Museo Carandente Arti Visive - Palazzo Collicola
Spoleto (PG)
piazza Collicola, 1
0743 46434 FAX 0743 46434
WEB
Cinque mostre
dal 19/11/2011 al 28/2/2012
mer-dom 10.30-13 e 15-17.30

Segnalato da

Ufficio stampa Sistema Museo




 
calendario eventi  :: 




19/11/2011

Cinque mostre

Museo Carandente Arti Visive - Palazzo Collicola, Spoleto (PG)

Danilo Bucchi espone lavori creati con l'uso della siringa al posto del pennello, Marcello Maugeri in "Circus" presenta lavori diversificati per stili e formule, avvalendosi di materiale solido e elettronico. "In/Natura/le" di Svetlana Ostapovici mostra fotografie che inventano una seconda realta' sulla base del mondo concreto. James Turrell crea una stanza delle meraviglie luminose, uno spazio di calma sospesa. "Habitat" di Mario Consiglio consiste in dipinti e sculture dedicati alla natura.


comunicato stampa

Input Visioni italiane Contemporanee

presenta Danilo Bucchi

A cura di Gianluca Marziani

Velocità, sintesi, controllo: tre momenti che delineano l’attitudine del gesto, la natura del segno e l’impostazione visuale dell’artista. Significativo, in particolare, il connubio tra processo cerebrale ed esecuzione tecnica: esiste un flusso senza interruzioni tra l’idea e il suo sviluppo sul quadro, giocato su un automatismo concentrico che evita la frammentazione discontinua del pennellare. L’uso della siringa al posto del pennello rende possibile la fluidità motoria del gesto veloce eppure calibrato, un’azione che risente delle energie Gutai (l’avanguardia giapponese che aprì la tela alla forza muscolare dell’agonismo) ma anche di Jean Dubuffet e Wols, Jackson Pollock e Maria Lai, fino alla cultura street di cui Bucchi sembra un fuoriuscito talentoso e inclassificabile. Le diverse influenze si raccolgono assieme per una formula che è un codice linguistico, imprinting lessicale con cui l’artista trasforma quei corpi mentali in un “mondo alla Bucchi”.

ìI cerchio nero di Bucchi è un modulo costruttivo, un mattone senza spigoli che edifica storie umane dentro il teatro bianco della superficie. La rotazione segnica diventa un intrico di figura, massa e racconto, una sorta di perimetro organico che sviluppa la fisicità in “negativo” attraverso il bianco piatto del fondale. I vuoti si riempiono attraverso la sottile linea nera dello spruzzo, mentre il rosso spunta (solo in alcune opere) tra pieghe e angolazioni, su interstizi che confermano lo scorrimento di una linfa ematica, vero e proprio ossigeno che scalda il segno nero e il bianco degli organi caldi. Trovo conferma a quel pensiero biologico che collega disegno e pittura, mi azzarderei a dire che Bucchi sta varcando una soglia su cui occorre riflettere in termini generali. Parlo del limite linguistico che ha sempre diviso carta e tela, matita e pennello, foglio e telaio.

Quel divario storico (disegno come bozzetto e prodromo, pittura come esecuzione e definizione) perde ragion d’essere in virtù della filiera elettronica al centro del nostro bioritmo. La tecnologia digitale ha spezzato il duopolio bozzetto/esecuzione, assorbendo il filo dei linguaggi storici ma filtrando tutto nei materiali che compongono la tecnologia stessa: gli strumenti simili eppure diversi, i colori del monitor che sono altra cosa dai colori ad olio o acrilico, i supporti di stampa che assorbono in una certa maniera gli inchiostri, le visualizzazioni che lasciano un filtro (il monitor) tra l’occhio e la forma creata, queste ed altre identità stanno cambiando percezione ed esecuzione, creando un metalinguaggio che non si preoccupa più di alcuna divisione dogmatica.

