Alfonso Artiaco
Napoli
piazza dei Martiri, 58-I
081 4976072 FAX 081 19360164
WEB
Lawrence Weiner / Glen Rubsamen
dal 15/2/2012 al 30/3/2012
lun-sab 10-13.30 e 16-20

Segnalato da

Alfonso Artiaco




 
calendario eventi  :: 




15/2/2012

Lawrence Weiner / Glen Rubsamen

Alfonso Artiaco, Napoli

Per la personale "Just Before" Weiner presenta quattro installazioni a parete site-specific espandendo 'testualmente' la tematica proposta dall'artista stesso all'interno dello spazio espositivo. L'installazione di Rubsamen mostra un "processo attraverso il quale gli elementi romantici nel paesaggio cambieranno significato come cose che scompaiono dalla mischia".


comunicato stampa

Lawrence Weiner
Just Before

Per la quarta personale alla Galleria Artiaco, Lawrence Weiner presenterà quattro installazioni a parete site-specific espandendo ‘testualmente’ la tematica proposta dall’artista stesso all’interno dello spazio esibitivo della Galleria.

Tra i fondatori dell’Arte Concettuale, l’artista newyorkese Lawrence Weiner (Bronx New York, 1942) produce ‘sculture’ a muro fatte di segni linguistici codificabili, ossia usa il linguaggio come mezzo espressivo della sua pratica artistica.

“JUST BEFORE” è il titolo del percorso espositivo che l’artista propone ai fruitori della mostra, un invito a ‘riempire di senso’ i suoi lavori testuali, che in questo caso specifico avvicinano il visitatore ad una riflessione sulle categorie esistenziali spazio e tempo. I suoi ‘statement’ assumono la forma di ‘scultura’ in quanto essenza stessa del suo spirito artistico, Weiner, infatti, si serve delle parole come se fossero dei materiali grezzi da utilizzare nell’esecuzione artistica. E’ piuttosto il rapporto tra opera d’arte e fruitore ad interessare l’artista, infatti è il vuoto riempito da questa relazione a far funzionare questa “macchina complessa e pigra”, come potrebbe definirla Umberto Eco. L’artista citando la famosa frase di Ovidio “Il tempo che tutto divora” (Metamorfosi, XV, 234) e utilizzando altre asserzioni spazio-temporali crea un percorso in cui il visitatore sarà invitato a dotare di senso le sue ‘sculture’ codificabili, attivando un meccanismo di interpretanti atti a stimolare la riflessione su queste categorie esistenziali, senza determinare un limite interpretativo. Ovvero, non veicolando il significato secondo un’univoca direzione di senso.

Per Weiner l’arte non ha bisogno di definizioni, anzi l’assegnazione di un cartellino non farebbe altro che alimentare un’estetica ‘fascista’ in cui si imporrebbe una personale visione sulle possibili interpretazioni di un osservatore. Per questo il suo lavoro richiede un grande impegno da parte del visitatore che grazie a questo invito alla riflessione può espandere la propria conoscenza del mondo. Non a caso è il linguaggio ad essere lo strumento principale di cui Weiner si serve, ripercorrendo ciò che in ambito filosofico Ludwig Wittgenstein aveva anticipato nel suo Tractatus, in cui il logico scriveva: “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo” (§ 5.6). Una conoscenza che da un lato ha un limite dettato dal linguaggio stesso, ma che da un altro punto di vista può essere espansa indefinitivamente.

La sculture dell’artista america non devono essere quindi intese come tatuologie, cioè come preposizioni analitiche che non dicono nulla sul mondo se non quello che logicamente asseriscono, ma come dei concetti che hanno un valore ontologico, che lo spettatore deve ‘dis-ambiguare’ per coglierne il significato approfondendo la propria conoscenza del mondo circostante e di conseguenza di se stesso.

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Glen Rubsamen
Anabiosis

“La morte e la scomparsa delle palme in Italia l’anno scorso ha toccato profondamente nella vera essenza la mia relazione con il paesaggio romano. Un’idea estetica che iniziò forse con Poussin o Claude Lorrain ed è generalmente chiamata neoclassicismo ma evoluta all’inizio del diciannovesimo secolo includendo sia l’idea di nazionalismo che di colonialismo.

A Roma il mio studio è vicino alle piramidi di Sisto e il cimitero protestante così credo di essere ancora ossessionato dal neoromanticismo e il neoclassicismo o con ciò che è ancora esiste di questi concetti e come questi sono si relazionano al presente. Mentre guardo le foto (ce ne sono circa 100 nella serie) inizio a vederle meno tragiche e più ironiche, arrivano a rappresentare la fine di un esperimento botanico mal condotto, una problematica strettamente coloniale che ha tentato di collegare un certo stile di paesaggio con un concetto di dominio immanente. Alberi di palme misti a pini nel paesaggio implicano un diritto geografico di possedere concettualmente l’intero mar Mediterraneo, specialmente le parti africane e quelle dell’est. Mussolini tentò negli anni ‘20 e ’30 di iscrivere sul paesaggio un fittizio carattere ‘Romano’. Nel 1938 la Triennale D’Oltremare a Napoli con le sue quadruple boulevard fiancheggiate da palme delle colonie Libiche è un buon esempio di questa politica. Il Mediterraneismo botanico divenne di moda in Italia molto tempo prima della cultura del turismo l’idea venne codificata insieme al tempo libero e alle spiagge.

Questo Mediterraneismo coloniale negli anni dieci e venti ha avuto un largo raggio di influenza fuori dall’Italia e della Francia, come ad esempio a Los Angeles. Il punteruolo rosso della palma (rhynchophorus ferrugineus) è una sorta di anacronismo, originario dell’Asia si è mosso a ovest durante l’ultimo quarto di secolo, aiutato dalle compagnie aeree dalle spedizioni globali e dai trasporti è arrivato in Italia in maniera più veloce rispetto a quanto sarebbe accaduto100 anni fa, ma sarebbe arrivato probabilmente in ogni caso. L’ironia è che le palme che esso attacca sono per la maggior parte importate come loro stessi, importati dal nord Africa e dall’Asia. L’ironia finale è che ha preso il riscaldamento globale combinato con la globalizzazione per porre fine a questa costruzione essenzialmente stilistica. (Il paesaggio classico). Senza le palme il paesaggio torna a ricoprire standard nord europei, in una più sobria e funzionale estetica, più banale. Gli alberi morti in queste foto rappresentano un tipo di immagine iper-moderna dove la natura assume l’aspetto di una vecchia stagione decorativa che ha bisogno di essere ricambiata quando perde la sua funzione, come le luci di natale a gennaio.

Penso che queste foto ritraggono un tipo di immagine che sarà sempre più comune del futuro. Un’immagine di specie idiosincratiche morte a causa di uno stato arbitrario, ma anche da bizzarri stati di cause naturali combinate con un dopo-effetto (contraccolpo) della storia. Le immagini hanno un aspetto teatrale apocalittico, come un’istantanea della vita dopo la morte. Spero che questa installazione presso la Galleria Artiaco mostrerà un processo attraverso il quale gli elementi romantici nel paesaggio cambieranno significato come cose che scompaiono dalla mischia. Un’ indagine di un evento estetico sottrattivo.” (Glen Rubsamen)

Immagine: Glen Rubsamen

Opening: 16 febbraio ore 19.30 alla presenza dell'artista

Alfonso Artiaco
piazza dei Martiri, 58 - Napoli
Orari: lunedì – sabato 10.00-13.30/16.00-20.00
Ingresso libero

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