Mare Magnum. "Cadaveri di navicelle senza nocchiero, immobili oltre il tempo, carichi della memoria di un passato che tuttavia sta inchiodato al qui e ora". Personale di pittura a cura di Claudio Composti.
a cura di Claudio Composti
In occasione del Centenario dall'affondamento del Titanic (1912-2012)
Alberto Storari, Ancora
di Emanuele Beluffi
Se si volesse collocare la produzione di Alberto Storari in una temperie culturale
determinata, il riferimento immediato non potrebbe non essere rappresentato dalla koinè
romantica. D’altro canto non gli si farebbe giustizia se lo si interpretasse sic et simpliciter
alla stregua d’un romantico redivivo, fermo restando che l’inattualità è un’opzione
culturale assai feconda, perchè tempus fugit e la scelta controcorrente contiene in sé il
rischio pressante dell’anacronismo. Ma, si sa, la verità è senza tempo e aliena alla
contingenza, anche alla contingenza dell’arte contemporanea. Quindi, una medesima
verità può essere declinata attraverso differenti linguaggi, ciascuno egualmente
all’altezza del proprio tempo. I mostri di ferro spiaggiati e carichi di memoria che Storari
immortala nella loro fissità e sussistenza su scabre superfici damascate rinnovano quei
sentimenti che sono alla base di buona parte della storia del pensiero e dell’arte
occidentali (la cultura orientale declina differentemente i luoghi concettuali fondamentali
dell’essere e del principio di non contraddizione [A e non-A], anche se alla fine ci si
ritrova tutti, sia a est che a ovest, allo stesso punto, basti pensare a quanto la dialettica
hegeliana sia debitrice del Tao), legati allo stupore platonico per ciò che vi è e al sublime
romantico tematizzato da Immanuel Kant in filosofia e Caspar David Friedrich in pittura.
La composizione complessiva in cui si risolvono i relitti di Alberto Storari ricorda molto da
vicino quella stimmung di cui parlava Giorgio De Chirico via Friedrich Nietzsche, che
nella fattispecie denotava l’atmosfericità ravvisabile nell’Enigma dell’oracolo del pictor
optimus e in Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich, dove il soggetto si ergeva
nella sua sussistente immane fissità sul debordare dell’infinito, circonfuso dall’enigma
dell’immensamente grande. Nell’opera di Alberto Storari l’enigma è disvelato nella sua
possente nudità e fisicità: questi relitti sono vite silenti nell’esatta traduzione delle
espressioni inglese e tedesca still life e stilleben, che denotano il nostro concetto di
“natura morta”. Cadaveri di navicelle senza nocchiero, immobili oltre il tempo, carichi
della memoria di un passato che purtuttavia STA, inchiodato al qui e ora: la vita,
schopenhauerianamente intesa come eterno presente, oggettivata nell’adesso immobile
di animali di ferro spiaggiati che conservano in sé le vestigia di un tempo passato, il loro
tempo.
E che, per un rovesciamento di prospettiva, hanno davanti a sé il nostro sguardo
stupefatto, osservatori dell’immensamente grande, viandanti sul mare di nebbia che in
questo caso non stanno “nel” quadro ma al di là di esso. Dinanzi ai quali si ergono questi
giganti, portatori di una storia che è tuttavia il resoconto di molte storie, divagazioni e
suggestioni, recando in sè il valore simbolico di un universo di discorso che, come
nell’epopea di Moby Dick, trascende i limiti della narrazione legata al qui e ora per
lambire i territori della scienza, della filosofia e dell’arte.
Inaugurazione martedì 3 aprile 2012 ore 18
Acquario Civico
V.le G. Gadio, 2 - Milano
Mart.- dom. 9 - 13 / 14 - 17.30
Ingresso libero