Francesca De Santis
Francesco Catalano
Giovanni Musci
Francesco Pinto
Francesca Passarelli
Maria Pansini
Vito Marzano
Antonio Fantetti
Maria Pansini
Fotografare il centro storico di Bari e' un viaggio in un quartiere denso di elementi, codici e segni da decodificare.
a cura di Maria Pansini
“È l’umore di chi guarda che dà alla città di Zemrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso
librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su: davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci
cammini col mento sul petto, con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi s’impiglieranno raso
terra, nei rigagnoli, i tombini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto della
città sia più vero dell’altro (...)”
Italo Calvino, Le città e gli occhi. “Le città invisibili”
Fotografare il centro storico di Bari è un viaggio in un quartiere denso di elementi, codici e segni da
decodificare. Non è affatto facile cogliere il genius loci della vecchia Bari, gli stereotipi si
affacciano tutt’intorno e la tentazione è quella di ricalcare dei cliché già visti in tutto il panorama
della “mediterraneità”.
Non cediamo dunque alla tentazione di raccontarvi la baresità, che forse non esiste, ma invertiamo
la prospettiva e inventiamo un nostro percorso: i “Racconti della città vecchia” sono visioni di otto
fotografi che a Bari vecchia si ispirano e che in essa si perdono. Otto diverse traversate, otto umori
di chi guarda la città e ad essa dà una forma. Francesca De Santis ha materializzato il suo punto di vista in un passante curioso e colorato, un omaggio alla curiosità di chi scopre questo dedalo peninsulare di viuzze labirintiche e si ferma ad
osservare.
Francesco Catalano, tra le sue incessanti peregrinazioni, cammina e incontra le facce, la gestualità,
il bianco e nero delle cose. L’anima del reporter indugia sul quotidiano che non fa notizia, ma
riempie di vita le fotografie.
Giovanni Musci si accorge di un culto profano, la squadra di calcio che rende Bari femminile e così
“la Bari”, come una giovane innamorata alla quale fare omaggio, viene celebrata sui muri della città
vecchia con scritte e galletti.
Francesco Pinto invece le scritte sui muri le legge come un urlo, una violenza, la dissacrazione
dell’abitato deturpato dai segni dell’inciviltà. “Sim can...” cioè siamo bestie, quando non
rispettiamo l’ambiente. Francesca Passarelli alla vecchia città dà forma di arco, tipica architettura dei centri storici
mediterranei. Le sue geometrie mostrano un arcobaleno fatto di sfumature di grigio e lunghi
pomeriggi assolati.
Nelle fotografie di Maria Pansini il tempo cambia, la luce piove negli androni, i vecchi cortili sono
stanze che registrano presenze intermittenti, oggetti e persone di passaggio, realtà provvisorie che la
fotografia intercetta e restituisce. I racconti di Vito Marzano e Antonio Fantetti respirano il sacro.
Antonio Fantetti lo vive nell’oscurità della basilica, lo capta con discrezione tra le luci soffuse delle
candele e sugli inginocchiatoi; la devozione è quella del rito ortodosso, ma nelle sue immagini la
preghiera appare un fatto universale e allo stesso tempo intimo.
Vito Marzano infine osserva ironicamente la commistione di sacro e profano e i fotomontaggi
naturali che il paesaggio urbano racconta al suo occhio attento. Fa sorridere ma pirandellianamente,
subito dopo l’avvertimento del contrario, lo sguardo ne indaga anche il sentimento.
È il Museo della fotografia del Politecnico di Bari che raccoglie questi frammenti di narrazione
visiva e ce li mostra nel luogo stesso nel quale si sono generati; la mostra si inaugura l’8 giugno a
Bari, presso la galleria “Spazio Giovani” di Via Venezia, ovvero sulla muraglia di Bari vecchia.
Inaugurazione 8 giugno
Galleria “Spazio Giovani”
Via Venezia, 41 Bari
Ingresso libero