Il nuovo spazio no-profit dedicato ai giovani artisti nati negli anni '80, presenta la prima mostra personale dell'artista milanese 'Claque & Shill': una serie di cinque disegni a matita incorniciati in marmo. I disegni sono repliche di ritratti fotografici di Kenny, una tigre bianca nata da un incesto programmato in un allevamento a Bentonville nel 1999 e deceduta nel 2008 in seguito a complicazioni del suo precario stato di salute. Il titolo della mostra coincide con quello della serie e rimanda al carattere ambiguo e inattendibile della rappresentazione di un fenomeno.
Gossip, cinismo e opportunismo – questo tiene in piedi le nostre mostre. Facebook,
Elementi per una teoria della Jeune-Fille, iCal. Osserviamoci: siamo a malapena
dei mezzi Shakespeare e dei quarti di Chopin, direbbe Witold Gombrowicz. “Eterni
aspiranti, eterni incapaci, eterni insufficienti; servi, imitatori, ammiratori e adoratori
dell’Arte che, infatti, [ci] lascia in anticamera”. Eppure scioriniamo teorie, artico-
liamo visioni, sguazziamo in un certo “gusto”. Siamo presi bene, sempre e sempre
per la prima volta. Chi è il capo-claque questa sera? Clap clap clap. Bla bla bla.
Gasconade è lieta di ospitare “Claque & Shill”, la prima mostra personale
dell’artista Andrea Romano (1984, Milano). Romano presenta una serie di
cinque disegni a matita incorniciati in marmo. Le opere sono da intendersi
come oggetti nei quali convivono un disegno e una scultura.
I disegni sono repliche di ritratti fotografici di Kenny, una tigre bianca
nata da un incesto programmato in un allevamento a Bentonville (Arkan-
sas) nel 1999 e deceduta nel 2008 in seguito a complicazioni del suo pre-
cario stato di salute: Kenny era mentalmente ritardata e afflitta da signi-
ficative malformazioni fisiche. Le opere mettono in dialogo una riflessione
sulla vulnerabilità del medium utilizzato, il disegno – al quale la cornice in
marmo offre sia un supporto concreto sia la promessa di un maggiore pre-
stigio – con una riflessione sulla vulnerabilità del soggetto, Kenny – esito
negativo di un esperimento volto a riprodurre la bellezza presente in natu-
ra, e tuttavia ugualmente in grado di suscitare attrazione nello spettatore.
Il titolo della mostra coincide con quello della serie e rimanda al ca-
rattere ambiguo e inattendibile della rappresentazione di un fenomeno.
La claque è un gruppo di individui ingaggiati per manifestare consenso
o dissenso, e quindi suscitare nel resto del pubblico l’apprezzamento o
meno di uno spettacolo; lo shill è un individuo che dietro remunerazione
si finge consumatore soddisfatto di un determinato prodotto o servizio per
invogliare altri individui all’acquisto. La claque e lo shill sono figure che
si infiltrano in un gruppo per orientarne il gusto e quindi manipolarne la
ricezione di un fenomeno.
Le opere presentate in mostra costituiscono la prima formalizzazione di
una serie on-going, nella quale la simbiosi tra disegno e scultura è intesa a
ostacolare la definizione fenomenologica dell’opera, relegandola delibera-
tamente alla sfera dell’ambiguità. Il soggetto dei cinque disegni presentati è
quindi un’iperbole: Kenny è l’emblema di un’aspettativa tradita, l’esempla-
re difettoso – e ciononostante unico proprio in virtù dei suoi difetti – creato
mirando alla replica di un esemplare ideale. In natura solo una tigre su
10.000 nasce albina; la Royal White Tiger, il sogno di tutti gli allevatori,
caratterizzata da pelliccia bianca, occhi blu e naso rosa, è infatti una specie
che non compare nelle classificazioni scientifiche ma è ottenuta artificial-
mente sin dal XIX secolo. La destinazione degli esemplari di Royal White
Tiger nati senza malformazioni è l’industria dell’intrattenimento.
Così nascono i simboli, e così nascono gli eroi. Attaccare significa predisporsi a
violare ma anche a essere violati. In questa dinamica noi non siamo altro che mar-
tiri. Subiamo il fascino di un’immagine, la rubiamo e l’archiviamo nella più remota
cartella del nostro computer. Passiamo mesi ad accarezzarla e a riprodurla minuta-
mente, adulando il Bello, il Buono, il Vero, perché si manifestino a noi e ai nostri
simili. È tardi quando comprendiamo che l’immagine rappresenta un animale de-
forme, che la sua dentatura è irregolare e gli impedisce di chiudere correttamente le
fauci, che il suo setto nasale è schiacciato: è già scattata l’empatia. La nostra presta-
zione, il nostro virtuosismo, la nostra nobiltà di intenti sono andati a farsi benedire
in un gesto carico di patetico sentimentalismo. Siamo anaffettivi, ma conserviamo
pur sempre una briciola di romanticismo. A poco servirà incastonare l’immagine nel
marmo e chiamarla “scultura”; la stessa pietra al fine di accoglierla sarà scavata fino
a compromettere la propria robustezza. Chi sosterrà chi? La nostra vulnerabilità –
di artisti, di spettatori, di uomini – è la sola certezza che possiamo offrirvi.
Vorremmo poter declamare: Guardateci mentre diventiamo leggenda! Guarda-
teci calzare le nostre Nike Air, ballare la nostra musica hardcore, utilizzare i nostri
attrezzi Technogym! Eppure non siamo che gli ultimi dei Landseer, ritrattisti di ani-
mali asserviti al denaro. Edwin Henry era tra i protegé della Regina Vittoria, noto
per la sua capacità di conferire agli animali che dipingeva le inclinazioni caratteriali
dei loro padroni; afflitto da repentini esaurimenti nervosi, scivolò lentamente nella
follia. Anche Landseer ritrasse una tigre bianca, intravista tra i corridoi di un’Espo-
sizione Universale. Come lui, noi pure siamo attratti dalle cose-che-sono-come-
non-sono, dall’artificio, dagli obblighi dello stile. Chiamateci pure camp; concorde-
remo nell’affermare che del resto è una tale fatica essere “naturali”... Noi piuttosto
stiamo al mondo come in posa; e perseguiamo quelle tecniche come il ritratto che
producono un doppio della realtà, pane per i denti dell’iconologia e della seduzione,
del teatro e dell’arte. Non conosciamo il moralismo dell’aristocrazia, e ancora meno
le strategie dei doppiogiochisti. Vestiamo un ruolo per sport.
Di fronte al Cimitero di Greco, a Milano, c’è un marmista; alla richiesta di lavo-
rare per noi, ha replicato: “Eh no... I morti...” Che mai si dica che noi operiamo
una idealizzazione estrema della realtà per proteggerci dai suoi aspetti più dolorosi!
Abbiamo ricevuto una lettera; è difficile dire se il mittente è uno shill o un capo-
claque. Il testo, una manciata di righe, si conclude affermando che non siamo chi
diciamo di essere. Quando calerà la luna giocheremo tutti in cerchio al gioco dei
lupi; chi sarà il veggente? Chi la prostituta? Chi il primo a morire? Per ora, l’unico
sollievo che ci rimane è ricevere l’ennesima pacca sulla spalla.
;-)
Inaugurazione: giovedi 27 Ottobre ore 18.30
gasconade
P.le Lavater, 2 - Milan
Dal giovedì al Sabato dalle ore 11 alle 19