Non dimentichiamo che il linguaggio digitale fonde assieme l’essenza della linea (la scuola Apple di Steve Jobs agisce da sempre per sottrazione e sintesi) con la pluralità del barocchismo (il percorso storico della grafica digitale parla di accumuli e virtuosismi), creando quel metalinguaggio che concepisce modelli unici ma non univoci, liberi di spaziare ma delineati per struttura generale. Non pensiate che il linguaggio elettronico sia una porta anarchica dove tutto è permesso. Le regole esistono e costituiscono la massa critica, un’ideale costituzione che indica e denota, permette e vincola. Il gioco attuale riguarda minimi equilibri tra addizioni e sottrazioni. Il nuovo millennio è una bilancia che plasma le sue tarature sul momento storico e sul contesto specifico, dando al metalinguaggio una centralità che sta riscrivendo le regole dell’arte.

Website: www.danilobucchi.com

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Icon Attrazioni fatali tra immagin(ar)i e nuove tecnologie

presenta Marcello Maugeri "Circus"

A cura di Gianluca Marziani

Marcello Maugeri presenta un corpus operativo che riepiloga i cicli finora prodotti. Un percorso volutamente diversificato per stili e formule, in bilico tra la coscienza virtuale del materiale solido (vecchi legni, buste in plastica, ferri…) e la coscienza reale del materiale elettronico (i video e gli still fotografici). Una sorta di onnivora cleptomania mentale unisce le opere dei cicli, seguendo le tracce della nostra civiltà, i suoi segni e disegni, le incidenze e gli incidenti, gli scarti e le molteplici parti, il consumo e la consumazione… Cleptomania mentale come modalità per acquisire ed elaborare conoscenze, immagine come esperienza immediata di significati profondi e complessi,rappresentazione diretta, concetto sintetico, pratica dell’immaginario.

Dice l’artista: “Accettare le diverse interpretazioni, suggerire emozioni senza offrire una soluzione finale, considerare tutte le possibilità ma leggerne consapevolmente una sola per volta, con una comprensione che è sempre dinamica, incompleta, di superficie. Ingaggiare la mente dell’osservatore in una sfida costante. Assumersi la responsabilità di creare un’opposizione rispetto ad un determinato fine senza necessariamente doverla condividere. Annullare i confini dello spazio e del tempo…”
L’opera diventa il momento, l’attimo in cui lo sguardo dell’osservatore la fa vivere e la completa, esperienza estetica ed emotiva in cui ci si perde per ritrovarsi.

Circus sarà il corpus centrale della mostra. La sua base elaborativa è una vertiginosa cleptomania visuale, una sorta di movimento circolare attorno alla fonte che fa fluire immagini su immagini, un continuum da cui l’artista pesca secondo regole proprie. La conseguente narrazione nasce da un montaggio di libere associazioni che usa la dimensione del copyleft e l’apertura semantica dei codici estetici…. …Ogni frammento determina un atto morale e delinea la personalità di Maugeri, la sua visuale sul mondo, il suo sistema di riferimenti. Il postmoderno elettronico, insomma, si plasma sullo specifico soggettivo e, a differenza del passato, non ragiona per consuetudini collettive. Si customizza sul singolo creatore che ne giustifica il senso e lo diffonde come un archetipo. Fine dei dogmi granitici, fine delle ideologie a lunga gettata; è il presente che va velocissimo e gestisce la propria velocità, la razionalizza e sistema, dando peso a quei contenuti che vivono di ossigeno elettronico.

Website: www.marcellomaugeri.net

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Input Visioni italiane Contemporanee

presenta Svetlana Ostapovici "In/Natura/le"

A cura di Gianluca Marziani

Svetlana Ostapovici rispetta le urgenze iconografiche dell’opera, direi che tutto il suo percorso è una sfida di equilibri e contaminazioni, una tensione costante per amalgamare messaggio e forma finale, senza che uno prevalga mai sull’altro. Non era facile visto il medium prediletto: la fotografia. Ancor meno facile quando la tecnica digitale costruisce paesaggi altri che inventano una seconda realtà sulla base del mondo concreto. Le immagini provocano reazioni, sfidano lo sguardo con le loro vertigini urlanti. Si vestono di epidermidi solide che vibrano con lo stridore vivo di pietre, metalli, legni, plastiche…

