Museo di arte moderna e contemporanea - MART
Rovereto (TN)
corso Bettini, 43
0464 438887 FAX 0464 430827
WEB
Due mostre
dal 23/2/2012 al 2/6/2012
mar - dom 10-18, ven 10-21, 8 e 9 aprile aperto 10-18

Segnalato da

Clementina Rizzi




 
calendario eventi  :: 




23/2/2012

Due mostre

Museo di arte moderna e contemporanea - MART, Rovereto (TN)

Alice in Wonderland. L'opera di Lewis Carroll ha affascinato e ispirato molte generazioni di artisti da quando fu pubblicata, 150 anni fa. Questa mostra approfondisce il processo di creazione dei romanzi, l'adozione dei testi come fonte di ispirazione e la revisione di alcuni temi chiave operata da molti artisti fino ai giorni nostri. "Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970 - 1990" e' una rassegna sull'arte, l'architettura e il design di un periodo segnato dai controversi tentativi di definire i nuovi scenari culturali dopo le grandi stagioni delle avanguardie moderne.


comunicato stampa

Alice in Wonderland

a cura di Christoph Benjamin Schulz e Gavin Delahunty, e con l’assistenza di Eleanor Clayton
Mostra organizzata da: Tate Liverpool in collaborazione con il Mart di Rovereto e la Kunsthalle Hamburg
Mostra ideata da: Christoph Benjamin Schulz e Peter Gorschlüter

Al Mart di Rovereto, dal 25 febbraio al 3 giugno 2012, è di scena “Alice in Wonderland” la prima mostra che affronta e analizza in modo completo l’influenza che i celeberrimi racconti di Lewis Carroll hanno avuto sul mondo delle arti visive.
A cura di Christoph Benjamin Schulz e Gavin Delahunty, e con l’assistenza di Eleanor Clayton, la mostra è organizzata dalla Tate di Liverpool in collaborazione con il Mart e la Kunsthalle Hamburg.
I classici di Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson, 1832 – 1898) “Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Attraverso lo specchio” hanno affascinato e ispirato molte generazioni di artisti da quando furono pubblicati, 150 anni fa. Questa mostra approfondisce il processo di creazione dei romanzi, l’adozione dei testi come fonte di ispirazione nel mondo dell’arte, e la revisione di alcuni temi chiave operata da molti artisti fino ai giorni nostri.
Il punto di partenza del percorso espositivo è la prima edizione a stampa di Alice, pubblicata a Londra da MacMillan nel 1865 col titolo “Alice’s Adventures in Wonderland”. In mostra saranno presenti le illustrazioni originali di questa prima edizione, disegnate da Sir John Tenniel, da cui nacque un mondo estetico visivo autosufficiente, in grado di avere vita propria. Ancora oggi, è questa l’iconografia comunemente associata alla storia di Alice. Il ruolo svolto dalle immagini è stato del resto completamente centrale fin dall’inizio, nella genesi dell’opera: in mostra sarà presente anche una riproduzione del manoscritto originale con i disegni autografi di Lewis Carroll, donato dall’autore alla dodicenne Alice Liddell come regalo di Natale nel 1864.
Lewis Carroll era ben integrato nella scena artistica del suo tempo: come fotografo ed esperto d’arte, Carroll si circondava di amici artisti come Dante Gabriel Rossetti, conosciuto grazie alla mediazione dello scultore Alexander Munro, e Sir John Everett Millais. In mostra le opere di Dante Gabriele Rossetti e Millais saranno esposte accanto ai dipinti di William Holman Hunt e Arthur Hughes, di cui Carroll scrisse nei propri diari.
La mostra offre un’opportunità unica di comprendere la vicenda umana e artistica di Carroll, a partire dalla sua vasta e personalissima produzione fotografica. Insegnante di matematica al Christ Church College di Oxford, Carroll si avvicinò alla fotografia da amatore, grazie ad alcune innovazioni tecniche, come il cavalletto, che, a partire dal 1850, poté essere utilizzato anche dai fotografi dilettanti. Nel 1856 Carroll acquistò una macchina fotografica, e nello stesso anno conobbe, Alice Pleasance Liddell, una bambina, figlia di Henry George Liddell, decano del Christ Church. Alice posò a più riprese nelle curiose scenografie appositamente allestite. La prima fotografia di Alice fu scattata il 3 giugno 1856, quando la bambina aveva solo quattro anni, e l’ultima la ritrae all’età di diciotto anni. Carroll espose parte di queste immagini, e lasciò una produzione totale di circa tremila fotografie che è forse una delle più vaste testimonianze fotografiche dell’Inghilterra vittoriana.
Da notare che nei suoi scatti immortalò anche molti amici pittori: nel 1863 tenne una lunghissima sessione fotografica a casa di Rossetti. “Dodgson – scrive Edward Wakeling nel testo in catalogo – era chiaramente nel suo elemento, felice di questa incursione in un mondo artistico solitamente inaccessibile ai non eletti”.
In mostra si potrà vedere anche la strumentazione di Carroll e una serie di documenti provenienti da adattamenti teatrali del tempo.
Un’altra sezione della mostra documenta come le storie di Carroll siano state adottate appunto da molti artisti visivi, che vi trovarono immediatamente una importante fonte di ispirazione tematica per le proprie ricerche.
A partire dal 1930 il gruppo dei surrealisti sentì una forte attrazione per il fantastico mondo in cui erano ambientate queste storie, in cui le leggi di natura erano come sospese.

