Galleria l'Affiche
Milano
via Dell'Unione, 6
02 86450124 FAX 02 862866
WEB
Laura Federici
dal 8/6/2011 al 1/7/2011
mar-sab 16-19
02 86450124, 02 804978

Segnalato da

Galleria l'Affiche




 
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8/6/2011

Laura Federici

Galleria l'Affiche, Milano

Seduti al contrario. L'artista inquadra con una telecamera il mondo che la circonda e trattiene nel quadro cio' che ha visto: i suoi lavori contengono suoni, odori, il peso e l'assenza.


comunicato stampa

testo in catalogo di Lea Mattarella

Le nostre città. Alberi, le arcate di un acquedotto, la trasfigurazione del cielo nel pomeriggio. Un “viaggio da fermi” che nasce dalla sosta dopo un lungo cammino. Fermo immagine che condensa una lunga sequenza di sguardi. Laura Federici si misura ancora con il tema del viaggiare. Questa volta nei luoghi di un viaggio quotidiano nelle città che frequenta, soprattutto Roma. Olio su tavola, grandi formati, una straordinaria tavolozza che sembra prepararci alla nuova stagione. Un lavoro più meditato, forse più maturo.

“...Quello che abbiamo di fronte è un Reise-Film, un film viaggio. Solo che Laura lo ha dipinto. Allora eccoci qui nel corso del tempo, ma anche nel corso di un cammino, di un luogo, di uno spazio che è quello che la Federici ha messo in scena per chi guarda, si avvicina, decide di entrare tra i suoi pini, le storie di onde, le arcate di una veduta che, tra le sue mani, diventa visione.”
(dal testo in catalogo di Lea Mattarella)

Laura è alla sua seconda mostra personale alla galleria l’Affiche.
Autrice romana, dopo esordi come architetto si dedica ormai alla professione di artista a tempo pieno da più di dieci anni. Il tocco lieve con cui riesce ad affrontare temi sociali, urbanistici e culturali anche molto complessi, la sua pittura fresca, fintamente veloce e approssimativa, sono stati a volte fraintesi e interpretati come puramente “rappresentativi”. Quello che a noi piace è invece proprio questa sua capacità non teatrale e non retorica di interpretare i conflitti e la realtà del quotidiano. Un posto qualunque: le bambine che giocano nella moschea in Siria, la spiaggia di Viareggio, il sagrato di piazza del Duomo sono in fondo la stessa cosa e viste da vicino le identità sembrano sovrapporsi.
(Ma d’altra parte Pasolini non scriveva che essere vivi o essere morti è la stessa cosa?)

Testo in catalogo di Lea Mattarella
Nel corso del tempo

Che a suggerirmi il titolo sotto cui raccogliere le opere di Laura Federici sia stato un film (Wim Wenders, 1975) non è certo un caso. Tra lei e il cinema c’è una corrispondenza sottile già sottolineata da Daniele Luchetti che ha scritto della “grande somiglianza tra il suo lavoro e quello che faccio io”, definendo i suoi quadri “cinema a olio”. C’è stato anche l’episodio di Un amore di Gianluca Tavarelli, in cui la pittura è diventata sequenza animata senza tuttavia perdere nulla delle sue connotazioni tipiche, un po’ come se la Federici oltre ad aver animato il disegno, avesse fatto altrettanto con la pennellata, mettendo in moto il colore.

Questa volta sarà il bianco e nero di Wenders ad accompagnarci nella lettura del gruppo di dipinti colorati e brillanti qui esposti a interpretare un mondo di mattini pallidi, di autunni infuocati. Perché anche quello che abbiamo di fronte è un Reise-Film, un film viaggio. Solo che Laura lo ha dipinto. Allora eccoci qui nel corso del tempo, ma anche nel corso di un cammino, di un luogo, di uno spazio che è quello che la Federici ha messo in scena per chi guarda, si avvicina, decide di entrare tra i suoi pini, le storie di onde, le arcate di una veduta che, tra le sue mani, diventa visione. Una Roma trasfigurata, un mare color del vino, angoli di presente che ha scovato per incendiarli di pittura. Lei li chiama “viaggi da fermi”. Perché nascono dalla sosta. Quella che segue una lunga marcia però.

Guardare questi quadri è come esplorare paesaggi che diventano stati d’animo: a volte i suoi viali di pini si scuriscono come fossero imbronciati, altre prendono luce, esplodono come se volessero raffigurare una gaiezza senza fine. Ciò che mi ha colpito la prima volta che ho visto le sue opere, è come Laura avesse inquadrato la mia città, il posto dove abito da sempre, mostrandomene lati segreti che pure avevo sempre avuto sotto il naso. Me l’ha fatta vedere in un modo diverso, come se l’avesse profumata di esotico. Così ne ho percepito un nuovo battito, un respiro inusuale. Che pulsava di rosso.

Il suo modo di lavorare è quello del movimento ( ancora una volta il cinema). Lei inquadra con una telecamera il mondo che la circonda, non sceglie l’inquadratura, se ne lascia inseguire. Dopo, tutto quello che ha girato le serve per attivare il meccanismo della memoria, come se le sue immagini prendessero forma da elementi da riallacciare insieme. Il quadro, dunque, trattiene ciò che lei ha visto ma finisce per contenere anche i suoni, gli odori, il peso e l’assenza. Mi piace immaginare la memoria che impasta, tiene insieme, ricuce, rimette in gioco, squaderna, inventa. È un po’ come se la Federici ci invitasse a camminare sulle sue vertigini, trasportandoci così in un paesaggio che, citando Mariangela Gualtieri, mi viene da definire senza polvere, senza peso. Il nostro sguardo si posa in un luogo che un giorno sarà pure stato “qui e ora”, ma oggi è un altrove in cui perdersi. Spazio liquido, trama fitta e poetica, la pittura diventa la sospensione, anche solo per poco, del flusso della nostra esistenza. Questi quadri mi sembrano storie dal finale aperto: Laura ci dà il ritmo iniziale, poi sta a noi pensare ciò che non ci è dato sapere, ma solo immaginare. La luce è un orlo rossastro, un leggera brezza viola. Assistiamo alla vittoria di un eterno tramonto, o magari di un’alba di primavera. La Federici vede “caldo”, cancella il gelo dalla sua tavolozza. Negli ultimi tempi predilige un formato verticale, ma ci ha abituato a lunghe e orizzontali visioni panoramiche. E il mare gli evoca un quadrato. Tutto ha la stessa consistenza: è armonia di vuoti e pieni che fa si che anche l’aria diventi carica di memorie, di energia vitale. E ciò di cui siamo certi è che da queste parti non calerà mai la notte.

Catalogo in galleria

Immagine: Pini, 2011, 120x80cm

Inaugurazione giovedì 9 giugno 2011 dalle 18.30

Galleria l’Affiche
via dell’Unione 6 - Milano
Orari: dal martedì al sabato ore 16-19

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Francesco Bocchini
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