La natura urla la sua sofferenza e l’opera ne amplifica le passioni, si trasforma nella cassa acustica che fa risuonare la fibrillazione instabile del Pianeta. L’artista moldava ascolta le ferite del paesaggio, carezza la patologia tumorale che lacera l’eden perduto. Guarda con amore il disagio ambientale, senza alcun disgusto o toni nichilistici, mostrando invece la luce dietro ogni tragedia, elaborando un lutto in forma di lotta. Le sue visioni, pur criticando la cultura del benessere postcapitalista, vanno oltre la retorica del problema e cercano gli spazi d’adattamento, l’alchimia dialettica tra opposti, una sorta di continuità storica che stabilisca le ragioni del reale in mutazione.

La Ostapovici ci racconta il lato sporco del Pianeta senza alcun moralismo; preferisce l’emozione lucida e il senso di protezione verso l’elemento debole, sottolineando la natura ciclica degli eventi e l’ineluttabilità del cambiamento. I suoi progetti vanno nella direzione della bellezza pericolosa ma necessaria, dentro la consapevolezza del problema, oltre il muro della nostalgia. Ogni opera parla con frasi metalliche, come avrebbero fatto James G. Ballard e Kurt Vonnegut se al posto delle parole avessero scelto le immagini. E’ l’arte visiva che incarna l’esperanto della visione globale, un codice aperto alle interpretazioni e al fluire della contemporaneità. E’ il quadro che si assume la responsabilità del futuro.

L’artista si muove per cicli tematici, come fossero capitoli narrativi dentro lo stesso romanzo visuale. Elabora frasi di un medesimo dialogo tra la propria attitudine e gli elementi feriti del mondo, un continuo scambio di informazioni da plasmare secondo specifici codici figurativi. Le opere hanno una loro vitalità biologica, sembrano corpi accesi in mutazione costante, statici per natura tecnica ma fibrillanti per codice morale. Senti che qualcosa di biodinamico scorre sottotraccia, un sangue multicolore che ricorda il “Concerto per quattro elicotteri” di Karleinz Stockhausen.

L’esempio ha molte relazioni con la Ostapovici: in entrambi i casi l’artificio meccanico cambia la natura delle forme (le pale di un elicottero come strumento ambientale), la durezza si ammorbidisce e l’inaspettato ridefinisce le nostre utili incertezze. Quando Stockhausen affermò, con spirito colto e non gratuito, che la tragedia delle Twin Towers era la più grande opera d’arte mai prodotta dall’umanità, non stava celebrando il fondamentalismo islamico ma la potenza superiore dell’atto creativo, la sua feroce crudeltà che prescinde da qualsiasi valutazione morale. Stava dicendo che Natura e Opera sono due facce della stessa medaglia: e che noi umani siamo semplici portavoce di un gigantesco disegno chiamato Universo.

Website: www.svetlanaostapovici.it

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James Turrell "Pancho", "Cisco"

Realizzata in occasione della mostra Valentina Moncada _Odissea Contemporaneo, l'opera di James Turrell resterà visitabile per tutta la stagione 2012. Un intervento installativo che conferma il valore storico, l'eccellenza linguistica e la qualità concettuale di questo maestro americano, considerato tra le più significative presenze nell'ambito della cosiddetta Land Art. L'opera per Palazzo Collicola è una stanza delle meraviglie luminose, uno spazio di calma sospesa che risucchia lo sguardo nei due volumi di luce dinamica. Ci si siede e si assiste allo spettacolo ipnotico dei colori in dissolvenza incrociata, quasi solidi nella grana astratta che ricorda l'impalpabile densità dei cielo.