Ecco allora una serie di dodici illustrazioni di Salvador Dalí, opere di Max Ernst e Dorothea Tanning, ma anche un eccezionale film di René Magritte, intitolato semplicemente “Alice in Wonderland”, del 1957. I Surrealisti inglesi, soprannominati “figli di Alice”, sono rappresentati da opere di Paul Nash, Roland Penrose, Conroy Maddox e F.E. McWilliam.
Tra gli anni Sessanta e Settanta, l’arte concettuale vide in Alice uno strumento per l’esplorazione della relazione tra realtà e percezione, come si vide a più riprese nei contesti della Pop e della Psychedelic Art. Una sezione apposita riunisce opere di Jan Dibbets, Dan Graham, Joseph Kossuth, Yayoi Kusama, Adrian Piper, e Marcel Broodthaers.
Gli artisti hanno continuato a trarre ispirazione dalle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie anche negli anni successivi. Alcuni temi in particolare, restano molto attraenti per la ricerca artistica contemporanea: il viaggio dall’infanzia all’età adulta; i rapporti tra linguaggio, significato e nonsense; le relazioni tra la dimensione dell’osservatore e l’ambiente che lo circonda, tra le diverse prospettive e la tensione tra percezione e realtà.
La sezione finale testimonia come la produzione intorno ai temi legati ad Alice nel Paese delle Meraviglie sia ancora molto vasta. Il canone letterario e visivo inaugurato da Carroll è stato sottoposto nel corso degli anni a una revisione continua, che lo rende sorprendentemente attuale e significativo per la ricerca contemporanea. Lo testimoniano le cinque straordinarie fotografie di Francesca Woodman scattate tra il 1972 e il 1980, il doppio video di Douglas Gordon “Through a Looking Glass” (1999) e quello di Pierre Huyghe “A smile without a cat” (2202), i disegni di Kiki Smith, i collage di Liliana Porter, le fotografie di Anna Gaskell, e lavori più recenti di Joseph Grigely, Torsten Lauschmann, Jimmy Robert e Annelies Štrba.

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Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970 - 1990

a cura di Glenn Adamson e Jane Pavitt

Il Mart presenta Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970 – 1990 dal 25 febbraio al 3 giugno 2012, presso gli spazi del museo a Rovereto, sarà ospitata la mostra curata da Glenn Adamson e Jane Pavitt e organizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra.
Si tratta di un’altra importante collaborazione tra il Mart e il prestigioso museo inglese, dopo la mostra Cold War-La guerra fredda 1945-1970 tenuta nel 2009.

Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970 – 1990 è la prima rassegna completa sull’arte, l’architettura e il design degli anni Settanta e Ottanta, un periodo segnato dai controversi tentativi di definire i nuovi scenari culturali dopo le grandi stagioni delle avanguardie moderne.
Questa esposizione è, per il Mart, la prosecuzione di una ricerca avviata con la mostra Cold War, che fissava il proprio limite temporale agli anni Sessanta.

Il centro tematico della nuova iniziativa espositiva è il concetto di Postmodernismo, sviluppato a partire dai primi anni Settanta nel dibattito architettonico europeo, per giungere poi a influenzare ogni settore della cultura, e in particolare le arti visive, l’industria musicale e cinematografica, la grafica e la moda. Si tratta di un nodo cruciale anche per le vicende culturali del nostro paese, che il Mart approfondisce e rilancia nell’edizione italiana del catalogo, con un testo dell’architetto Paolo Portoghesi.

La mostra prende spunto dall’analisi di una serie di idee radicali sviluppate in forte contrapposizione alle ortodossie del Modernismo: un ribaltamento dei concetti di purezza e semplicità, da sostituire con nuove forme e cromatismi, citazioni storiche, parodie, ma soprattutto con un nuovo senso di libertà associato all’architettura e al design. Tra i modernisti, non era raro che lo stile personale fosse considerato un aspetto secondario rispetto allo sforzo di realizzare un programma utopico. Per i postmoderni, viceversa, lo stile è tutto.

Postmodernismo. Stile e Sovversione 1970 - 1990 riunisce oltre 200 oggetti raccolti nei settori più disparati dell’arte, dell’architettura e del design.

