La mostra testimonia come Morandi e Mattioli interpretarono il canone della natura morta come autoritratto spirituale mossi da una comune consapevolezza di appartenere alla sfera del moderno. Il nucleo principale delle 47 opere di Mattioli documenta in particolare la produzione di genere cui l'artista si dedico' negli anni '60, tra cui i cicli dedicati ai ritratti, ai paesaggi e ai nudi. A cura di Simona Tosini Pizzetti.
a cura di Simona Tosini Pizzetti
La ricorrenza del primo centenario della nascita, celebrata nel corso del 2011 con una serie di eventi espositivi che si sono susseguiti in varie città italiane, ha contribuito a restituire la meritata attenzione alla figura di Carlo Mattioli (1911-1994), svelando al pubblico l’opera di un artista visionario e sfuggente ad ogni tentativo di inquadramento in una precisa appartenenza alle avanguardie del suo tempo, autore di una delle più originali esperienze nella storia della pittura italiana del Novecento.
A conclusione di questa rilettura, culminata in un'ampia retrospettiva monografica ospitata nella solenne sede del Braccio di Carlo Magno a Città del Vaticano, il Museo Morandi è lieto di presentare dal 10 febbraio al 6 maggio 2012 la mostra Carlo Mattioli al Museo Morandi, realizzata in collaborazione con l’Archivio Carlo Mattioli per la curatela di Simona Tosini Pizzetti.
Proseguendo nella vocazione ad ospitare mostre temporanee tese ad accostare l’attività di Giorgio Morandi all’opera di altri grandi artisti protagonisti del ‘900, il Museo Morandi accoglie l’incontro tra le opere di due artisti che furono ripetutamente avvicinati per le analogie di un processo immaginativo che trasfigurò il frammento di natura in una visione di pura forma, e di una vicenda esistenziale schiva e appartata, consumata in una solitaria dedizione al lavoro artistico. Anche se la frequentazione fu rada, è certo che Carlo Mattioli guardò con profonda ammirazione all’opera di Morandi. A lui fu dedicata una delle prime esposizioni che Mattioli organizzò a Parma nel breve periodo in cui tenne una galleria, e lo stesso artista bolognese fu il soggetto che ispirò a Mattioli ben cinque ritratti, tutti realizzati molti anni dopo la sua morte.
Il percorso espositivo della mostra configura una nuova occasione di riflessione sul comportamento verso il fare pittura di due maestri del Novecento, approfondendo una suggestiva ipotesi di confronto incentrato sul tema figurativo della natura morta che entrambi gli artisti elessero quale insistito terreno di interrogazione della realtà, superandone il canone restrittivo con approdi poetici ed espressivi fortemente differenziati e perfino antitetici.
Il nucleo principale delle 47 opere di Carlo Mattioli esposte nelle due sale centrali del Museo documenta in particolare la produzione di genere cui l’artista si dedicò negli anni Sessanta, in una delle fasi più intense e forse meno conosciute di tutta la sua carriera.
Mattioli dipinge le prime nature morte negli anni Trenta agli esordi della sua carriera, quando le pratiche del disegno e dell’illustrazione costituiscono ancora il suo principale campo espressivo ma le sue capacità pittoriche rivelano già sicura abilità tecnica e spiccata sensibilità cromatica. Gli esiti rivelano istantanee tangenze con le opere di Morandi, rimandando non solo agli olii, soprattutto i Fiori, ma anche alla grafica del maestro bolognese, per la scelta di oggetti comuni che definiscono attraverso la composizione, la luce e il colore, una dimensione poetica e sospesa.
Dopo i cicli dedicati ai ritratti, ai paesaggi e ai nudi, Mattioli riprende il tema della natura morta verso la metà degli anni Sessanta, con una nuova sensibilità culturale profondamente influenzata da un’amplissima sfera di interessi letterari e poetici e da una tensione verso la ricerca sul linguaggio pittorico che fa dell’oggetto un paradigma ricco di implicazioni espressive ancora inesplorate.
Con un aggiornamento figurativo che stravolge violentemente ogni rappresentazione naturalistica della realtà, Mattioli non guarda agli ultimi capolavori morandiani ma si apre in dialogo verso le nuove sperimentazioni che durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale si erano affermate intersecandosi tra l’America e l’Europa, in particolare l’Espressionismo astratto americano e le sue propaggini evolutive nell’Informale europeo, declinandone le istanze in una personalissima sintesi tra figurazione e astrattismo.
Le nature morte di questi anni sono opere di vibrante forza drammatica, dominate da impasti materici cupi, densi e grumosi, giocati su una breve tastiera di variazioni, a volte su due toni dello stesso colore: il nero, il grigio, l’ocra, solo di tanto in tanto punteggiati da bianchi squarci a stemperare il tormento di una visione esistenziale pessimistica da cui furono accomunati molti artisti di quella stessa temperie storica.