James Turrell è cresciuto a Pasadena, a stretto contatto col padre Archibald Milton Turrell, un ingegnere aeronautico che lo avvicinò alle meccaniche dei volo aereo. Nel 1961 ottenne il diploma alla Pasadena High School, mentre nel 1965 fu la volta del "Bachelor of Arts in Psichology and Mathematics" presso il Pomona College di Claremont. Qui Turrell conobbe alcuni docenti che esercitarono su di lui una grande influenza: fra questi Graham Bell, il professore di psicologia Paul Vitz e quello di astronomia Robert Chambers. Presso la University of California conobbe, invece, alcuni artisti come Tony deLap, John McCracken e David Gray. Nel1966 affittò un albergo dimesso (Mendota) per realizzare al suo interno uno studio e un luogo dove poter esporre le sue opere. Qui furono mostrate le prime "Cross Corner Projections": lastre metalliche forate delle dimensioni di una diapositiva che vengono proiettate con precise angolazioni su dei muri adiacenti, dando all'osservatore l'impressione della presenza di un solido luminoso. Fra queste proiezioni la più nota fu "Afrum" (poi ribattezzata "Afrum-proto").

Nel 1967 fu allestita la sua prima mostra personale presso il Pasadena Art Museum. Gli esperimenti con la luce proseguirono negli anni successivi, e Turrell si dedicò in particolar modo alle modalità della percezione umana in ambienti controllati, o in condizioni di alterazione percettiva, assieme al collega Robert Irwin e allo psicologo della percezione Edward Wortz. Nel 1974, grazie al finanziamento del Conte Panza di Biumo, realizzò i primi disegni per quella che sarebbe rimasta la sua opera più celebre: il Roden Crater Project. Turrell voleva trasformare il Roden Crater, cono vulcanico ormai spento situato a Flagstaff in Arizona, in ciò che lui stesso ha definito un "monumento alla percezione". Il basso grado di umidità e il clima favorevole del luogo fornivano le condizioni ideali per le sperimentazioni dedicate alla luce. La costruzione di questa gigantesca opera d'arte è ancora in corso. Turell vive metà dell'anno a New York e l'altra metà a Flagstaff per seguire la realizzazione dei lavori.

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Collicola on the wall presenta Mario Consiglio "Habitat"

Realizzata in occasione del Padiglione Umbria, evento collaterale del Padiglione Italia alla Biennale Di Venezia 2011, l’opera di Mario Consiglio entra oggi nella nuova collezione di Palazzo Collicola Arti Visive.

Così l’artista racconta la genesi dell’opera: “L'arrivo a Berlino di due anni fa ha dato inizio al mio ritorno alla pittura e alla scultura. E’ stato l'inverno più duro degli ultimi quarant'anni con temperature scese venti gradi sotto lo zero. La città grigia coi suoi scheletri architettonici in divenire, la natura imperante che ingloba le costruzioni e il mio pensiero rivolto sia all'amata Havana, in particolare al Vedado con le sue lussuose ville, una volta proprietà dei ricchi americani prima della caduta di Batista, avvinghiate da radici e mangrovie giganti, sia alla strepitosa Thailandia, Koh Samui in particolare, coi suoi bar sulle palafitte dentro la giungla. Ecco gli elementi che costituicono il tipo di tematica qui dipinta… ed è anche ciò che si può vedere all'interno di certe mie sculture con animali, dove le architetture diventano costruzioni molecolari che a volte ricreano gli organi interni degli stessi animali. La natura è fatta di costruzioni e l'uomo costruisce... La vita è una trasformazione eterna, così il nostro pensiero… Siamo tutti protagonisti...

Website: www.marioconsiglio.com

Inaugurazione 20 novembre ore 12

Museo Carandente Arti Visive - Palazzo Collicola
piazza Collicola, 1 Spoleto (PG)
Orari: dal 1 novembre al 31 marzo: mer-dom 10.30-13.00 / 15.00-17.30
Biglietto integrato Palazzo Collicola (collezione permanente e mostre I e II piano) intero - € 9.50, ridotto A (dai 15 ai 25 , oltre 65 anni e oltre 15 persone) - € 6.00, ridotto B (dai 7 ai 14 anni) - € 3.00, omaggio - fino a 6 anni
Biglietto mostre (I e II piano - solo per i residenti) intero - € 5.00, ridotto A (dai 15 ai 25 , oltre 65 anni e oltre 15 persone) - € 3.50, ridotto B (dai 7 ai 14 anni) - € 2.50, omaggio - fino a 6 anni

IN ARCHIVIO [27]
Sette mostre
dal 26/6/2015 al 26/9/2015

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