Archetipi della pittura. La nuova esposizione personale dell'artista si propone come un evento caratterizzato dalla presenza di lavori inediti e da un aggiornamento e approfondimento critico a piu' voci sull'opera dell'artista.
a cura di Domenico Montalto
Dopo il successo delle due prime esposizioni, presso la Pinacoteca del Duomo di
Ravello e presso la Galleria della Biblioteca Angelica di Roma, la mostra “Gianluigi
Brancaccio. Archetipi della pittura”, a cura di Domenico Montalto, termina il suo tour
espositivo approdando al Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova, dal 10
luglio al 28 agosto 2011.
A due anni dalla mostra antologica presso la Fondazione Mazzotta di Milano (a cura di
Luciano Caramel, catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta), la nuova esposizione personale
dell’artista Gianluigi Brancaccio si propone come un evento caratterizzato dalla presenza
di lavori inediti e da un aggiornamento e approfondimento critico a più voci sull’opera
dell’artista.
“L’arte non ha età: in tutte le stagioni della storia, quali che siano le modalità in cui l’artefice
si esprime, sempre le sue opere manifestano lui, la sua personalità, la sua visione della vita
e del mondo. L’arte non ha età: cambiano le forme, cambiano gli stili, ma in fondo tutte le
opere non sono se non variazioni su un unico tema, quella stupefacente meraviglia che è
l’uomo. Le opere di Gianluigi Brancaccio non fanno eccezione. Il Museo diocesano Francesco
Gonzaga si è dato tra le primarie la finalità di manifestare esempi di quella meraviglia; per
questo non esita ad accogliere, accanto a riconosciuti capolavori dei secoli passati, creazioni
recenti. Lo fa, sia con la sua collezione permanente sia con mostre temporanee, anche nella
convinzione che l’accostamento tra passato e presente offra ai visitatori spunti di confronto,
dialogo, approfondimento e dunque arricchimento.
Di certo al confronto, alla scoperta della sottesa continuità tra il ricchissimo “ieri” e il non
sempre compreso “oggi”, invitano anche le creazioni di Gianluigi Brancaccio, che il Museo si
onora di ospitare” (dal testo in catalogo di Mons. Roberto Brunelli).
Il percorso esistenziale e culturale dell’artista è esemplificato in mostra da un corpus di
opere, parecchie delle quali inedite, che restituiscono il senso del fondamento Novecentista
dell’opera di Gianluigi Brancaccio, tracciandone i punti di forza.
La sua vocazione di artista risale all’adolescenza. Nipote di Giovanni Brancaccio, eminente
pittore del Novecento italiano e Direttore dell’Accademia di Belle arti di Napoli, Gianluigi
Brancaccio, durante i suoi molti viaggi internazionali, frequenta maestri come Radice, Carrà,
Prampolini, Gentilini, il Gruppo Cobra e lo storico atelier calcografico Lacourière di Parigi,
mettendo a punto una propria inconfondibile figurazione ricca di poesia, colore,
arcaismo, ispirata alle Avanguardie storiche del XX secolo.
“Brancaccio è autore di profonda e sostanziale cultura, di importanti frequentazioni. I suoi
dipinti e le sue grafiche – aspetti diversi e peculiari di un unico, felice e ininterrotto clima
creativo – rivestono di forme attuali e suggestivamente singolari il verbo più eminente del
moderno, ovvero quell’arcaismo, quell’ispirazione primitivista che consentì a Modigliani,
Picasso, Matisse, Léger, Marino, Wotruba, Moore, Zadkine di fondare un’idea nuova del
visibile, sconvolgendo irreversibilmente i canoni convenzionali del classicismo e del
naturalismo” (dal testo in catalogo di Domenico Montalto).
Le opere dell’artista sono “Istantanee di un viaggio, percorsi iniziatici all’interno di una
coscienza che si è andata formando tra le stanze del Novecento, asimmetriche, instabili,
tanto anguste e altrettanto ariose ed immense, le stanze ansiose di un tempo irreale che ne
ha imprigionati tanti altri [...]. Brancaccio possiede il passaporto anagrafico di chi c’era e la
sensibilità esistenziale di chi si è sentito parte nella vicenda e, quindi, testimone
responsabile e ponte generazionale” (dal testo in catalogo di Claudio Caserta).