I pochi oggetti raffigurati spesso sono gli stessi con cui Morandi instaurò un dialogo sommesso come specchi dell’anima. Ciotole, barattoli, caraffe appaiono disposti sul piano di un tavolo sghembo, se non del tutto ribaltato, come se emergessero da una lastra compatta appena segnata da un solco o da una lieve variazione cromatica a separare due momenti della rappresentazione: il momento dell’oggetto reale che è sotto gli occhi dell’artista dal momento della sua astrazione sulla tela.
La natura implode nello spessore materico, gli oggetti assumono carattere di forme illusoriamente compiute, i contorni si smarginano fino a perdere di identità, la superficie pittorica trattiene solo tracce disfatte di colore attraverso cui l’artista insegue l'essenza nascosta della realtà.
L’architettura della composizione è sempre strutturata in scomparti, rigorosamente simmetrici, una partitura a campiture orizzontali che conferisce rigide strutturazioni spaziali e varie scansioni cromatiche. Una leggere linea, che muove dalla base degli oggetti, è un’ombra in fuga che suggerisce una profondità prospettica.
Se il formato piccolo e medio delle tele e una puntigliosa iterazione dei paradigmi richiamano alla mente le variazioni apparentemente infinite della contemplazione interiore morandiana, questi esiti poetici e stilistici di Mattioli non potrebbero essere più distanti dalle severe e rarefatte composizioni in cui l’artista bolognese sottrae corpo e consistenza alla materia smaterializzando il colore con un procedimento di diluizione dei pigmenti.
Così la curatrice Simona Tosini Pizzetti sintetizza il diverso approccio tra i due artisti: “Le ombre e i passaggi tonali morandiani giocati spesso col minimo di materia pittorica si contrappongono al diverso operare di Mattioli che reinterpreta la realtà avviluppandola in un magma materico. Un vero e proprio sussulto amorfo della pasta pittorica che stravolge le forme in un tragico assembramento che rinuncia ad ogni razionalizzazione”.
Alle nature morte sono affiancate in mostra anche altre due opere appartenenti a cicli tematici coevi, un Nudo del 1961 e una Finestra di Parma del 1964, caratterizzate dalla stessa impaginazione plastica.
Completano il percorso espositivo due capolavori realizzati negli anni Settanta in cui la ricerca di Mattioli segna un punto di svolta nodale abbandonando le tematiche precedenti legate al nudo e alla natura morta per rivolgersi alla pittura di paesaggio. Nello splendido Autoritratto al chiaro di luna del 1971 Mattioli immerge se stesso galleggiando in un nero spettrale rischiarato da una saturnina luce lunare, mentre Spiaggia del 1972 è un’opera pervasa da un forte senso di solitudine caratterizzata dalla sola rappresentazione di un albero spoglio. Lo stesso albero che, ricorrente nella produzione successiva di Mattioli, finì per divenire, con un’innegabile processo di identificazione, brandello di autobiografia, così come le bottiglie lo furono per Morandi.
La mostra al Museo Morandi testimonia come Morandi e Mattioli interpretarono il canone della natura morta come autoritratto spirituale mossi da una comune, inquieta, consapevolezza di appartenere alla sfera del moderno. Pur confermando la distanza per scelte linguistiche e sensibilità pittorica, la giustapposizione tra i due artisti si rivela proficua nel rivelare risonanze essenziali nel rigore etico del fare arte, nell’esclusività dell’impegno in pittura, nei silenziosi echi interiori di una poetica che cerca nell’eternità dei temi e dei simboli i suoi ancoraggi.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale che contiene la riproduzione di tutte le opere di Carlo Mattioli esposte, con saggi di Simona Tosini Pizzetti e Marco Vallora.
Catalogo Silvana Editoriale
Ufficio stampa - Studio Pesci, tel +39 051269267 (4 linee), fax +39 0512960748, info@studiopesci.it
Ufficio stampa MAMbo tel. +39 051 6496653 - 608, ufficiostampamambo@comune.bologna
Immagine: Carlo Mattioli, Natura morta, 1965, olio su tavola, cm 40 x 25,5, Collezione Privata
Anteprima stampa 10 febbraio ore 11
Inaugurazione 10 febbraio ore 18
Museo Morandi
piazza Maggiore, 6 (Palazzo d'Accursio) Bologna
Orari: martedì-venerdì 11.00-18.00, sabato, domenica e festivi 11.00-20.00, chiuso lunedì non festivi, 1 maggio
Ingresso: intero 6 euro, ridotto 4