideologie, metodologie)».
Questo nel catalogo Volterra ’73, mentre sulla rivista «Qui arte contemporanea», nel 1977, dichiaravo: «Riconosco valore all’arte che genera ideologia. Ideologia sociale e politica, ossia metodi conoscitivi o meglio metodi per produrre creatività sociale critica e cosciente attraverso l’analisi del reale. In questo l’arte diventa strumento e l’idea dell’arte è idea o metodo di
conoscenza estensibile dallo specifico individuale al generale collettivo, ma anche e proprio dallo specifico dell’arte al generale gnoseologico».
Negli anni a seguire quindi, dopo aver ancora operato negli ambiti interni, intervenendo direttamente sui muri dell’ambiente con colore nero ed elaborando al contempo nuove unità spazio- ambientali col modulo ellittico, in risposta alla reazione del cosiddetto ‘riflusso’ ed all’imperversare improduttivo dell’‘effimero’, ho ritenuto necessario e inderogabile rivolgermi all’esterno in modo più diretto con la possibilità di ‘interventi stabili di scultura’ nella città, interventi anche di progettualità complessa che rispondessero alle regole della costruzione urbana, nel rapporto convenuto con le istituzioni e con la committenza pubblica.
In tale prospettiva ho atteso, quindi, a quella che da tempo definisco ‘arte dei luoghi urbani e del paesaggio’, ponendo attenzione al luogo, derivandone da esso o realizzandolo ex novo attraverso interventi plastici in sintonia ambientale con l’architettura e col territorio, per analogia o per contrasto, derivandone in specie negli interventi in centri storici, del restauro e della riqualificazione urbana.
Nell’‘arte dei luoghi urbani e del paesaggio’ il prodotto plastico non può essere considerato a posteriori come puro fatto di ornamento, ma va considerato a priori unitariamente all’insieme architettonico e ambientale nel suo progettarsi.
Qui difatti, il comune intento del progetto può superare, ed in effetti supera a mio avviso, le singole visioni e aspettative disciplinari tra arte e architettura, pur ponendole in gioco e attentamente manifestandole, esprimendole quindi in un possibile prodotto unitario o unitariamente differenziato.
Ritengo pertanto che la scultura, nel rapporto di committenza pubblica non può definirsi nel solo oggetto plastico in relazione al luogo di intervento, necessitando progettare o riprogettare il luogo stesso per una risoluzione unitaria dello spazio e della resa urbana.
Orientamento dell’operare che con termine unificante posso definire ‘arte dello spazio’, se non proprio in coincidenza ‘arte combinatoria del costruire’, rimanendo parametro indiscusso l’agire progettuale, nella coscienza ormai esperita che ogni possibilità costruttiva implica al suo interno e nel suo svolgersi procedimenti di decostruzione e viceversa, atti a costituire in modo dialettico, di confronto e verifica, quella metodica della ricerca cosiddetta di base, che adduce consapevolmente all’azione comunicatrice della forma.
In tal senso, spazio, luogo, metodi, tecniche e materiali innovativi, inducono a far muovere l’artista nell’urbano con le regole e le esigenze dell’architettura e l’architetto nell’abitabilità, secondo le indicazioni di spazio e di forma espresse dalla ricerca plastica, andando a determinarsi infine quella possibile ‘Sintesi delle arti’ pur vagheggiata lungo l’arco del secolo scorso, tanto nella pratica collaborativa di consuetudine, quanto maggiormente nella visione unitariamente progettuale del singolo artista o del singolo architetto, che nella realizzazione del progetto riunisce e coordina in un tuttuno le particolarità tecniche ed espressive delle specifiche discipline.
Pertanto l’operare con la scultura in funzione della città non intende contendere agli architetti la specificità del costruire, quanto voler contribuire alla costruzione dell’urbano possibile con gli strumenti formativamente esperiti attraverso la ricerca plastica della scultura, ponendo anche la scultura urbana la questione del costruire in loco come per l’architettura, non essendo il prodotto precostituito e necessitando definirlo in esso.
Come artista infatti, mi è dato investire nel mio lavoro, il ruolo del progettista e dell’imprenditore, soprintendendo all’opera per tutto il suo iter realizzativo, nel rapporto con le istituzioni e le regole della committenza.
Necessitando da parte delle istituzioni la promozione di adeguate iniziative e di progetti architettonici e scultorei urbanisticamente unitari, dove artisti e architetti possano contribuire e confrontarsi paritariamente.
La scultura, in tali termini, non ha solo diritto ad abitare gli spazi urbani, quanto il dovere di essere abitabile, di rispondere cioè ad un uso se non proprio a funzioni possibili.
Nel progetto pertanto parto dalla misura del luogo, per determinarne la plasticità, rilevandone le ragioni e le esigenze, assumendone i limiti e le possibilità.
Ma non sono ancora momenti facili nell’intendere la scultura il voler comunicare con incidenza nella visione complessa dell’urbano e nel superamento del fare tradizionale, registrando che, mentre l’architettura, nelle intrinseche ragioni d’uso e nella esteriorità delle più avanzate forme plastiche, trova in maggior parte l’accettazione pubblica, le stesse ragioni e forme espresse dalla scultura urbana nella permanente visibilità dell’arte pubblica, vengono ancora in massima parte respinte e può quindi accadere, come accade, che si distrugga, nel ricambio del governo della città, quanto in tal senso prodotto in arte dalla precedente amministrazione.
Per tali ragioni, la professione dell’arte richiede oggi maggiore tutela e l’urgenza di una più attenta regolamentazione giuridica, che riscatti la condizione a rischio dell’opera d’arte urbana, integrando la vigente normativa nazionale ed europea sul ‘diritto d’autore’, perché l’opera d’arte prodotta nella stabilità dell’urbano venga tutelata dal momento stesso della realizzazione, curandone la conservazione e nello specifico l’ordinaria manutenzione, così come avviene per l’opera d’arte mobile dal momento dell’acquisizione al museo.
Da DANIELA FONTI, PATRIZIA FERRI, MANUELA CRESCENTINI (a cura di), Io arte - noi città. Natura e cultura dello spazio urbano, atti del convegno (Roma 23-25 novembre 2004), Gangemi Editore, Roma, 2006, pp. 33-34.
Venerdì, 6 maggio ore 18
Presentazione di: Nicola Carrino, Forma urbana della scultura. Costruttivi Decostruttivi Ricostruttivi
Fondazione Ado Furlan & Forum, Udine, 2011
presso la sede dell’ Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Pordenone
Piazzetta Ado Furlan, 2 Pordenone
INTERVENTI
ALBERTO GRI, ITALO FURLAN, NICOLA CARRINO
PROIEZIONE La forma in evoluzione dinamica. Incontro con Nicola Carrino
FILMATO a cura di Mino Lorusso
Inaugurazione 7 Maggio 2011, ore 12
Casa Furlan
Via Mazzini 51-53, Pordenone
orario: martedì-sabato 17-19.30
ingresso libero