Anteprima. Anticipazione per il pubblico di Carrara Marble Weeks di una parte del vasto progetto scultoreo che l'artista terminera' in autunno. Opere spirituali, simboliche e minimali.
La sacralità islamica è servita. A Carrara due settimane di anteprima sulle opere dell’islamica Aida Per 14 giorni a partire da mercoledì 23 maggio si accendono luci dedicate sulla Piazza XXVII Aprile a Carrara, luci soffuse sugli antichi Laboratori Artistici Nicoli, per un ambiente magico e suggestivo. Il clou si avrà il 1 giugno alle ore 21 in un incontro con l’artista organizzato con il Comune di Carrara e la Federazione Italiana Clubs e Centri Unesco. La grande artista islamica Aida ha accettato di mostrare in anteprima per il pubblico di Carrara Marble Weeks una parte del vasto progetto artistico che svelerà al pubblico internazionale solo nell’autunno prossimo. E dalle sculture all’aperto spireranno i venti bollenti delle regioni lontane del Caucaso. Un tempo si adorava il fuoco sacro e Zoroastro, dove poi s’affermò l’Islam con il suo culto e la sua morale. Cuore del Centro-Asia, oggi l’Azerbaidjan è sempre più nel mirino dei media e dei telegiornali internazionali per l’instabilità politica e per i forti interessi economici, ma in fondo resta un paese remoto e segreto. Ed Aida porta le origini azare come un marchio a fuoco. Del resto Baku galleggia su un mare di petrolio e gas, ed ebbe un ruolo chiave negli approvvigionamenti energetici della Russia. L’Azerbaijan era stato assorbito e incamerato dall’Urss che vi aveva subito impiantato numerose industrie estrattive, facendone oggi un paese ricchissimo. Ma il blocco sovietico e il suo schietto materialismo tenevano sotto coperchio l’antichissimo sostrato culturale della millenaria civiltà islamica. E quindi la calma liturgia di queste opere profondamente spirituali ed ispirate da una fede vera, benché critica e non di rado irriverente, sono ieratiche, preziose e minimali, fortemente simboliche. Sono più che eloquenti il burka, il Corano, il rosario, la preghiera, ma anche il minareto o la forma esoterica di Kaaba, con le sue letture devianti.
La più bruciante attualità del XXI secolo non è nelle ideologie della guerra fredda, ma la recrudescenza del conflitto religioso in un mondo che fino al secolo scorso sembrava interamente secolarizzato. E quindi la rivendicazione di diritti alle minoranze, incluse le differenze di genere, resta la lente di ingrandimento su quelle culture che non intendono cedere ad un’integrazione forzosa, né perdersi nel qualunquismo di uno stile internazionale buono a tutti gli usi e privo di una vera identità. Dopo avere conosciuto la scrivente, Aida, proveniente dai terreni più sicuri della performance, della video-istallazione e della fotografia, ha deciso di incarnarsi in una realtà più solida. Il suo omaggio al Minareto dimostra che in fondo in tutta l’architettura islamica si possono rinvenire echi morfologici del corpo maschile: e quindi il minareto E’ l’incarnazione di un’ideologia patriarcale. Esperienza per noi straniante, giunge inatteso alle orecchie e dà i brividi al tramonto, l’annuncio della preghiera. Il canto del muezzin riecheggia e si perde fra le dune del deserto.
Ma il trascendente irrompe anche nella vita delle odierne metropoli. Da un minareto all’altro dilaga la cantilena e si fa strada nei gorghi e fra i clacson delle automobili. Sul corpo della donna, il velo nasconde l’individuo, oblitera la persona, rende più facile calarsi nella lettura del libro sacro, nella litania scandita dalle perle del rosario, attraverso una gestualità lenta e paziente. Adepte ai misteri, le donne velate e senza nome trattengono oggetti preziosi dagli usi e dai significati imponderabili, strani oggetti di origine divina, che alludono ad una sensualità solo insinuata per simboli chiusi e mai traboccante, ma parte di un rituale e mai confusa con i semplici cedimenti della carne nella banalità e nello squallore di un consumo rapido e incurante. Forza dei simboli, la donna islamica è cucita dentro un’armatura granitica ed inviolabile: il velo avvalora il segreto, il riserbo e l’intimità di quanto è sottratto alla vista, e NON per tutti. Ecco il senso del sacro. Questo è il sacrificio della donna negata e protetta, venerata e consacrata, investita da vincoli sociali e significati simbolici e culturali millenari. Secondo Aida, quel misterioso oggetto di culto appeso sulla Pietra Nera, Kaaba, è ricordo di un sapere iniziatico che si è perso nei secoli, per cui alle origini il culto islamico era di chiara matrice matriarcale. Non è affatto un metorite quello che i pellegrini baciano e accarezzano nei giri di rito, quello che venerano trascinati in una trance ipnotica favorita da lunghi digiuni, veglie in preghiera e canti nel vortice della folla: è un sesso femminile, traccia obliterata nei suoi sensi originari per la crociata di una femminilità inviolabile.… dal fondo di Kaaba sgorga una linguaccia nera lucidissima, una forte icona pop mutuata dai Rolling Stones. Vero centro del culto, Kaaba prelude allo sguardo penetrante e fiero delle donne oggi più avanzate e colte, donne eretiche, moderne e seguaci convinte del Corano.
Francesca Alix Nicòli
Inaugurazione 23 maggio ore 18
Studi Nicoli
Piazza 27 Aprile, 8/E - Carrara (MS)
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