Parole viste Parole dette. Espressioni e identita' si moltiplicano e sconfinano in una logica antieconomica che sfida la richiesta mercantile di riconoscibilita'.
Nel lavoro di Pontepolo, espressioni e identità si moltiplicano e sconfinano in una logica antieconomica che sfida la richiesta mercantile di riconoscibilità. I confini identitari sono persi nella fluidità del contemporaneo. I loro video sono degli autoritratti senza le immagini di sé.
Qualcosa di impersonale e meccanico si manifesta nel loro lavoro, una volontà di “non scelta” degli accadimenti. In Spasiba (primo autoritratto), un dito schiaccia il pulsante di un ascensore. L’ascensore obbedisce al comando. Apre le porte automatiche. Rimane vuoto. Lettera dopo lettera compaiono parole che sembrano scritte con i tasti di una vecchia macchina da scrivere “…spasiba dadada spasiba tirekite ta…fermento di succo d’ascella pendolare…tutto accade e non poteva che cadere”. Schizzi di presente, frasi che riecheggiano difettose, parole in libertà che si contraggono e si uniscono in incroci nodosi, scivolano dentro alla macchina ascensionale. Le parole non narrano, accadono, scendono come pioggia leggera o pioggia di piombo o pioggia ilare. Imperterrite si uniscono all’immagine, la ignorano o la completano. Ogni sequenza narrativa è sospesa e spezzata.
Il lavoro di Andreina Polo e di Max Ponte è come quello di una telecamera di sorveglianza, quelle telecamere che ci spiano nelle stazioni, nei metrò, nei negozi, al semaforo. E’ fissa, guarda la realtà senza giudicarla, associando pensieri astrusi (ma non troppo). Pontepolo osserva ogni singolo gesto, il più insignificante risvolto della giornata, per prenderne consapevolezza.
Alla domanda di Pierre Cabanne a Marcel Duchamp, se sentisse la necessità di avere una cultura artistica, dato che la negava, l’artista rispose: “Dunque, se lei preferisce, la mia arte sarebbe quella di vivere; ogni secondo, ogni respiro è un’opera che non è iscritta da nessuna parte, e che non è visiva né cerebrale. E’ una specie di euforia costante”.
Wagon_lits è l’altro autoritratto. Niente di più normale che guardare fisso un regionale sporco e malconcio alla stazione. Le porte si aprono, accolgono i viaggiatori che inconsapevoli entrano nel campo visivo. Un frammento del loro spazio/tempo è catturato. L’immagine si stinge e diventa seppia- “colorazione seppia?”, per un attimo. “Mi devi fare un fax per la liberatoria”. I loro video sono un ritratto sociale, fotogrammi di un’apocalisse ancora piena di normalità, come frammenti dei racconti di tragica quotidianità scritti da Raymond Carver.
Il mio autoritratto è tutto ciò che sta intorno a me.
Inaugurazione 29 giugno ore 22
Magazzino sul Po
via Murazzi sul Po (lato sinistro) - Torino
Ingresso libero