Nei quadri di Pennacchini c'e' tutto il mondo del tango, dal rapporto fra uomo e donna al tipo di approccio cui il ballo allude.
Nato nei sobborghi di Buenos Aires verso il 1880, il tango sbarcò a Parigi all’inizio del secolo scorso, conoscendo il suo pieno apogeo nel corso degli anni 20, per poi affondare nell’oblio. Ebbe poi una ripresa oltre- atlantico a seguito della seconda Guerra Mondiale e tornò in forze nel vecchio continente. Il tango non muore mai, ma anzi si arricchisce tramite altre forme d’arte, quali il cinema ,la poesia, la pittura; indubbiamente le sue rinascite successive sono dovute al suo pathos universale. Senza dubbio Massimo Pennacchini contribuisce da almeno un decennio a divulgare un aspetto del tango, quello pittorico, esponendo in Italia e all’estero superando ogni volta se stesso.Alle immagini che Pennacchini ha realizzato condividendo la visione degli stessi protagonisti fino a divenire parte integrante dello spettacolo ed elemento d’insieme di un’ operazione teatrale, se ne accostano altre realizzate invece nelle milonghe, le sale da ballo del tango dove vigono leggi non scritte e ritualità la cui forza risiede nella tradizione. I rapporti fra uomo e donna, il tipo di approccio cui il ballo allude come quello più reale che pure si può realizzare, le gerarchie interne legate da fili invisibili ma tenacissimi, gli sguardi e i loro significati, tutto ha una logica da conoscere ma soprattutto da rispettare. Insomma nei quadri di Pennacchini c’è tutto il mondo visibile e invisibile del tango, guardando le sue opere ci sembra di ascoltare il bandoneon che ci delizia con le sue note e ammirare una finestra su un mondo vero , fatto di persone autentiche che scambiano le loro emozioni su una pista da ballo .
Inaugurazione: sabato 8 ottobre , ore 18.00
Galleria Camelù
Via G. P. da Palestrina, 4 – (ang. Piazza Cavour ) Roma
Orario: 10.00 / 19.30 dal lunedì al venerdì. Sabato per appuntamento
Ingresso libero