Tomav - Torre ettagonale
Moresco (FM)
piazza Castello
0734 259983
WEB
Tino Stefanoni
dal 5/8/2011 al 10/9/2011
mart-dom 17-20.30

Segnalato da

Andrea Giusti



approfondimenti

Tino Stefanoni
Andrea Giusti



 
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5/8/2011

Tino Stefanoni

Tomav - Torre ettagonale, Moresco (FM)

Andrea Giusti presenta come evento inaugurale della stagione espositiva 2011/2012 la personale dell'artista dal titolo Sublimazione, una raccolta di opere pittoriche attraverso le quali l'artista riflette sulla reata' che lo circonda.


comunicato stampa

Il TOMAV-Torre di Moresco centro arti visive, istituzione comunale affidata alla direzione di Andrea Giusti, presenta come evento inaugurale della stagione espositiva 2011/2012 la personale dell'artista Tino Stefanoni. L'artista lecchese classe 1937, gia' presente nel 1970 alla 35 Biennale di Venezia Padiglione Sperimentale e nuovamente invitato su segnalazione di Ermanno Olmi -nel 2011 al Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi, presenta negli spazi del Tomav una serie di lavori recenti - circa una ventina tra tele,carte,sculture - esemplari per rigore e coerenza. L'evento e' patrocinato dal Comune di Moresco e dalla Provincia di Fermo.

E’ proprio Tino Stefanoni a dire: “Vorrei che i miei quadri fermassero il tempo per poter riflettere, così come un fotogramma ferma il tempo di un film” *. Guardare la realtà che ci circonda come si guarda un film, riuscendo anche a sedersi e mandare avanti e indietro le immagini per analizzare, capire, vedere e non solo guardare è una necessità che tutti prima o poi abbiamo sentito. Poter lasciare che le emozioni e i ricordi evaporino dalle immagini per guardare le cose come forme, gli oggetti come immagini, le emozioni come dati percettivi non soggettivi ma propri di una poesia nascosta in tutte le cose, di un lirismo che “non è un’immagine nostalgica ma un’immagine necessaria alla fisiologia della mente”: questa è una diversa prospettiva da cui guardare la realtà, suggerita dal lavoro di Tino Stefanoni.

Due proposte di riflessione, come davanti ai fotogrammi di un film.

1. Su una tela bianca montata su telaio di cm 36 per 100 compare una casa semplicissima ed un albero ridotto a poche linee, molto simili a come ognuno di noi sarebbe in grado di disegnare una casa ed un albero, perché così ha imparato da bambino; lo spazio è costruito soltanto dividendo in due la superficie, segnando una linea di orizzonte che non lascia percepire due o più piani di profondità, ma solo quello della tela, sottolineando così che lo spazio rappresentato coincide con quello della pittura. Perché l’artista decide di non perseguire un risultato imitativo? Perché offre l’ illusione di riferimento al reale se poi sottolinea la natura autonoma dell’opera? I colori sono in questo senso significativi: esasperati nelle tonalità, sono molto più simili a quelli dei fumetti o di un prodotto pubblicitario che di un quadro, non solo per la scelta dell’acrilico e per il ricorso a contorni neri e decisi, ma anche per la mancanza di un titolo referenziale: Senza titolo, sono anche tutti gli altri suoi lavori. La domanda è: si tratta di un’immagine che semplifica – ab/strae – il dato fenomenico o ne inventa uno ex novo? Cioè: se l’opera, pur sembrando figurativa, non lo è, è allora astratta o aniconica?Saranno state queste riflessioni insite nell’opera di Stefanoni che hanno fatto dire ad Emilio Villa:”Bene, ho capito, la tua non è pittura”.

2. In un’opera con lo stesso soggetto, ma priva di colore, la forma di una casa molto elementare è tracciata con un contorno nero e così pure un albero altrettanto semplice; lo spazio è definito solo da una traccia d’orizzonte che segna la linea di terra. Il segno risulta evidente ma non netto e questo perché, ad un’osservazione più attenta, risulta che si tratta di un disegno realizzato con la tecnica dello spolvero*, come se il soggetto fosse stato ricalcato e non copiato. Perché l’artista opera sulla percezione dello spettatore questo spostamento importante? Dalla realtà l’attenzione è posta sulla sua sinopia, della “cosalità”* di ciò che ci circonda l’opera ci propone l’idea. Dice Stefanoni: “Amo l’arte quando è lucida come un atto notarile e la sua poesia è nascosta”. Ma ancor più è significativa la parola di un grande poeta, Valerio Magrelli, che scrive: “Preferisco venire dal silenzio / per parlare. Preparare la parola / con cura perché arrivi alla sua sponda / scivolando sommessa come una barca / mentre la scia del pensiero / ne disegna la curva./ La scrittura è una morte serena:/ il mondo diventa luminoso si allarga e brucia per sempre in un angolo”.*

L’arte è il limite su cui l’artista sublima (in chimica:depurare una sostanza solida trasformandola in stato aeriforme) l’oggetto in immagine. L’opera nasconde la realtà, le sottrae oggettività, così come fa la parola attraverso il poeta. Il processo alchemico dell’arte mette in relazione la natura fisiologica e quella emotiva della percezione, tenendola sempre vigile sul filo della interrogazione, lontana da soggettivismi e scivolate mimetiche. Incanto e ironia, lucidità e lirismo aprono le opere di Stefanoni ad un continuo esercizio di sublimazione perché “il cervello è il cuore delle immagini”*.
Antonella Micaletti

* Lo spolvero è una tecnica che permette di riportare un disegno su varie superfici, per esempio su un muro. La forma di un oggetto viene ricalcata su cartone che, appoggiato sulla superficie e bucata lungo il contorno, permette di riprodurre lo stesso. Questa tecnica ha sostituito quello della sinopia, il disegno tracciato con la matita rossa prima di procedere all’affresco.
* il termine è stato usato da Heidegger, Husserl, Merlau Ponty: “cosalità delle cose”
2 Valerio Magrelli, Ora serrata retinae
3 ibidem

L'inaugurazione si terra' sabato 6 agosto 2011 alle ore 18.30 alla presenza dell'artista

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