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Irina Landina
dal 15/3/2012 al 29/3/2012
lunedi 15,30-19,30, martedi-giovedi 10-12,30 e 15,30-22, mercoledi e venerdi 10-12,30 e 15,30-19,30
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approfondimenti

Irina Landina
Pino Mantovani



 
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15/3/2012

Irina Landina

MartinArte, Torino

Aforistiche Induzioni. Una nuova grammatica espressiva che richiama sicuramente la tradizione pittorica del secolo scorso, ma la rinnova dall'interno.


comunicato stampa

a cura di martinArte

Irina Landina nasce a Mosca. Si laurea in Biologia e Chimica. Ma intanto, nelle sue frequentazioni incontra artisti e pittori. La pittura la colpisce particolarmente. Vi è qualcosa in lei che la conduce sempre più verso l’arte: i suoi segreti, quella sottile magia! Finchè decide di rompere l’indugio e prova a cimentarsi in prima persona. Nascono le sue prime pennellate, le prime figurazioni. Nel 1995 giunge in Italia, si accosta al mondo degli artisti, continua così a vivere quell’atmosfera ormai familiare, quel quotidiano parlar d’arte, con nuova determinazione si arma di tele e colori. Ora cosa vorrà dire? (o scoprire di se?). Ascolta suggerimenti. E’ attenta a tradizioni e prassi della pittura. Studia con impegno. E qui avverte particolari sintonie con taluni grandi artisti quali: MIRO’, LAM, MATTA, anche MAGRITTE e BRAUNER soprattutto. Infine, però, vuol essere, se stessa. Indaga sentimenti e facoltà visionarie. E allora decide di dare forma,sulla tela, magari ironicamente, alle inquietudini dell’inconscio. Vuol trasgredire, ma anche divertirsi e stupirsi.

Nella fase eroica del romanticismo, l’esponente più alto del cenacolo di Jena, destituendo la grecità dall’olimpo intellettuale e valorizzando i medievalismi istintivi, dettatati dall’impeto e dalle passioni più forti, valorizzava il senso ultimo dell’opera individuale, escludendone così il dato fisico per quello ideale in cui l’arte, allontanandosi dall’intenzionalità razionale penetra nei suoi significati più intimi. Queste concezioni poetiche, che hanno sicuramente influenzato le manifestazioni artistiche dada e surrealiste, introducono, da un profilo conoscitivo, l’artista russa Irina Landina. La sua esperienza artistica desidera esprimere la propria visione immaginifica sui significati intimi della realtà circostante. Ecco, dunque, la superficie della tela tradursi in una modulazione di elementi segnici che stabiliscono la priorità di un linguaggio codificato, strutturato sintatticamente e destinato a confluire nell’elaborazione di una nuova grammatica espressiva che richiama sicuramente la tradizione pittorica del secolo scorso, ma la rinnova dall’interno, risvegliando le sottili trame dell’inconscio collettivo. Partendo proprio da questa espressione junghiana, possiamo citare artisti che hanno determinato la formazione artistica della Landina, come ad esempio, Joan Mirò, per il fatto di immolare sulla tela il proprio universo simbolico ed allucinato, Wifredo Lam, con il proprio repertorio magico, tradotto in figure totemico- bidimensionali, irte di aculei e di infiniti occhi, sino a quell’automatismo assoluto definito dall’estro compositivo di Sebastiàn Matta. Questi modelli bretoniani, determinati sulla centralità dei sogni psichici , costituiscono le fondamenta emotive dell’artista moscovita, laureata in biologia e chimica, ma sempre affascinata dal mondo dell’arte, della ricerca, della sperimentazione. Giunta in Italia ha approfondito la pittura, ha conosciuto e frequentato pittori, intellettuali che l’hanno incoraggiata a continuare in questo fantastico percorso.

