Manuela Vasco - Ufficio Stampa
Haluk Akakce
Ricci Albenda
Massimo Bartolini
Elisabetta Benassi
Tacita Dean
Tom Friedman
Liam Gillick
Arturo Herrera
Evan Holloway
Brian Jungen
Jim Lambie
Daria Martin
Julie Mehretu
Jun Nguyen-Hatsushiba
Jorge Pardo
Paul Pfeiffer
Susan Philipsz
John Pilson
Simon Starling
Sarah Sze
Piotr Uklanski
Gary Webb
Kim Cascone
Richard Chartier
Farmersmanual
Bernhard Gunter
Tetsu Inoue, Massimo
Kaffe Matthews
Carsten Nicolai
Yasunao Tone
Tu m’
Carl Michael von Hausswolff
Arata Isozaki
Anthony Huberman
Hans Ulrich Obrist
Carolyn Christov-Bakargiev
La mostra esplora il coinvolgimento di artisti contemporanei di tutto il mondo con i temi del modernismo e della modernita' e comprende sculture, installazioni, proiezioni, dipinti, disegni, progetti sonori. Vengono presentate le opere – molte delle quali inedite – di piu' di venti artisti internazionali. La collettiva vuole essere un progetto allo stesso tempo classico e sperimentale, statico e in evoluzione. A cura di Carolyn Christov-Bakargiev. La ricostruzione dell'installazione multimediale originariamente creata da Isozaki nel '68 per la XIV Triennale di Milano e subito distrutta nel corso di una storica occupazione dell'edificio. Si tratta di uno dei piu' importanti capitoli di sperimentazione interdisciplinare degli anni '60 nell'ambito di un dialogo che coinvolge arte, architettura, musica con un diretto impegno nei confronti di tematiche quali la guerra e la crisi sociale. A cura di Hans Ulrich Obrist
I Moderni / The Moderns
A cura di Carolyn Christov-Bakargiev
Periodo 16 aprile – 3 agosto 2003
Anteprima per la stampa lunedì 14 aprile 2003 ore 11.30
La collettiva I Moderni / The Moderns esplora il coinvolgimento di artisti contemporanei di tutto il mondo con i temi del modernismo e della modernità . La mostra comprende sculture, installazioni, proiezioni, dipinti, disegni, e progetti sonori. Vengono presentate le opere – molte delle quali inedite – di più di venti artisti, tra i quali: Haluk Akakce, Ricci Albenda, Massimo Bartolini, Elisabetta Benassi, Tacita Dean, Tom Friedman, Liam Gillick, Arturo Herrera, Evan Holloway, Brian Jungen, Jim Lambie, Daria Martin, Julie Mehretu, Jun Nguyen-Hatsushiba, Jorge Pardo, Paul Pfeiffer, Susan Philipsz, John Pilson, Simon Starling, Sarah Sze, Piotr Uklanski e Gary Webb.
“Oggi, in tutto il mondo – afferma Carolyn Christov-Bakargiev - un numero sempre maggiore di artisti fa riferimento al modernismo, oppure utilizza icone della modernità come elementi narrativi o fantastici all’interno delle proprie opere. Il mondo digitale è un mondo internazionalista, come lo era quello dei modernisti; è un mondo che aspira al superamento della dicotomia locale/globale, e nello stesso tempo si espande in territori mai raggiunti dal modernismo. La mente digitale agisce in base a un progetto, stimolando un senso di “operatività â€, una capacità di compiere scelte e agire, di avere un punto di vista e uno sguardo prospettico persino all’interno delle nozioni contemporanee di molteplicità . La Memoria e la Modernità si intrecciano (il “futuro†è un concetto che appartiene al passato), e in certi casi questa idea prende forma nell’uso della storia del cinema come mezzo e soggetto – perché il cinema, dopo la fotografia, è stata la pratica culturale innovativa più importante dell’Età Moderna. In altri casi, gli artisti guardano al formalismo del modernismo “alto†nel campo della pittura e della scultura. Per questi artisti, la forma, il colore, la composizione e la sperimentazione linguistica sono questioni di grande attualità . La scienza inutile o assurda, così come la sua variante fantastica rappresentata dalla fantascienza, è un’altra fonte per molti artisti contemporanei, ed è anche la principale metafora da essi utilizzata.â€
La mostra comprenderà anche una “sound section†selezionata da Anthony Huberman, con opere di Kim Cascone, Richard Chartier, Farmersmanual, Bernhard Günter, Tetsu Inoue, Massimo, Kaffe Matthews, Carsten Nicolai, Yasunao Tone, Tu m’ e Carl Michael von Hausswolff.
L’esposizione avrà luogo nella Manica Lunga del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Questo spazio espositivo lungo 140 metri e largo 6 è stato restaurato e aperto al pubblico nel 1998. Progettata nel Diciassettesimo secolo come pinacoteca, la Manica Lunga rappresenta un’ideale architettura moderna, appositamente creata per la fruizione di opere d’arte autonome.
La collettiva vuole essere un progetto, allo stesso tempo, classico e sperimentale, statico e in evoluzione. Il pubblico vivrà un’esperienza estetica in cui i sensi riceveranno stimoli piacevoli, ma anche sconcertanti e problematici.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo illustrato di 248 pagine, che conterrà un nuovo saggio del curatore, testi di critici d’arte di fama internazionale e un’antologia di testi del primo modernismo scelti dagli artisti.
Tra questi, figureranno brani significativi di Bergson, Kandinsky, Marinetti e Poe.
