Come l'effetto Kirlian. La maggior parte delle sue opere e' improntata a un'elaborazione figurativa, come base di partenza verso un'astrazione che avviene piu' a livello concettuale che visivo.
A cura di Elena Ientile
Il lavoro di Simona Galeotti può essere ascritto ad un ambito strettamente segnico, dai contorni visionari, un viaggio
sospeso nella trasfigurazione di elementi tratti dalla vita reale in una dimensione altra che, a tratti, assume una vocazione
trascendentale. La formazione dell’artista, fa si che buona parte delle sue opere sia improntata all’elaborazione del
figurativo – il corpo- come base di partenza verso un’astrazione che avviene più a livello concettuale che visivo.
Rifacendosi all’analisi sociologica messa a punto da Zygmunt Bauman, che affronta in chiave critica il cambiamento
percettivo della modernità ponendola in relazione alla dimensione spazio-tempo¹, il risultato è prettamente legato alla
componente umorale che regola i differenti stadi percettivi della figura e i relativi significati ad essa connessi; per questo
il lavoro di Simona Galeotti si compone di insiemi stilisticamente scissi tra loro che però hanno in comune la medesima
radice, un'analisi affondante in un substrato esperienziale che da subito si traduce in ricerca spirituale.
Come l'effetto Kirlian è un'antologica, il cui titolo ben esprime la dicotomia tra ciò che può essere considerato un
fenomeno di origine fisico-chimica, e quindi reale, e ciò che invece tende a suggerire l'impalpabile come manifestazione di
una combinazione energetica scarsamente spiegabile e quindi da molti considerata paranormale.
La stessa storia da cui
origina l’effetto di natura elettrica scoperto casualmente dal russo Semyon Davidovich Kirlian nel 1939, affonda tutt'oggi
in un immaginario controverso che vede, da un lato l'applicazione meramente scientifica di un procedimento
riproducibile, meccanico, dall'altro lascia però aperto il dubbio circa la possibilità che proprio attraverso l'energia
meccanica – l'elettricità- possa invece derivare una lettura di natura meno ponderabile e, in particolare, strettamente
connessa all'individuazione dell'aura del soggetto “fotografato” con questa tecnica.
Proprio come aurae, nelle opere di Simona Galeotti sono segni, linee opalescenti che si mescolano con tratti iridescenti,
delimitando il confine tra “dentro e fuori” e avendo come oggetto di riferimento, il corpo. Contorni luminosi che
raccontano storie di anime. Fili che connettono punti e rendono visibile l’energia interiore tramite trasposizioni pittoriche.
Come nella serie di quadri neri, una quadreria in stile seicentesco sulle cui tele ovali si scorgono i tratti appena incisi di
volti mistici; contorni e linee eteree sono anche quelli della serie di ritratti su pvc acetato, un’installazione in cui dalla
sovrapposizione di livelli trasparenti emerge una nebulosa visione di tratti somatici che si mischiano e che alla lampada di
Wood, si accendono…
Infine, sono due i filoni tematici che indagano il tema dell’energia individuale sui quali Simona Galeotti ha intrapreso
percorsi progettuali che da anni seguono una linea di sviluppo: Entities, lo sguardo dell’artista che coglie l’essenza e la
esprime tramite un unico tratto intriso di luce e magia e Daimon, uno sbilanciamento quasi ieratico verso la figura umana
e il suo superamento, un’analisi che comprime la potenza della carica espressiva dentro la forma tramite il costante
ricorso alla linea di contorno.
¹“La modernità non fu forse fin dall’inizio un processo di liquefazione?” (Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Roma - Bari, Laterza,
2003, pp. 263) (p. VII). Attraverso questa domanda è possibile considerare la storia della modernità come un lungo processo di
liquefazione continua di tutti quei corpi solidi che le società avevano precedentemente costruito.
Sabato 14 gennaio 2012, ore 17.00
GALLERIA SAN GIOVANNI
Piazzetta Conti Guerra del Grione 21 - Bra - CN
Da Lunedi a Venerdi su appuntamento
Sabato e domenica dalle 14,30 alle 19,00