Ha-ha e' un progetto ideato tra natura ed artificio. "Il fuoco e' indirizzato verso lo spazio occupato da una scultura e a cosa succede quando questo spazio virtuale e' disposto in uno spazio reale".
Machinator, un progetto a cura di Marco Tagliafierro
Ha-ha è prima di tutto un’invenzione che ha rivoluzionato l’architettura del paesaggio. La paternità spetta a William Kent,
pittore ed architetto inglese (Bridlington, Yorkshire 1684 - Londra 1748).
Ha-ha è anche il titolo di un progetto di Alessandro Agudio (Milano, 1982) e Davide Stucchi (Vimercate, 1988) che a
partire dall’esempio di Kent si spingono verso la formulazione di un progetto tra natura ed artificio.
Affermano gli artisti: “Il genio di Kent ci ha portato a considerare le strutture costituenti l’architettura per formulare una
modalità di collaborazione che scatta a sorpresa da idee e questioni riguardanti un’atmosfera costruita e circostante. Il
fuoco è indirizzato verso lo spazio occupato da una scultura e a cosa succede quando questo spazio virtuale è disposto
in uno spazio reale. La ricerca prova a tradurre ovvero contrattare una definizione di queste due dimensioni. L'azione
di installarsi o installare un oggetto viene utilizzata quindi per rendere visibile lo spazio scelto nel rapporto di reciprocità
della nostra collaborazione”.
Questo progetto è inscritto in un’idea più ampia che ha avuto origine a partire da una visione di Marco Tagliafierro,
un’immagine della mente per la quale alcuni artisti verranno invitati a confrontarsi con le proprietà linguistiche di alcune
architetture che ospitano l’arte nella contemporaneità. Si tratta di un format che prevede l’interazione di uno o due artisti
con un’architettura, questo per ogni tappa di un programma di appuntamenti che si andrà a definire strada facendo. Si
chiamerà machinator, termine latino che accanto ai significati di fabbricatore e meccanico aveva anche quello di
architetto e ingegnere. Se ne può desumere una concezione di architettura che la equipara al concetto di macchina. La
scarsa comprensione delle modalità di funzionamento della macchina, per quell’epoca, ha portato il curatore a pensare
ad una concezione di architettura percepibile come problema aperto.
William Kent, studiò a Roma alla scuola di B. Luti. Su consiglio di Lord Burlington intraprese gli studi di architettura e,
tornato a Londra, divenne capomastro regio. In qualità di architetto realizzò la Holkham Hall, a Norfolk. Fu maestro nel
disegnare giardini ed infatti è considerato il fondatore della tipologia del cosiddetto giardino all’inglese. L’ha-ha è un
solco nel terreno, un gap che segna una proprietà senza esprimere una soluzione di continuità rispetto al paesaggio.
L’operazione consistette nell’eliminare i muri di cinta per sostituirli con degli argini che mascherassero un fossato:
dunque tutta la proprietà veniva delimitata da una successione continua di ha-ha. Da quando la demolizione dei muri di
cinta espose quell’area sulla quale intervenne Kent si ebbe la sensazione che l’attraversarla diventasse una passeggiata
in una galleria di quadri in successione nel paesaggio.
E’ possibile pensare ad un’architettura intesa come espressione di trame scientificamente determinabili, attraverso le
quali risulta possibile mettere in comunicazione ambiti storici e geografici differenti. Un’Architettura di relazioni che nasce
dalla necessità di progettare organicamente i nessi spaziali e fisici, fra suolo e edificio, fra spazi interni ed esterni, fra usi
pubblici e usi privati, fra aperto e coperto, fra natura e artificio. Tutto questo vuol dire progettare connessioni tra
organizzazioni sociali, estetiche e comportamentali. L’architettura contemporanea è anche un progetto interstiziale di
mediazioni e legami fra contesti morfologici differenti, capaci di istituire forti relazioni in sezione verticale con gli strati o i
sub-strati del contesto culturale esaminato. Le figure dell’argine, del solco e dell’incisione, del muro di contenimento e
terrazzamento, della linea di orizzonte, del diaframma e ancora quelle delle quinte murarie, delle piastre, dei basamenti,
delle membrane sottili, delle trasparenze, delle dissolvenze, delle porosità, delle vibrazioni, degli spazi cavi, del vuoto
medesimo, sono sempre più figure-chiave dell’architettura contemporanea, elementi-chiave della composizione
architettonica.
Architettura o scienza e arte del costruire. Tutte le definizioni date nel corso dei secoli la considerano unilateralmente o
come arte o come tecnica, trascurando di sottolineare invece le caratteristiche principali di questa disciplina che consiste
proprio nella fusione di questi due elementi contrastanti; prescindendo dall’uno o dall’altro non si avrebbe che astratta
ingegneria o pura decorazione. Il problema se l’architettura sia arte o scienza, anche se ha innegabile importanza per
l’insegnamento e la formazione mentale e professionale degli architetti, può considerarsi sempre di natura teorica. Detto
problema si concretizza praticamente, in modo più preciso, nel rapporto fra struttura e decorazione, anzi in quel
contrasto che si è voluto stabilire fra la funzione costruttiva e quella decorativa dell’architettura stessa. Il contrasto esiste
realmente quando la decorazione viene sovrapposta senza necessità e in modo arbitrario alla struttura, perché allora si
rompe quell’unità armonica che l’opera architettonica raggiunge quando questi elementi assumono valore costruttivo ed
espressivo in modo unitario. L’architettura è l’arte suprema che raggruppa tutte le arti figurative e le mette in scena
fissandone gli equilibri e il rapporto con il luogo. L’analisi delle opere architettoniche viene, per comodità di metodo,
distinta in vari capitoli: lo studio dei caratteri tipologici, cioè del tipo di edificio in funzione della sua destinazione, la
scienza delle costruzioni; la tecnica delle costruzioni, che ne studia la sostenibilità; la composizione architettonica e il
rapporto con il luogo, cioè il processo col quale l’architetto crea e studia l’edificio. Proprio a quell’unità armonica tra
decorazione e struttura si vuole riferire il curatore pensando ad un progetto costituito da molteplici interventi che si
succedano in più di un contesto espositivo allorquando lo sguardo dell’artista, esprimibile anche attraverso una postura -
va anche detto che un certo tipo di attitudine attivata dalla mente che osserva lo spazio finisce per caratterizzare la
postura stessa - rileva delle qualità inespresse dell’architettura e quindi le va ad esorbitare attraverso un intervento
artistico.
Plusdesign
Via Ventura 6 - 20134, Milano
Orari: martedì 14-17; mercoledì-sabato 14-19
Mattina su appuntamento