Arata Isozaki: Electric Labyrinth (Labirinto elettrico)
A cura di Hans Ulrich Obrist
Periodo: 16 aprile - 24 agosto 2003
Anteprima per la stampa lunedì 14 aprile 2003 ore 11.30
Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta Electric Labyrinth, la ricostruzione dell’installazione multimediale originariamente creata da Arata Isozaki nel 1968 per la XIV Triennale di Milano. Subito distrutta nel corso di una storica occupazione dell’edificio della Triennale, l’installazione è stata ricostruita da Isozaki nel 2002 e sarà quindi visibile al pubblico italiano per la prima volta.
Nel 1968, la XIV Triennale di Milano venne inaugurata mentre il clima politico e sociale raggiungeva uno dei suoi momenti più caldi. Durante la conferenza stampa, tenutasi il 30 maggio, centinaia fra artisti, intellettuali, studenti e professori di architettura presero d’assalto la sede della Triennale e la occuparono per dieci giorni. Malgrado guardasse con attenzione il movimento di protesta allora nascente, la mostra, all’interno della quale la sala progettata da Isozaki rappresentava uno dei contributi di maggior spicco, venne completamente distrutta. "Non ho potuto seguire l'inaugurazione – ricorda Isozaki a proposito di quei giorni - a causa dell'occupazione dell'edificio da parte del movimento di protesta guidato dagli studenti e dai giovani artisti. All'epoca, movimenti di quel tipo, diretti contro l'establishment erano in pieno fermento anche in Giappone. Dal momento che simpatizzavo con queste proteste, avevo tentato di rifletterne i sentimenti nella mia opera per la Triennale. Mi era stato messo a disposizione un certo spazio per creare un ambiente, quindi avevo richiesto la collaborazione di alcuni artisti ed amici. Uno di loro era Kōhei Sugiura - uno dei più importanti grafici giapponesi dall'epoca del secondo conflitto mondiale. Un altro era un fotografo, Shōmei Tōmatzu. Inoltre, avevo invitato un compositore, Toshi Itchiyanagi, e gli avevo chiesto di creare una sorta di installazione sonora. La mia idea consisteva nella creazione di dodici grandi pannelli curvi sulla cui superficie in alluminio erano serigrafate diverse immagini. Scelsi stampe ukiyo-e con argomenti quali le storie di fantasmi e alcune tragedie, poi ho chiesto a Tōmatzu di trovare immagini di repertorio sui bombardamenti atomici del Giappone. Quindi, avevo portato con me un filmato e alcune immagini di Hiroshima e Nagasaki. Queste includevano la famosissima immagine dell'ombra permanente creata su una parete dall'esplosione della bomba. Feci serigrafare queste immagini sui pannelli, che ruotavano su se stessi nel momento in cui qualcuno passava attraverso un raggio invisibile ad infrarossi. Il movimento di rotazione portava all'improvvisa apparizione dell'immagine di un fantasma o di un cadavere, il che avrebbe dovuto, nelle mie intenzioni, coinvolgere lo spettatore nel movimento di queste strane immagini. Quasi tutte avevano a che fare con la tragedia della guerra o la crisi della società . Allo stesso tempo, c'erano anche imponenti sezioni di parete, dieci metri di lunghezza per cinque di altezza, su cui avevo creato una specie di collage sulle rovine di Hiroshima e sulla megastruttura che sarebbero poi divenute in seguito. A sua volta, avevo visualizzato questa struttura come una specie di rovina: una struttura in rovina come memoriale delle rovine, che ho intitolato Rovine: la città del futuro. Ero particolarmente interessato a questa visione delle rovine del futuro. Avevo previsto la proiezione di numerose immagini della città del futuro sulle pareti. Al tempo, non potevamo disporre di alcun sistema video, solo di proiettori a diapositive con diciamo tre caricatori da 80 diapositive ciascuno, una quantità notevole per i mezzi tecnici impiegati. Cercavamo di mostrare in che modo la città del futuro avrebbe continuato a cadere in rovina. Questa serie di immagini veniva proiettata sui pannelli in movimento, e il loro movimento era accompagnato dagli effetti sonori creati da Toshi Itchiyanagi. Udire questi suoni avrebbe dovuto indurre una strana sensazione negli spettatori. Ho chiamato l’installazione labirinto elettrico.â€
Ricostruita con il supporto del Castello di Rivoli, dello ZKM|Zentrum für Kunst und Medientechnologie, Karlsruhe, della Fundação Serralves, Porto e su iniziativa curatoriale di Hans Ulrich Obrist, l’installazione Electric Labyrinth, rappresenta uno dei più importanti capitoli di sperimentazione interdisciplinare degli anni '60, nell’ambito di un dialogo che coinvolge arte, architettura, musica e proponendo un diretto impegno nei confronti di tematiche quali la guerra e la crisi sociale. “L'installazione di Isozaki – scrive Hans Ulrich Obrist - propone una negoziazione tra diversi elementi, che creano una visione del mondo che trascende la guerra di immagini e i conflitti tra le discipline e incoraggia gli spettatori a cogliere altre proprietà delle immaginiâ€.
L’installazione è esposta nella sala 18 del secondo piano del Castello.
Le citazioni sono tratte dal testo di Hans Ulrich Obrist in “Iconoclash. Beyond the Image Wars in Science, Religion and Artâ€, a cura di Bruno Latour e Peter Weibel, ZKM|Zentrum für Kunst und Medientechnologie, Karlsruhe / The MIT Press, Cambridge, Massachusetts - Londra, 2002.
Immagine: JORGE PARDO - Le Corbusier Chair, 1990
Per informazioni
Ufficio Stampa Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, tel. +39/011.9565209–211, fax +39/011.9565231