Scanavino e il sacro. La parola sacro, spiegano i filologi, ha due significati. Sacro e' cio' che e' degno di adorazione (dalla radice tyeg e dal greco 'sebo', venero), ma e' anche (dalla radice sak) cio' che e' terribile, da cui si deve stare lontani. Cosi' il latino 'sacer', ci ricorda il dizionario, significa insieme sacro e maledetto, venerabile e temuto, benefico e minaccioso. Di entrambi questi significati da' conto l'arte di Emilio Scanavino.
Scanavino e il sacro
mostra a cura di Elena Pontiggia
La parola sacro, spiegano i filologi, ha due significati. Sacro è ciò che è degno di adorazione (dalla radice tyeg e dal greco 'sebo', venero), ma è anche (dalla radice sak) ciò che è terribile, da cui si deve stare lontani. Così il latino 'sacer', ci ricorda il dizionario, significa insieme sacro e maledetto, venerabile e temuto, benefico e minaccioso.
Di entrambi questi significati dà conto l'arte di Emilio Scanavino. Le sue opere che già nel titolo rimandano a un concetto di sacralità , o più specificamente di religiosità (e sono tante: dalla Sindone all'Annuncio, da Rituale all'Occhio di Dio) esprimono come poche altre quel senso di stupore e di sgomento, di grandiositè e di terribilitè che il sacro, appunto, suscita.
Scanavino è stato uno dei protagonisti dell'informale, non solo italiano. E proprio l'appartenere all'informale, cioè a una pittura che, eludendo l'apparenza delle cose, entrava in colloquio diretto con la materia e con l'energia che le dè origine, gli ha permesso di creare un'iconografia inedita dei soggetti sacri e religiosi.
Parlare di iconografia, cioè di immagine, può sembrare una contraddizione per una pittura come la sua, che distrugge i presupposti stessi della figurazione. Eppure nelle sue opere la trama dei significati è cosè evidente, pur nel suo mistero e nella sua indecifrabilità , che la contraddizione si scioglie, alla luce tenebrosa dei suoi colori.
In una stagione breve e folgorante, Scanavino dipinge grandi tele prevalentemente modulate sulla gamma dei grigi e dei neri, su cui si materializzano le sue ossessioni e i suoi fantasmi: ombre dolorose, cicatrici, graffi, unghiate, ragnatele che fanno pensare a vertebre spezzate e a insetti kafkiani, ma anche agli intrecci di vimini e agli arbusti nodosi della sua Liguria.
'Quando dipingo racconto l'anima dell'uomo' diceva lui stesso. Opere come quelle di Scanavino, del resto, non andrebbero viste solo come esiti estetici, ma quasi come il diario di una generazione. Una generazione, la sua, che aveva diciotto anni all'inizio della guerra e aveva le sue buone ragioni per dire, come tanto tempo dopo dirà lui: 'Mi portavo appresso un senso di morte, cercavo di capire la morte'.
Appunto da una meditatio mortis muove l'opera di Scanavino. La sindone, che dipinge nel 1957-58, non è tanto il segno della sofferenza di Cristo, quanto il segno di ogni sofferenza, l'enciclopedia dell'elemento dolore. Eppure c'è anche, nella sua pittura, il presentimento che la morte non è, non puè essere la realtà ultima (E morte non avrè più dominio,1961). C'è, nelle sue opere, la percezione di una presenza più forte del dolore e della morte stessa. E' una presenza che non ha nome, ma che aleggia tra le ombre, i grumi, gli abissi della pittura.
In tempi come i nostri, in cui ci occupiamo di tutto tranne che dell' essenziale, l'arte di Scanavino non smette di riguardarci, per quella sua ostinata interrogazione sul mistero dell'origine (All'origine,1857-1958) e della fine. E sugli eventi (L'evento, 1969), che alla luce di quel mistero acquistano un carattere d'irripetibilità definitiva e drammatica.
Nell'arte di Scanavino, insomma, religiosa non è la risposta, ma la domanda. E proprio perchè il nostro tempo soffre di una sindrome d'indifferenza, la sua pittura silenziosa e urlante, corporea e metafisica, riesce a porci come di fronte a uno specchio. Un po' come quegli specchi neri, ciechi, in cui gli aruspici antichi coglievano una veritè sapienziale.
Elena Pontiggia
inaugurazione 14 gennaio, ore 18
ingresso libero
orario mattino su richiesta - pomeriggio dalle
15.30 alle 19.00
chiuso lunedì e festivi
conferenza: 12 febbraio, ore 18,15
intervengono:
Elena Pontiggia, storico dell'arte;
Rachele Ferrario, storico dell'arte, Archivio Scanavino
Guido Bertagna S.I.
didascalia:
E morte non avrà più dominio, 1961 - Olio su tela, 200x300 - Collezione Privata
Lunetta, 1961 - Olio su tela, 200x200 - Collezione Privata
San Fedele Arte
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