La mostra offre una rassegna dei temi ricorrenti nella produzione dell’artista che
rivisitano alcuni archetipi centrali del novecentismo.
“Il suo è un repertorio di corpi muliebri che occupano l’intera composizione, vasti come
paesaggi e architetture, di matrone e di Giunoni opulente e accidiose in posture pigre o per
contro acrobatiche, contorte, di giocolieri, di icari e di maschere, di angeli e di demoni dalle
anatomie dinoccolate e massive, di odalische semplificate a pure silhouettes di colore.
Insomma un’umanità primigenia e titanica, evocata con ductus pittorico sensuale, saturo di
passionalità, nonché di ebrezza, ardore, estasi, rapimento, carnalità” (dal testo in catalogo
di Domenico Montalto).
Un repertorio vasto, esemplificato in mostra da una selezione di opere storiche e recenti, fra
le quali: Estasi su fondo blu 2005; Poupée 2008; Odalisca 2009; Anime perse 2009;
Odalisque fond noir 2009, nella sezione dedicata alla grafica.
Negli ultimi tempi Brancaccio ha affrontato in Bretagna il tema dei menhir di Carnac, rocce
forti e totemiche, di tutte le sfumature del grigio, che si innalzano su fondo azzurro intenso
in una luce accecante. Tale produzione recente è rappresentata in mostra dall’opera Menhir
di Carnac 2008.
L’esposizione è corredata da un catalogo edito da Lubrina Editore, in cui più voci offrono
uno spaccato dell’esperienza umana e artistica e della poliedrica personalità di Gianluigi
Brancaccio. Chiara Gatti, nel suo testo dedicato all’importante produzione grafica
dell’artista, illustra così la sua vocazione alla sintesi formale: “Nella grafica Brancaccio fa
pulizia. Predilige il segno puro, anche quando concede all’acquatinta di dialogare sullo
sfondo”.
Nel suo testo, Isabella de Stefano si sofferma sulle “Figure” ritratte dall’artista:
“Impenetrabili a qualsiasi approfondimento psicologico, i soggetti descritti dall’artista sono
idoli arcaici, irraggiungibili e distanti, sovente colti in pose contorte e disarticolate, talvolta
anche allusive (Estasi su fondo blu). Figure stravolte a cui non è di certo estranea una
visionarietà onirica, sorprese nell’angoscia di un’inquietudine esistenziale che procede di pari
passo con il sovvertimento di ogni regola spaziale e prospettica (Hallucination visuelle)”.
A completare il variegato percorso critico presente in catalogo, un testo-intervista di Andrea
D’Agostino ci rivela l’anima più intima dell’artista. D’Agostino, nell’ultima domanda rivolta a
Brancaccio, pone l’accento su un particolare ricorrente nelle figure rappresentate dall’artista:
“Le dita delle mani e dei piedi sono sempre aperte, come a voler ghermire l’aria o a volersi
espandere nello spazio. È proprio così?”.
“Dita e mani, sempre aperte, esprimono per me la tensione dell’anima e del corpo”.
(Gianluigi Brancaccio)
Uff. Stampa: Bianucci Cinelli studio
Comunicazione - Organizzazione eventi - Ufficio stampa
T. +39 02 29414955
Dr.ssa Francesca Bianucci 335-6178582
fb@bianuccicinellistudio.it
Dr.ssa Chiara Cinelli 333-4852926
cc@bianuccicinellistudio.it
Inaugurazione sabato 9 luglio 2011 - ore 18
Sarà presente l’artista
Museo Diocesano Francesco Gonzaga
Piazza Virgiliana, 55 - Mantova
Orari della mostra (ingresso libero)
mercoledì - domenica: 9.30 – 12.00 / 15.00 – 17.30
lunedì e martedì: aperto solo a gruppi prenotati
Visita del Museo: intero 6,00 € - ridotto 4,00 €