Il suo nuovo periodo creativo, è caratterizzato dal ciclo onirico, in cui le suggestioni e le emozioni dettate dalla realtà vengono filtrate in figurazioni deliranti, al limite di labirinti postatomici alla Yves Tanguy, che descrivono mondi possibili, lontani o perduti nella sfera temporale. Questi fantasmi materializzati, questi soggetti organici ridotti all’essenziale, percorrono i mondi sottesi e sommersi della logica, discorrendo con essa attraverso la sovrapposizione delle idee, divenute colori, forme, direzioni. Sono archetipi che simulano le nostre vite, teatralizzando criticamente l’ordinario sino alla pura reinterpretazione. Lo spettatore, dapprima, ne resta escluso, successivamente però, ne comprende la sottile ironia, il sarcastico desiderio di descrivere il mondo,da un altro punto di vista. Allora gli archetipi posti innanzi al baratro dell’infinito, negli universi preesistenti, sommersi dal mare, ritornano in superficie, nell’ordinario, nella quieta indifferenza della normalità. Il gioco delle sovrapposizioni dimensionali, continua nel secondo periodo della Landina, affrontato nel ciclo analitico in cui le esperienze surreali vengono proiettate in avanti, fondendo nell’assemblaggio, frammenti di cose diverse tra loro con un richiamo neodadaista. In questo connubio di alterazioni suggestive, figure o strutture immediatamente riconoscibili, vengono assorbite e connotate nell’impalcatura onirica di partenza, creando visionari mosaici deliranti. Appaiono strutture architettoniche bizantineggianti, risucchiate dall’incombente flusso delle emozioni cromatiche, sino ai contrasti degli elementi, del sacro e del profano, del primitivo e dell’avveniristico. Questo ponte necessario verso la realtà, esplode nell’ultimo periodo, determinato dal ciclo simbolico, in cui, nuovamente torna alla pittura, al senso del colore, alla pregnanza del materiale formale in cui traspone figure della storia, della politica e dell’attualità, reinterpretandole, trasferendole nel suo universo. Ecco apparire Andreotti con le sue spire che ricordano il S.Giovanni Battista leonardesco, Cavour quasi tentacolarizzato od Angela Merkel, immersa nella sua dualità. La surrealizzazione incombente, critica, riscopre e consolida la visione personale dell’artista, ponendola nella concretezza e la riconsolida in potenza. Le tappe creative della Landina, dunque, segnano un processo introspettivo che affonda le proprie radici in un discorso profondamente onirico, poi per mezzo della fase assemblativa giunge alla simbolizzazione dei dati concreti, esteriori, generati dall’attualità e dalla realtà incombente. Questo venire alla luce, tornare a nascere, segnano la sua decisa forza, determinazione e capacità di sperimentare per mezzo dell’arte, ricominciando daccapo, mettendosi in discussione, ma non perdendo mai la propria coerenza. E questa coerenza assume stilisticamente caratteri citazionali, richiami alla metafora secondo un linguaggio puro, innovativo: i suoi processi compositivi dunque, assumono le caratteristiche di aforismi induttivi, ovvero di principi specifici condensati nell’immediatezza del linguaggio pittorico, in cui la sintesi della ragione viene scomposta induttivamente per essere messa in discussione. Le sue opere sono sogni ad occhi aperti, slanci di una fantasia vitale in cui convivono in un solo tempo l’immaginazione, l’irrazionale e la realtà, ma sempre con la determinazione di portarle a sé, dall’universale al particolare.

Piccole Ossessioni

Ci sono almeno tre motivi per procedere con cautela, sperando che, alla fine, resti qualche sparsa considerazione, chissà se pertinente. Il primo è che Irina viene da lontano, da un universo non poco misterioso (affascinante: cosa? La Russia, Mosca,Irina?); Remoto è l’intreccio delle sue esperienze (per esempio, la sua capacità di ricominciare daccapo, una delle caratteristiche strutturali della sua vita Vissuta); e singolare è anche il suo modo di avvicinarsi alle pratiche artistiche, partendo da una formazione scientifica, Laurea in Biologia e Chimica (ma quale il percorso? Certo seminato da incontri, di curiosità,di tappe esistenziali, anzi spirituali) . In fin dei conti, non saranno tutte queste “distanze” a depositarsi nelle sue immagini? Non sarà che le sue immagini portino in evidenza le “stranezze” del suo tergiversare? Che i luoghi descritti evochino i labirinti e i desideri di un vagare incantato? Tracce di un’anima molteplice?

Irina non è semplice: come sia, questo non lo so, ma non semplice. Importa qui che non è ingenuo il suo approccio alla pittura. Anche quando gli strumenti non sono perfettamente controllati,la sua pittura, già gli appunti grafici ( sei tentato di dire quelli specialmente, perché in essi non pesa il condizionamento del “finire”) sono complicati, nascono nella complicazione. D’altra parte – complicazione ulteriore – capisco che non può contentarsi di approssimazioni, che voglia affrontare in pieno la responsabilità di una narrazione / evocazione che non sia ambigua, pur avendo a che fare con “l’imprendibile”, in un certo senso l’indicibile. Infatti non ha scelto di dire, ne pretende di afferrare, ma di indicare si, mostrando come avviene ciò che avviene. Con ingenuità, invece, io le proponevo di separare la scena dai personaggi che vi agiscono, in modo che ciascuna delle parti fosse analizzata separatamente, come se scenografia - per dirla con terminologia teatrale - regia e azione fossero distinte, mentre, tanto più nella finzione pittorica, tutto è integrato e indistinto (non confuso, però), la suggestione essendo identica all’impasto. Infatti vi è protagonista la luce, e il colore che rivela le reazioni di tutto ciò che la luce manifesta. Come a dire che niente esiste, se non proprio li dove e come appare. Sono convinto che Irina proseguirà per la sua strada; semmai perfezionando gli strumenti e selezionando sempre più, quello che serve al suo immaginario.
2005 Pino Mantovani

Inaugurazione 16 marzo ore 18-22

MartinArte
corso Siracusa, 24a - Torino
orari : lunedì 15,30 - 19,30 martedì giovedì 10,00 - 12,30 / 15,30 - 22,00 mercoledì venerdì 10,00 - 12,30 / 15,30 - 19,30
ingresso libero

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