VisionQuesT gallery
Genova
piazza Invrea, 4 r
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Pauline Anastasiou e Bronek Kozka
dal 6/10/2011 al 9/12/2011
mercoledi-sabato 15.30-19.30 e su appuntamento

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VisionQuesT gallery




 
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6/10/2011

Pauline Anastasiou e Bronek Kozka

VisionQuesT gallery, Genova

The Australian Dream. I video di Pauline Anastasiou e le fotografie di Bronek Kozka esplorano, con approcci diversi, l'idealismo del paesaggio suburbano, lo sviluppo che il concetto della famiglia ha avuto all'interno di questo contesto e il sogno che si e' gia' evoluto.


comunicato stampa

a cura di Clelia Belgrado

In occasione di START, la riapertura in contemporanea di tutte le gallerie d’Arte di Genova, la VisionQuesT gallery è lieta di inaugurare la stagione artistica 2011/2012 presentando la doppia personale di Pauline Anastasiou e Bronek Kozka “The Australian Dream…”.

I video di Pauline Anastasiou e le fotografie di Bronek Kozka esplorano con approcci diversi, l'idealismo del paesaggio suburbano, lo sviluppo che il concetto della famiglia ha avuto all'interno di questo contesto e e il sogno che si è già evoluto; immagini di un sogno che non poteva che avverarsi o infrangersi in un paese dagli spazi così aperti come l'Australia.

Pauline Anastasiou dopo aver visionato ore e ore di filmati fatti nel corso degli anni dalla e alla propria famiglia, inizia a mettere insieme dei piccoli filmati fatti di momenti che lei stessa sceglie fra tutte quelle ore di registrazioni. Si rende ben presto conto che le sue scelte avrebbero comportato una manipolazione dell’immagine della famiglia: un’immagine resa positiva, idealizzata, molto più coerente alle immagini che si vedono nei più classici album fotografici di famiglia..

Per sua stessa ammissione l’artista dichiara che fare video che pretendono di essere "reali" usando spezzoni di "momenti non-costruiti” (i suoi filmini fatti in casa), è ovviamente discutibile, perché la coscienza di se stessi, cosi come restituita dalla telecamera, suggerisce che ciò che sta accadendo non è più quello che potrebbe essere stato vissuto.

“I video delle vite dei miei bambini hanno lo scopo di mostrare la complessità della loro esistenza. I momenti difficili non sono ancora raccontati, ma sono impliciti, e credo che vi sia il riconoscimento che la vita appartenga a uno spazio che indica una crisi. Questo spazio di interruzione e differenza è quello che Michel Foucault descrive come eterotopia. I film che ho costruito sono destinati a far parte del luogo "eterotopico" (un luogo che ospita i margini) di cui parla Foucault.

Lo spazio eterotopico è stato importante anche per capire la presenza di mio padre in questo progetto.
Anche lui ha fatto molti filmini, i suoi erano pieni di ricordi, nostalgia e la messa in discussione dei confini che lui stesso aveva attraversato decidendo di vivere in questo paese. Guardando indietro a questo progetto sembra che io abbia preso una lezione da mio padre e abbia ripetuto lo stesso processo. Suppongo che il mio lavoro mi permetta di dare un senso a questi margini in un modo simile...

I video risultanti parlano dei margini che ho vissuto, dell’immigrazione, del vivere quotidiano in questo paese, della morte e il modo in cui, attraverso i video, questa particolare famiglia viene ri-immaginata." spiega Anastasiou. Quello che risulta da questi video è un’immagine della famiglia volutamente storpiata, lontana dalla realtà, non solo perche il processo artistico ne modifica comunque il contenuto, ma anche perché l’atto stesso di scegliere uno spezzone piuttosto che un altro, implica un'altra interpretazione.

Bronek Kozka, attraverso le sue fotografie esplora invece l’idea del paesaggio sub-urbano – quello che nel linguaggio comune è chiamato “suburbia” – e il sogno Australiano. Le sue fotografie osservano quello che c'è sotto la superficie, graffiano le perfette facciate delle periferie australiane e esplorano l’idea di isolamento e di dislocazione, dei legami e delle comunicazioni della famiglia, dei sospetti e delle paure e come tutte queste idee si scontrano nella “suburbia” australiana.

Scene di vite di periferia, d’interni ed esterni, di ordinaria quotidianità e straordinaria particolarità. Un minuzioso lavoro dietro le quinte, un accuratissimo casting e una perfetta messa in scena, per creare fotografie elaborate, costruite e realizzate lavorando sulla disparità tra realtà mostrata e sentita, tra quella che è proposta e quella che si ricorda.

“Quando sentiamo la parola “suburbia” siamo investiti da idee e immagini che si contraddicono. Da una parte vengono in mente visioni di case modello, cortili spaziosi, e l'obbligatoria Hills Hoist (marca australiana di una linea di prodotti per stendere i panni nel cortile). Ma presto quei pensieri utopici di una famiglia sicura , omogeneizzata, lasciano il posto alle nostre paure, sospetti e paranoie dove ci rendiamo conto che non tutto è perfetto. Il "sogno australiano" è il sogno di avere un pezzo di terra in un quartiere periferico, i vicini che ti conoscono e si preoccupano di te, negozi e un livello generale di benessere e soprattutto di sicurezza. Ma il "sogno australiano" è esattamente questo, un sogno che, per varie ragioni sta diventando irraggiungibile per molte persone” spiega Kozka.

Pauline Anastasiou e Bronek Kozka, australiani di prima generazione - padre cipriota e madre greca per lei, padre polacco e madre inglese per lui – indagano sul concetto in parte vero e in parte mitico su come la memoria possa confondere ma anche affermare la propria costruzione della realtà vissuta: se da una parte si infrange il “sogno australiano” dall’altra lo stesso “sogno” cerca, ha bisogno, di essere tenacemente tenuto in vita.

Clelia Belgrado

Inaugurazione 7 ottobre ore 18-24

Visionquest gallery
Piazza Invrea 5/b e 4 r, Genova
Orario: mercoledi-sabato 15.30-19.30 e su appuntamento
Ingresso libero

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