L'artista realizza sculture in gesso, alabastro, creta, bronzo e legno, mischiando generi linguistici e alternando tecniche e procedimenti.
a cura di Gaetano Salerno
All’interno di un sistema artistico che ancora oggi, archiviate le Seconde Avanguardie e le declinazioni
sperimentative del dopoguerra, sembra intravedere nel rumore e nel cortocircuito linguistico la via più
efficace di auto-affermazione e nell’iperbole mediatica la riconoscibilità di un valore presunto – troppo
spesso autoreferenziale e troppo spesso prescindibile dal messaggio - il lungo percorso di MaBe,
artista veronese di formazione accademica, decisa invece ad indagare il silenzio e ad inverarlo nella
forma pittorica e scultorea, assume un significato ancora più sorprendente ed inatteso perché
intellettuale ed ermetico, quindi straniante.
Agendo per sottrazione, impostando i toni del proprio lavoro sul lirismo sentimentale piuttosto che
sulle deflagrazioni assordanti dell’oggetto artistico, perseguendo linee strutturali sicure, digressioni
progettuali che sono riflessioni sulle esistenze psichiche piuttosto che effimere rispondenze
fenomeniche indotte dai giudizi fallaci di vista|tatto|udito, l’artista ha saputo creare un vocabolario
proprio e attingere ad una grammatica alternativa le cui regole appaiono antitetiche a quelle delle
narrazioni artistiche alle quali la contemporaneità sembra averci assuefatto.
“Per magnificare il silenzio, ho ascoltato dentro me stessa le ragioni che spingono forse noi tutti a
cercarlo, desiderarlo” sostiene Mabe, proponendo “un ascolto che è diventato esercizio, arte,
privilegio. Una dimensione nella quale si trova ristoro, nella civiltà del rumore e dell’aggressione
acustica l’uomo trova sé stesso e volendo anche uno stile di vita”.
Inserirsi nei percorsi dell’arte, laddove l’arte diventa il respiro quotidiano della vita stessa
suggerendone il ritmo, è dunque primariamente un percorso mentale, un volo nell’ Iperboreo che
ignora – al di là dell’indubitabile concretezza del manufatto – gli appigli alla corruttibilità del reale
poiché tutto nasce e si concretizza nell’atmosfera rarefatta e introspettiva del sogno.
Affascina notare come sculture così predominanti, caparbiamente eloquenti nella pesantezza della
materia che le connota e le individua, riescano tuttavia ad invadere lo spazio con rispetto e
discrezione, esistendo nella leggerezza di un attimo, nella fugacità del momento, testimoniando la
trasmigrazione del corpo fisico in quello astrale; ed ogni apparizione assume il valore cristiano di
ricompensa, di evento mistico, di concessione unica ed irripetibile, sottolineata da una luce
caravaggesca che con vigorosi bagliori metafisici colpisce gli elementi vibratili delle superfici nervose
lavorate dall’artista, facendole poi ripiombare nel buio del magma creativo non prima di aver lasciato
però un segno indelebile, un benessere osmotico che dialoga con i nostri sensi, donandoci pace e
piacere.
“L’arte non è mai fine a sé stessa”, ama ripetere l’artista. La bellezza di questi lavori, esasperata dai
forti ed immediati verticalismi scultorei, filiformi figure orientate verso realtà-altre lontane e superiori,
lascia presagire l’adesione ad una filosofia neoplatonica in cui la tensione al Bello è intesa come
percorso di avvicinamento all’Idea, entità divina eterea eppure dogmaticamente presente a cui ogni
vita aspira, viatico di speranza per anime in bilico tra la salvezza e la dannazione.
L’arte di MaBe, per quanto animata da intenti anti-mimetici, è la rappresentazione speculare di
un’umanità inquieta e sofferente alla ricerca spasmodica di stati di calma espiativa, ben evidente nelle
dicotomie corpi-volti dalle cui differenze formali l’artista muove per sottolineare le dualità e la
complessità del nostro Io. I personaggi, esili eppure possenti, interpretano le tante storie di costrutti narrativi dagli epiloghi
incerti, moltitudini di un unico canovaccio esistenziale; l’eleganza della linea origina figure sole e
silenti, protagoniste di racconti minori, rinchiuse intimamente entro i limiti fisici e protettivi della
materia, ora grezza, ora levigata, ora definita da tocchi di bulino precisi e taglienti; presenze discrete
dunque si agitano in percorsi rapidi e sinuosi, protese a dismisura verso solitudini estreme, luoghi dei
sentimenti gelosamente serbati che i volti, ricchi di dettagli espressivi eppure sfuggenti, riescono solo
ad accennare.
Nello studio ed applicazione personale della disciplina - che da iniziale simbolo grafico e pittorico
supera l’inganno prospettico della bidimensionalità per muovere in direzione di impreviste espansioni
ed esplorazioni spaziali, fino a divenire tangibile scultura a tutto tondo in gesso, alabastro, creta,
bronzo, legno - l’artista sovrappone l’evoluzione del proprio segno all’espansione dei nostri orizzonti
mentali, oltre le chiusure individuali, suggerendo percorsi conoscitivi che traggono energia dal puro
pensiero, che nel puro pensiero individuano gli spunti vitali per assumere forma concreta ed eterna.
Con l’eleganza di tratti frastagliati e interrotti l’artista persegue atti creativi ormai consolidati - colate
bronzee, apporti di materia argillosa, impasti di polveri e resine - mischiando generi linguistici e
alternando sapientemente tecniche realizzative per fondere, dapprima attraverso procedimenti
addittivi e poi sottrattivi, l’aspetto classico di oggetti statici e stanti con sentimenti iperbolici dinamici e
contemporanei, spunti viscerali e contorsioni posturali che assimilano capacità emotiva – vissuta
intimamente da ogni scultura – e pathos espressivo, intuizione ellenistica di un dato visuale scultoreo
che viola l’aurea aulica dell’icona con dettagli umanizzanti.
Lo sguardo trova riferimenti certi nelle tensioni e nelle drammatizzazioni di Medardo Rosso ma la
purezza del messaggio, l’eleganza delle superfici e la loro chiarezza formale non possono non tornare
nostro Rinascimento o ignorare la ricerca spasmodica di Fede – in qualsiasi accezione la si voglia
riconoscere ed interpretare – del non-finito michelangiolesco.
Nell’astrazione del silenzio e della sua impercettibile presenza, MaBe esprime forte il desiderio di
concretezza, rendendoci testimoni di esperienze rivelatrici coinvolgenti e totalizzanti, intravedendo
nell’oggetto scultoreo l’elemento di condivisione e comunione tra opere e sguardi, tra sguardi e
pensieri, tra arte e realtà, gettando un ponte tra ciò che conosciamo, con ineludibile certezza e ciò che
invece possiamo solo prefigurarci, immaginare, intuire.
Oppure provare ad ascoltare, senza nulla sentire ad eccezione dei battiti cardiaci attutiti dal marmo,
senza nulla avvertire se non il flusso di pensieri che scorre vitale lungo le superfici bronzee; nel
silenzio, finalmente.
La mostra "Profumo di Silenzio" di Mabe è patrocinata da:
Confindustria Verona Gruppo Giovani
Comune di San Martino Buon Albergo Assessorato alla Cultura
Provincia di Verona
Inaugurazione: sabato 2 luglio 2011 ore 18.00
Azienda Agricola Musella - winery&resort
Via Ferrazzette 2, San Martino B.A. (Verona)
Ingresso libero