In primo piano c’è il “design sovversivo” di Ettore Sottsass per lo Studio Memphis; la grafica di Peter Saville e Neville Brody; modelli e rendering architettonici come il disegno preparatorio di Philip Johnson per il grattacielo AT&T (1978) ; opere di Robert Rauschenberg, Cindy Sherman e Ai Weiwei; il busto in acciaio inossidabile di Luigi XIV del 1986 di Jeff Koons; la ricostruzione del monumentale lavoro di Jenny Holzer “Protect Me From What I Want” (1983-85); performance e costumi, tra cui il “Big Suit” indossato da David Byrne nel documentario “Stop Making Sense” del 1984; estratti da film come ”The Last of England” di Derek Jarman (1987); video musicali di Laurie Anderson, Grace Jones e i New Order; e anche oggetti soprendenti come i servizi di piatti progettati da architetti come Zaha Hadid, Frank O. Gehry e Arata Isozaki.

La mostra è divisa in tre aree cronologiche, che identificano alcuni degli aspetti chiave del Postmodernismo.

La prima parte è dedicata all’architettura, e mostra come riferimenti culturali “alti” e “bassi” siano mescolati per produrre un nuovo linguaggio critico, ideato per sottolineare le inadeguatezze storiche del Modernismo.
Sono gli anni cui Paolo Portoghesi, con la sua “Via Novissima” presentata alla Biennale di Venezia nel 1980, attua una rivoluzione molto discussa, proponendo la costruzione effimera di facciate architettoniche con le quali si mette in ombra l’assioma modernista del rapporto tra forma e funzione. Venti architetti internazionali progettano così, nel grande corridoio delle Corderie dell’Arsenale veneziano, un’immaginaria strada urbana: la “Via Novissima”, capace di raccogliere molte critiche e altrettanti consensi.
Il linguaggio degli architetti postmoderni esprime anche un rifiuto delle condizioni alienanti del capitalismo avanzato. Ecco allora architetti e designer come Aldo Rossi, e James Stirling, o ancora Ron Arad, Vivienne Westwood e Rei Kawakubo: il loro tratto comune è la tendenza ad assemblare frammenti di contenuti provenienti in gran parte dalle proprie memorie autobiografiche.

La parte successiva della mostra documenta la proliferazione del postmodernismo nel design, nell’arte, nella musica e nella moda durante gli anni Ottanta. Performers come Grace Jones, Leigh Bowery e Klaus Nomi si divertono a giocare con i concetti di genere – in tutti i sensi – creando ibridi e personalità artistiche sovversive.
La sezione offre una ricca selezione di installazioni audiovisive e di fotografie di moda come quelle di Guy Bourdin ed Helmut Newton. Si vedranno anche oggetti di scena usati da Annie Lennox e Devo, i giradischi del pioniere dell’hip-hop Grandmaster Flash, la copertina dell’album dei Kraftwerk “Die Mensch Machine” e i costumi di scena delle coreografie curate da Karole Armitage e Michael Clark.

Infine, l’ultima sezione esamina l’esplosione della cultura iper-consumistica negli anni Ottanta. Il denaro come oggetto affascinante per artisti e designer è testimoniato in mostra dal design di Karl Lagerfeld per Chanel, o dai gioielli ideati per Cleto Munari da Ettore Sottsass, Michele De Lucchi e Marco Zanini.
L’eccesso è il segno distintivo del Postmoderno. Un concetto colto al volo da marchi industriali come Swatch, MTV e Disney, che si affidano a designer di grande talento per trasformare i propri prodotti in chiave postmoderna.

Alla fine degli anni Ottanta, il Postmodernismo era dato per morto, senza che nessuno sapesse indicare cosa l’avrebbe sostituito. La mostra si conclude quindi con una panoramica sull’arte e il design di questo periodo incerto e transitorio, e incoraggia attivamente il pubblico a riflettere su quale possa essere l’eredità del Postmodernismo nel nostro momento attuale.

Catalogo Electa

Responsabile Ufficio Comunicazione Mart
Flavia Fossa Margutti
Ufficio Stampa Mart
Luca Melchionna - Clementina Rizzi press@mart.tn.it Tel 0464454127/124

Ufficio Stampa Electa
Ilaria Maggi Tel 0221563250 imaggi@mondadori.it

Venerdì 24 febbraio 2012
Conferenza Stampa ore 12.00
Inaugurazione ore 18.00
Aperitivo al museo con Campari Soda e musica anni ’80 con dj Volcov dalle 19.00 alle 23.00

MartRovereto
Corso Bettini, 43 38068 Rovereto (TN)
Orari: mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
aperto l'8 e il 9 aprile ore 10-18
Tariffe: Intero 11 Euro
Ridotto: 7 Euro
Gratuito fino ai 14 anni

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